Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16890 del 02/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/08/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 02/08/2011), n.16890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’Avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.S.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 533/2008 della Corte d’appello di Cagliari,

Sezione distaccata di Sassari, pronunziata in causa n. 60/08 r.g.

lav., depositata in data 18.12.2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 25.05.2011 dal Consigliere Dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa

CESQUI Elisabetta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- P.S.N. chiedeva al giudice del lavoro di Sassari che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ad un contratto di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a.. Accolta la domanda, conseguiva la declaratoria dell’instaurazione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la condanna del datore al risarcimento del danno.

2.- Proposto appello da Poste Italiane, la Corte d’appello di Cagliari, Sezione di Sassari, con sentenza pubblicata il 18.12.08, rigettava l’impugnazione.

Considerato che il contratto era stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione dell’azienda, rilevava che le assunzioni per tale causale erano ammesse fino al 30.4.98 – data fissata dalle parti collettive con accordo integrativo 16.1.98 – di modo che per quella in questione, relativa al periodo 27.10.00-15.1.01, il termine era illegittimamente apposto.

3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane propone ricorso per cassazione.

Non svolgeva attività difensiva P.S..

Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

4.- I motivi dedotti da Poste Italiane s.p.a. possono essere così sintetizzati:

4.1.- violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 degli artt. 1362 e segg. c.c. e art. 8 del c.cn.l. 26.11.94, nonchè degli accordi 25.9.97, 16.1.98 e 27.4.98, carenza di motivazione, contestandosi l’interpretazione data alla contrattazione collettiva dal giudice di merito, evidenziandosi la contraddittorietà della sentenza impugnata quando afferma che l’accordo 25.9.97, pur derogando alla disciplina generale del contratto a termine, sarebbe soggetta ad un limite temporale di efficacia;

4.2.- carenza di motivazione in ordine alla fonte di individuazione della volontà delle parti collettive di fissare al 30.4.98 il termine finale di efficacia dell’accordo integrativo 25.9.97, per carenza del ragionamento logico e del percorso argomentativo seguito dal giudice;

4.3.- violazione delle normativa in materia di risarcimento del danno, non avendo controparte costituito in mora il datore, dato che l’attore ha diritto a titolo risarcitorio alle retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio; erroneamente, inoltre, il giudice di merito non ha considerato l’eventualità che controparte possa avere svolto altre attività lavorative tanto da consentire la deduzione dell’aliunde perceptum da quanto spettante a titolo di risarcimento.

5.- Sono infondati i primi due motivi (v. sub 4.1 e 4.2), da trattare in unico contesto per l’evidente collegamento tra di loro esistente.

La L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva l’individuazione di nuove ipotesi di apposizione del termine al rapporto di lavoro, configura una delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).

Con tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo del 25.9.97, tanto che la giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento agli accordi attuatiti sottoscritti lo stesso 25.9.97 e il 16.1.98, ha ritenuto che con essi le parti abbiano voluto riconoscere la sussistenza – dapprima fino al 31.1.98 e poi (in base al secondo accordo) fino al 30.4.98 – della situazione di fatto integrante le esigente eccezionali menzionate da detto accordo integrativo. Dato che per far fronte a tali esigenze l’impresa poteva procedere ad assunzione di personale con contratto a tempo determinato fino al 30.4.98, i contratti a termine successivamente stipulati mancano di presupposto normativo.

In altre parole, le parti collettive avevano raggiunto un’intesa priva di limite temporale ed avevano poi stipulato accordi attuativi che tale limite avevano posto, fissandolo inizialmente al 31.1.98 e successivamente al 30.4.98, per cui l’indicazione di quella causale nel contratto a termine avrebbe legittimato l’assunzione solo ove il contratto fosse scaduto in data non successiva al 30.4.98 (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378). Conseguentemente i contratti scaduti (o comunque stipulati) al di fuori di tale limite temporale sono illegittimi in quanto non rientranti nel complesso legislativo- negoziale costituito dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e dalla successiva legislazione collettiva, che consente la deroga alla L. n. 230 del 1962.

La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volontà delle parti, l’irrilevanza dell’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto all’accertamento della nullità si era già perfezionato. Quando anche con quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (ormai scaduto in forza degli accordi attuativi), in ogni caso sarebbe stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto dei lavoratori, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, mediante lo strumento dell’interpretazione autentica, di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi perchè adottati in violazione della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

6.- Essendo stato il contratto a termine di P.S., oggetto della pronunzia impugnata, stipulato per il periodo 27.10.00- 15.01.01, il motivo è infondato.

7.- Quanto al terzo motivo, sono inammissibili entrambi i profili di censura.

Il profilo inerente la costituzione in mora del creditore è oggetto di accertamento di fatto del giudice di merito che ha ritenuto che la richiesta di esperimento del tentativo di conciliazione obbligatorio costituisse valida offerta della prestazione, rifiutata dal datore.

Il profilo ulteriore concernente la quantificazione del danno risulta già preso in considerazione dal giudice di merito nei termini dedotti dalla ricorrente, atteso che la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado anche in punto di risarcimento del danno, per il quale la quantificazione era stata effettuata “previa detrazione dell’aliunde perceptum. In ragione della genericità della statuizione sul punto, la quantificazione della somma relativa dovrà essere determinata in sede di esecuzione; al riguardo, tuttavia, non vengono mosse censure.

8.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Nulla deve statuirsi per le spese del giudizio di legittimità, non avendo il P.S. svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla disponendo per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2011

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