Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16887 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/08/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 10/08/2016), n.16887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17221-2013 proposto da:

G.R., (OMISSIS), domiciliata in ROMA, VIA F.

GREGOROVIUS 20, presso lo studio dell’avvocato SANDRO RICCOBELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO PILON giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44,

presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 145/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito l’Avvocato LORENZO PILON;

udito l’Avvocato SILVESTRI CARLA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il presente giudizio è stato promosso da G.R., figlia e unica erede di Gi.Ra., nei confronti della SAI Assicurazioni s.p.a. (oggi Fondiaria SAI s.p.a.) per ottenere la liquidazione delle quote di Fondi Assicurativi SAI ((OMISSIS)) e di Fondi Comuni di Investimento Mobiliare SAI (SAI America, + ALTRI OMESSI

In esito alla causa così instaurata l’adito Tribunale di Padova, con sentenza n. 1872 del 24.06.2007, ritenuta la responsabilità ex art. 2049 c.c. della società convenuta, la condannava al pagamento della somma di Euro 165.212,16 oltre interessi e spese.

La decisione, gravata da impugnazione della Fondiaria SAI s.p.a., era riformata dalla Corte di appello di Venezia, la quale con sentenza n. 145 in data 29.01.2013, rigettava la domanda della G., la condannava a restituire quanto percepito in forza della sentenza di primo grado, nonchè al pagamento delle spese del doppio grado.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.R., svolgendo due motivi, articolati in plurime censure.

Ha resistito la Fondiaria SAI s.p.a., depositando controricorso, peraltro contenente relata negativa al domicilio eletto in ricorso. Con la successiva memoria la resistente ha riferito che la ricorrente, pur non avendo provveduto a nuova elezione di domicilio, sì da consentire la notificazione, ha mostrato di avere avuto conoscenza del controricorso, notificandole presso il proprio difensore nel giudizio di cassazione, il ricorso ex art. 373 c.p.c. proposto innanzi alla Corte di appello di Venezia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si osserva che, in sede di discussione orale, parte ricorrente non ha mosso alcuna obiezione in ordine alla posizione della controricorrente e al deposito del controricorso, nonostante l’esito negativo della relativa notifica (per il trasferimento del domiciliatario, indicato in ricorso), convalidando l’assunto della resistente, secondo cui il contenuto dell’atto è, comunque, pervenuto alla destinataria, tanto da avere essa, a sua volta, indirizzato il ricorso ex art. 373 c.p.c. al difensore della resistente costituito nel giudizio di legittimità.

2. La Corte di appello – andando di contrario avviso al primo Giudice – ha ritenuto che non sussistesse quel rapporto di “occasionalità necessaria” che occorre per integrare la responsabilità ex art. 2049 c.c. della SAI Assicurazioni per il fatto del suo agente, escludendo, altresì, la responsabilità ex art. 1218 c.c. in assenza di un contratto tra le parti; e ciò perchè:

a) innanzitutto l’investimento del capitale affidato dal G. in fondi variamente denominati (Fondi assicurativi, Fondi comuni di investimenti SAI, SAI America, SAI Paesi emergenti) era completamente estraneo all’oggetto sociale della preponente, la quale poteva emettere esclusivamente polizze assicurative tra le quali erano comprese quelle denominate (OMISSIS); invero l’attività di collocazione sul mercato di prodotti finanziari e la gestione di patrimoni di investimento è riservata per legge e in via esclusiva alle Banche e alle S.I.M. (D.Lgs. n. 58 del 1998 T.U. Finanza), le quali possono svolgere tale attività fuori della loro sede attraverso una rete di promotori finanziari (L. n. 1 del 1991, art. 5 e D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31), che devono essere iscritti all’albo unico dei promotori presso la CONSOB; in particolare, al M. era stata affidata unicamente la facoltà di stipulare polizze, ma non anche la gestione del risparmi, che era estranea alla preponente, la quale non poteva vendere servizi di investimento, per cui la stessa non poteva rispondere dell’illecito compiuto dal M. al di fuori delle mansioni allo stesso affidate;

