Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16887 del 11/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/08/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 11/08/2020), n.16887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1874-2013 proposto da:

ARCOPROFIL SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI

134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA CARINCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 54/2012 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 29/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. CATELLO PANDOLFI.

 

Fatto

RILEVATO

La società Arcoprofil srl ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR del Veneto sezione di Mestre n. 54/30/12 depositata il 29/05/2012.

La vicenda trae origine dall’accertamento di funzionari dell’Agenzia delle Entrate presso la sede della società per verificare la dichiarazione relativa agli anni 2005 e 2006. Nel corso di tale accertamento venne esaminata anche la fruibilità dell’agevolazione ai sensi della L. n. 383 del 2001, art. 4, (c.d. legge Tremonti bis) per l’anno 2002.

La ricorrente aveva beneficiato della definizione automatica per gli anni pregressi, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, indicando nel modello UNICO 2003 l’agevolazione da condono nella misura di Euro 1.985.116,00.

L’Ufficio, in esito alla verifica, accertava che la perdita fiscale dichiarata per l’anno 2002, pari ad Euro 1.577.726,00 non poteva trovare fondamento, almeno nella misura dichiarata, nella legge in questione, ma nella minore misura di Euro 577.726,00, non anche nella parte restante di Euro 1.000.000,00.

Provvedeva pertanto a “rettificare”, sia per l’esercizio 2005 che per quello 2006, la perdita riportata dal 2002. Tali rettifiche venivano notificate con due avvisi di accertamento, che la società opponeva alla CTP di Vicenza.

Sia la CTP che la CTR del Veneto respingevano, rispettivamente, il primo ricorso e il successivo appello.

La società ha impugnato la sentenza del giudice regionale per quattro motivi.

Con il primo lamenta violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 commi 9 e 10, sul presupposto che con la fruizione dell’agevolazione all’Amministrazione era precluso ogni accertamento tributario fatti salve le procedure di liquidazione e controllo formale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 36 ter.

Con il secondo lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 7 e 15, sul presupposto che le somme non ritenute riconducibili al condono fruito per l’ano 2002, per poter essere riportate in esercizi successivi avrebbero dovuto essere affrancate con il versamento dell’imposta sostitutiva del 10%. La CTR, sostiene la ricorrente, aveva errato nel ritenere che, non essendo avvenuta l’affrancazione, il riporto negli esercizi 2005 e 2006 era precluso. L’affrancazione infatti non era dovuta per le perdite derivanti dall’applicazione, le quali erano escluse dalla preclusione al riporto in esercizi successivi.

Con il terzo motivo lamenta violazione del TUIR, art. 7, e dell’art. 2909 c.c., per aver la CTR deciso in favore dell’ufficio una questione, relativa ad anni d’imposta diversi, uniformandosi ad altra precedente identica, tra le spesse parti, ritenendosi vincolata dalla prima benchè su di essa non si fosse ancora formato il giudicato.

Con il quarto motivo lamentava violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 2, e art. 97 Cost., comma 1, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, e dei principi di legalità e certezza dei diritti, sul presupposto che gli accertamenti alla ricorrente erano stati notificati nel 2009, aventi ad oggetto dichiarazioni per gli anni 2005 e 2006, ma contenenti rettifiche relative a perdite riportate in esercizi successivi dalla dichiarazione relativa al 2002 (modello Unico 2003). Pertanto, nella specie, l’attività accertativa iniziata in merito alle dichiarazioni per gli anni 2005 e 2006, aveva avuto riflessi su perdite riguardanti il 2002 e quindi oltre il termine decadenziale previsto dal succitato art. 43.

Ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

La società ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Il primo e il secondo motivo sono fondati.

Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la decisione del giudice regionale secondo cui, pur essendo definitiva la liquidazione delle imposte derivanti dalle dichiarazioni fiscali relative a periodi oggetto di condono, sarebbe comunque consentito all’Ufficio, a mente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36, verificare se nella dichiarazione di condono siano stati riportati in modo corretto i valori risultanti dalla dichiarazione dei redditi.

La società ha contestato tale decisione sul presupposto che, ove il contribuente abbia fruito dell’agevolazione ex lege Tremonti bis, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 9 e 10, è preclusa all’Agenzia delle Entrate la rettifica delle agevolazioni mediante accertamento in senso stretto, fatte salve le procedure di liquidazione e controllo formale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 36 ter.

