Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16890 del 11/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/08/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 11/08/2020), n.16890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7807-2013 proposto da:

ORTOLAN SPA IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente

domiciliata in ROMA PIAZZA ADRIANA 5 SC. A/13, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO MASIANI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RICCARDO VIANELTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona de Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 103/2012 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 26/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La Ortolan s.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 103/07/2012, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia-Giulia il 26.07.2012, con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado, era rigettato il ricorso introduttivo avverso l’avviso di accertamento che recuperava ad imponibile, ai fini Ires e Irap per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, le somme eccedenti quelle utilizzabili in compensazione ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 34, oltre interessi e irrogazione di sanzioni.

Il contenzioso traeva origine dalla contestazione dell’utilizzo da parte della società di crediti vantati nei confronti dell’Erario, ma in misura eccedente il limite imposto dall’art. 34 cit. (516.456,90). Dopo la notifica dell’avviso di accertamento la contribuente, avvedendosi dell’errore, aveva provveduto all’emenda. L’Agenzia aveva annullato i recuperi d’imposta, confermando tuttavia con nuovo provvedimento la richiesta degli interessi e delle sanzioni.

La adita Commissione Tributaria Provinciale di Trieste aveva accolto il ricorso della contribuente con sentenza n. 49/01/2011. La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia-Giulia, con la, pronuncia ora al vaglio della Corte, aveva accolto l’appello dell’Ufficio.

La società censura la sentenza con tre motivi:

con il primo per insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quanto alla applicabilità del ravvedimento operoso al caso di specie;

con il secondo per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, della L. n. 212 del 2000, art. 10, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo alla carenza dei presupposti per l’irrogazione delle sanzioni;

con il terzo per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, del D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver dichiarato d’ufficio l’inapplicabilità delle sanzioni comminate.

Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza con ogni conseguente statuizione. L’Agenzia si è costituità, contestando le ragioni del ricorso, del quale ne ha chiesto il rigetto.

Nelle more del giudizio la contribuente ha depositato memoria con la quale ha dichiarato di aver presentato dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, prevista dal D.L. n. 193 del 2016, art. 6, in riferimento alla cartella afferente l’iscrizione a ruolo degli importi risultanti dall’avviso di accertamento.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Avendo la contribuente aderito alla definizione agevolata ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, conv. con modificazioni in L. n. 225 del 2016, attestando peraltro ed allegando la documentazione comprovante il pagamento degli importi liquidati dall’agente della riscossione in relazione alla adesione alla disciplina sul condono, con tale condotta ha manifestato il venir meno dell’interesse alla lite.

Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso, per la sopravvenuta carenza di interesse della contribuente alla prosecuzione della controversia in atto.

All’esito del giudizio vanno compensate le spese del giudizio di legittimità, tenuto anche conto del precedente provvedimento emesso dalla Amministrazione in autotutela.

Non deve neppure disporsi il raddoppio del contributo unificato, atteso che in materia di impugnazioni la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosà di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (cfr. Cass., 25485/2018).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2020

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