b) dall’esame dei contratti (OMISSIS), stipulati dal G. con il M., risultava che il sottoscrittore affidava il danaro all’ente di gestione, senza acquistare quote di fondi; si trattava, dunque, di una forma di gestione del patrimonio che avveniva senza l’osservanza della disciplina speciale dettata dal Legislatore a tutela del pubblico risparmio, come tale ricadente nella sfera di responsabilità individuale;

c) nessun importo risultava riscosso dalla SAI; in particolare n. 10 assegni prodotti, pur se intestati all’ordine dell’Agenzia SAI di (OMISSIS), erano stati girati una prima volta con il timbro dell’Agenzia e una seconda per l’incasso con firma personale del M.; mentre gli altri due titoli di Lire 100.000.000 ciascuno erano stati emessi all’ordine della (OMISSIS) e girati con lo stesso timbro sottoscritto dal M.; per di più, questi ultimi titoli risultavano emessi in data 16.03.2001 successiva allo scioglimento del rapporto di agenzia avvenuto in data 12.03.2001.

2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) e precisamente si deduce:

2.1.1. violazione di specifiche disposizioni normative che consentono alle imprese di assicurazione di emettere i prodotti finanziari assicurativi e i prodotti finanziari di capitalizzazione oggetto dei contratti de quibus: al riguardo parte ricorrente osserva che le polizze (OMISSIS), nonchè le operazioni di capitalizzazione erano disciplinate negli anni 2000 e 2001: dal D.Lgs. n. 174 del 1995, di attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita (e in specie, all’art. 30 relativo a una particolare tipologia di contratto con prestazioni, ossia i contratti (OMISSIS), costituenti prodotti finanziari assicurativi, in ogni caso emessi da compagnie assicurative; mentre l’art. 40 prevedeva le operazioni di capitalizzazione), dal D.Lgs. n. 173 del 1997 e dal D.Lgs. n. 58 del 1998 (art. 1 che prevede, tra gli altri, sub w-bis “prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione”: le polizze e le operazioni di cui ai rami vita 3 e 5 di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 2, comma 1, con esclusione delle forme pensionistiche individuali di cui al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 13, comma 1, lett. b), infine, dal Regolamento CONSOB 11971/99 che individua i prodotti finanziari del tipo (OMISSIS) tra le polizze del ramo 3 e le operazioni di capitalizzazione tra i contratti del ramo 5. A parere della ricorrente la Corte di appello avrebbe violato tale corpo normativo allorchè ha affermato: a) che gli investimenti del capitale affidati dal G. erano completamente estranei all’oggetto sociale della preponente; b) che l’attività di collocazione sul mercato di prodotti finanziari e la gestione dei patrimoni è per legge riservata in via esclusiva alle Banche e alle S.I.M.; c) che al M. era stata affidata la sola facoltà di stipulare polizze, ma non anche quella della gestione del risparmio, dal momento che l’impresa assicuratrice SAI poteva del tutto lecitamente svolgere attività di investimento del risparmio del cliente G. per il tramite dell’agente di zona M.; d) che si trattava di una forma di gestione del patrimonio che avveniva in modo autonomo senza l’osservanza della disciplina dettata dal legislatore a tutela del risparmio;

2.1.2. l’esistenza del nesso di occasionalità necessaria tra l’attività della SAI s.p.a. e il preteso illecito attribuito all’agente M. e la conseguente responsabilità ex art. 2049 c.c. dell’impresa di assicurazione preponente: a tal riguardo parte ricorrente deduce che dalla violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto sopra cit., che consentono alle imprese di assicurazione come SAI di emettere prodotti finanziari-assicurativi di capitalizzazione, deriva anche la violazione o quantomeno la falsa applicazione della disposizione di cui all’art. 2049 c.c., posto che, per escludere il rapporto di occasionalità necessaria, occorreva che si trattasse di condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro;