Ora, l’Agenzia delle Entrate ha posto in essere un’ attività accertativa, in relazione agli anni 2005 e 2006, dalla quale, ha tratto motivi di rettifica riguardanti la quantificazione della perdita risultante dalla dichiarazione modello Unico 2003 indicata in Euro 1.577.726,00 relativa all’anno d’imposta 2002, oggetto del condono c.d. tombale, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9.

Quanto dichiarato in adesione al condono aveva dato luogo alla definizione automatica della dichiarazione modello Unico 2003 per l’anno 2002. Nondimeno, malgrado il carattere definitivo della dichiarazione presentata dalla società per l’anno 2002, l’Ufficio, in occasione degli accertamenti presso la società medesima, relativi agli anni 2005 e 2006, ha rettificato l’ammontare dell’agevolazione e conseguentemente della perdita fiscale proveniente dal condono indicata nella dichiarazione 2003. In tal modo rimettendo in discussione quanto definito ex lege.

In particolare, riducendo le perdite di 1.577.726,00, correlate alla suddetta dichiarazione, ad Euro 577.726,00 e considerando l’importo restante non (più) riconducibili all’agevolazione.

La CTR, nel respingere il primo motivo di ricorso, ha ritenuto che tale attività accertativa traesse la sua piena legittimità dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, richiamato dalla citata fonte, art. 9, comma 9.

La valutazione in tal senso del giudice regionale appare frutto di errata interpretazione del citato articolo.

Infatti, l’art. 9, comma 9, dispone che la definizione automatica, limitatamente a ciascuna annualità, rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione originaria salva la possibilità di procedere le procedure di liquidazione e controllo formale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 36 ter.

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte rimarcato (ex multis Cass. n. 17239/2017) la differenza tra l’attività di liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni, tradizionalmente consentita pur in presenza di norme condonistiche, e l’attività accertatrice vera e propria, la quale, peraltro, è espressamente esclusa dall’art. 36 ter, comma 2.

In particolare, l’art. 36 bis, si riferisce ad attività di carattere strettamente liquidatorio e cioè ad attività di riscontro cartolare infratestuale basato sui dati direttamente desumibili dalla dichiarazione ed interni ad essa; mentre l’art. 36 ter, come precisato dalla sentenza di questa Corte n. 17631/2014, “pur non avendo carattere strettamente liquidatorio, non è tuttavia di natura accertativa in senso proprio, consistendo, pur esso, nell’esame testuale dei dati della dichiarazione, raffrontati con documentazione anche esterna a questa senza profili di tipo valutativo o interpretativo”.

L’attività condotta dall’ufficio, nella specie, come si rileva dall’esame degli avvisi di accertamento agli atti, non si è concretizzata in un riscontro infratestuale dei dati della dichiarazione, ma, più ampiamente, in un raffronto tra la dichiarazione relativa al 2002 e la nota integrativa al bilancio per l’esercizio 2002, presente nel libro inventari. Da tale esame gli operanti hanno rilevato un importo dell’agevolazione, ricollegabile alla legge Tremonti bis, inferiore di Euro 1.000.000,00, a quello dichiarato, con conseguente diminuzione di pari importo, delle perdite fiscali riconducibili al condono. Ne deriva che l’attività accertativa in senso stretto posta in essere non rientra nel novero delle procedure non precluse all’ufficio. Attività per effetto della quale, pur prendendo avvio indiretto dall’accertamento relativo alle dichiarazioni per gli anni 2005 e 2006, ha in sostanza rettificato, di riflesso, anni dopo il perfezionarsi della procedura condonistica di definizione automatica, quanto dichiarato dal contribuente, in ordine alle perdite fiscali relative al 2002, indicate come derivanti dal condono. Perdite, parte delle quali erano state riportate in esercizi successivi quali, appunto, gli anni 2005 e 2006.

In tal modo l’Ufficio, con attività non riconducibile nè alla procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, nè a quella di cui all’art. 36 ter, (le uniche consentite), ha infranto il principio, affermato dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, della intangibile definizione automatica della liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione.