2.1.3. la violazione o falsa applicazione del principio giuridico dell’apparenza del diritto e la responsabilità ex art. 2049 e/o 1228 c.c. dell’impresa di assicurazioni preponente: a tal riguardo la ricorrente osserva: a) che il M. all’epoca dei fatti era un agente SAI e, quindi, pienamente legittimato a rappresentarla e non un falsus procurator, in quanto la revoca dell’agente intervenne il 12.03.2001, mentre l’ultimo contratto risaliva alla data del 01.03.2001; b) i contratti vennero stipulati presso Ag. SAI (SAI di (OMISSIS) di Padova); c) i fondi oggetto dei contratti erano qualificati come Fondi Assicurativi SAI ((OMISSIS)) e, cioè, come prodotti che SAI s.p.a. poteva effettivamente emettere e come Fondi comuni di investimento mobiliare della SAI INVESTIMENTI; d) la denominazione dei prodotti recava l’acronimo SAI; e) buona parte dei certificati di investimento (doc. 13-16) riportano il timbro SAI Agenzia (OMISSIS); f) buona parte degli assegni (doc. 1-10) recano il timbro di girata SAI Agenzia (OMISSIS).

2.2. Dal canto suo la resistente SAI, ribadisce:

2.2.1. che l’attività di collocazione sul mercato di prodotti finanziari e la gestione di patrimoni di investimento era estraneo al suo oggetto sociale;

2.2.1. che, in ogni caso, in tutti i contratti di cui si discute, denominati “Gestione Patrimoniale (OMISSIS) – Fondo interno – (OMISSIS)” gestito dalla (OMISSIS), impresa individuale di M.D., non viene mai speso il nome della SAI s.p.a., ancorchè il M. utilizzasse il timbro di agente SAI (ma non negli ultimi due contratti), risultando il soggetto contraente sempre e soltanto (OMISSIS); in particolare, dal testo dei contratti, posti a fondamento della domanda, risulta che il sottoscrittore affida alla (OMISSIS) la gestione patrimoniale in fondi del sottoscritto capitale, che il capitale resta vincolato alla (OMISSIS) e, quindi, investito in fondi a discrezione della (OMISSIS), non assumendo quest’ultima altro obbligo se non quello della restituzione delle quote sottoscritte alla scadenza del certificato e del pagamento degli interessi, potendo, sempre la (OMISSIS), rifiutare la partecipazione al Fondo e provvedendo la stessa (OMISSIS) al rilascio del presente certificato; inoltre anche gli assegni risultano tutti incassati dal M. e, peraltro, gli assegni di maggiore importo (due assegni da Euro 100.000.000 ciascuno) risultano emessi direttamente dal G. in favore di (OMISSIS) e girati dalla (OMISSIS) con sottoscrizione del M.;

2.1.3. che, in tale situazione, non ricorrono neppure gli elementi obiettivi idonei a giustificare l’applicazione del principio dell’apparenza del diritto, non ricorrendo nè un comportamento colposo della SAI s.p.a., nè la dovuta diligenza del sottoscrittore, il quale, anzi, ha agito con imprudenza e negligenza, evidentemente attratto dal rendimento (del 8%) del tutto anomalo nella situazione dei mercati finanziari dell’epoca (trattandosi di investimenti effettuati in un periodo di violenta crisi finanziaria, conseguente allo scoppio della c.d. “bolla internet”).

3. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5). In particolare la ricorrente deduce:

3.1. l’omesso esame del contenuto della missiva del 09.03.2001 indirizzata dalla SAI s.p.a. all’agente M.: a parere della ricorrente il contenuto di tale missiva sarebbe decisivo, perchè da esso risulterebbe che la SAI era a conoscenza del fatto che M. aveva stipulato i contratti per cui è causa, spendendo la sua qualifica di agente SAI e che lo stesso aveva altresì domiciliato presso l’Agenzia la società (OMISSIS);

3.2. l’omesso esame del contenuto della Nota informativa SAI (OMISSIS) dell’Opuscolo “(OMISSIS)” e del Prospetto informativo “SAI Investimenti”; a condotto dalla Corte conoscere che tutti descritti rientravano società.