Va poi sottolineato, con riferimento al secondo motivo, che la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 7, come modificato dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 bis, comma 1, convertito in L. n. 27 del 2003, stabilisce che “Ai fini della definizione automatica è esclusa la rilevanza a qualsiasi effetto delle eventuali perdite risultanti dalle dichiarazioni originarie, fatta eccezione di quelle determinate dall’applicazione delle disposizioni di cui alla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 4. Il riporto a nuovo delle predette perdite è consentito con il versamento di una somma pari al 10 per cento delle perdite stesse…”.

La disposizione in oggetto fissa la regola generale della irrilevanza delle perdite e del divieto di riporto, salvo che il contribuente provveda al versamento delle somme ivi previste, proporzionali alla perdita riportata; tuttavia si stabilisce che, a tale regola, si fa eccezione per le perdite determinate dalla applicazione della L. n. 383 del 2001, art. 4, (c.d. Tremonti bis). Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, la norma in oggetto deve interpretarsi nel senso che, in tema di “condono tombale”, il perfezionamento della procedura di definizione automatica di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, preclude ogni accertamento tributario che riguardi l’agevolazione disciplinata dalla L. n. 383 del 2001, art. 4, (“Tremonti bis”), perchè quest’ultima, consentendo di escludere dall’imposizione alcune voci di reddito, incide sulla determinazione della base imponibile, alla stregua delle deduzioni, e rientra nell’ambito di applicazione del menzionato condono, che, come pure si evince dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, ha l’effetto di rendere definitivo l’imponibile, sulla cui base viene poi calcolata l’imposta lorda. (Sez. 5 – Sentenza n. 32257 del 13/12/2018).

In altri termini, l’Amministrazione non avrebbe potuto contestare, le quote delle perdite collegate all’agevolazione e incluse nella dichiarazione per l’anno 2002, riportate negli anni 2005/2006, (ri)mettendo in discussione quanto definito con il c.d. condono tombale, sol perchè l’accertamento aveva come oggetto diretto le dichiarazioni relative ai suindicati periodi successivi.

Nè rileva, per trarne argomento in senso contrario, che la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, faccia riferimento, come campo di applicazione, “alla definizione automatica limitatamente a ciascuna annualità”, per cui il beneficio non sarebbe applicabile nel caso di riporto ad esercizi successivi delle perdite derivanti dalle agevolazioni previste dal condono. Infatti, la locuzione “a ciascuna annualità” si riferisce alla circostanza che la “definizione automatica” ha ad oggetto le risultanze delle dichiarazioni che sono, appunto, annuali. Non intende, invece, affermare che la preclusione per l’Ufficio, ad ulteriore attività accertativa in senso stretto, non riguardi (anche) le perdite, definite come derivanti dal condono, riportate ad esercizi successivi. (come chiarito dalla già citata Sentenza n. 32257/2018).

Il Collegio, ritiene anche di ribadire quanto pure affermato dalla pronuncia testè citata secondo cui: “se è divenuta incontestabile la determinazione dell’imponibile, come riportata nella dichiarazione sulla base della quale è stato perfezionato il cd condono tombale, inevitabilmente non può essere più sindacato neanche l’effetto diretto di tale determinazione, vale a dire l’esistenza e l’entità delle spese per agevolazioni che poi saranno riportate a nuovo”.

Non sembra pertanto, conforme alla suindicata disciplina l’assunto che si legge nel controricorso dell’Agenzia delle Entrate laddove afferma che “l’Ufficio ha il potere di verificare la correttezza della dichiarazione del condono presentata dalla parte”, affermandolo in via generale senza correlarlo alle modalità e alle limitazioni poste dal D.P.R. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, nella specie disattese.

E’, dunque, da ritenere che l’Amministrazione abbia posto in essere un’attività ad essa preclusa e che la CTR sia incorsa in errore nel decidere in senso affermativo sulla legittimità degli avvisi di accertamento.

I restanti motivi di ricorso sono assorbiti.

La sentenza deve essere quindi cassata e, non essendovi circostanze di fatto da accertare, la Corte decide nel merito, accogliendo il ricorso originario del contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla ricorrente le spese di legittimità liquidate come in dispositivo.

PQM

Accoglie il primo motivo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente. Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento in favore della società ricorrente delle spese di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 oltre spese generali nella misura del 15% oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2020

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