3.3. Dal canto suo la resistente oppone:

3.3.1. che la lettera di recesso non consente di trarre le conseguenze che ne vorrebbe desumere la ricorrente, dal momento che la SAI ha receduto dal rapporto non appena avuto conoscenza dell’attività illecita del M., nè ha avuto possibilità di avvisare i clienti (OMISSIS) dei cui nominativi non era a conoscenza, restando, comunque, onere della controparte provare il contrario;

3.3.2. che la censura è inammissibile per difetto di autosufficienza e che, in ogni caso, dal prospetto informativo pubblicato da SAI Investimenti SGR si evidenzia chiaramente che i Fondi comuni indicati nei moduli (OMISSIS) non sono stati istituiti dalla SAI Società Assicuratrice Italiana s.p.a., bensì dalla SAI Investimenti SGR, mentre le altre brochures si riferiscono a prodotti, sicuramente assicurativi, e cioè le polizze (OMISSIS), che, peraltro, nulla hanno a che vedere con i Fondi comuni di investimento e con le GPF e neppure con i contratti (OMISSIS).

4. Nessuno dei motivi di ricorso coglie nel segno.

In punto di diritto si rammenta che il contenuto precettivo dell’art. 2049 c.c. viene sintetizzato nella locuzione per cui la responsabilità indiretta del committente per il fatto dannoso del dipendente postula l’esistenza di un nesso di “occasionalità necessaria” tra l’illecito e il rapporto che lega i due soggetti, nel senso che le mansioni affidate al dipendente abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno (Cass. 31 agosto 2009, n. 18926), a nulla rilevando che tale comportamento si sia posto in modo autonomo nell’ambito dell’incarico o abbia addirittura ecceduto dai limiti di esso, magari in trasgressione degli ordini ricevuti.

Come è noto il fondamento di siffatta regolamentazione è la scelta, di carattere squisitamente “politico”, di porre a carico dell’impresa – come componente dei costi e dei rischi dell’attività economica – i danni cagionati da coloro della cui prestazione essa si avvale per il perseguimento della sua finalità di profitto, in conformità al brocardo per cui ubi commoda, ibi incommoda. In tale prospettiva, nella giurisprudenza di questa Corte, è acquisita l’applicabilità dell’art. 2049 c.c., anche in materia di assicurazione (tra le più risalenti nel tempo: Cass. 19 dicembre 1995, n. 12945; 27 giugno 1984, n. 3776), essendo irrilevante che sussista o meno un rapporto di lavoro subordinato tra agente e preponente, con conseguente responsabilità della compagnia assicuratrice per il fatto lesivo causato dall’attività illecita posta in essere dall’agente, ancorchè privo del potere di rappresentanza, il quale sia stato determinato, agevolato o reso possibile dalle incombenze demandategli e su cui la medesima aveva la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di vigilanza (Cass. 22 giugno 2007, n. 14578). Per altro verso, risulta costantemente rimarcato da questa Corte che il rapporto di “occasionalità necessaria” postula pur sempre che il dipendente (o il soggetto ad esso assimilato) abbia perseguito finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli furono affidate e non finalità proprie, cui il datore di lavoro non sia, neppure mediamente interessato o compartecipe (cfr. Cass. 07 agosto 1997, n. 7331; Cass. 14 novembre 1996, n. 9984; Cass. 17 marzo 1990, n. 2226).

La responsabilità di colui che comunque fruisce dei risultati dell’attività del dipendente, collaboratore o simile può sussistere, in alternativa, anche su base diversa, e cioè, in applicazione del principio dell’apparenza del diritto all’elemento dell'”occasionalità necessaria”, riconducibile a quello più ampio della tutela dell’affidamento incolpevole, con la conseguenza che va tutelato chi ha contrattato con colui che appariva in grado di impegnare altri, semprechè ricorra la duplice condizione della buona fede dei primo e di una condotta quanto meno colposa dell’ultimo, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentare o di impegnare sia stato effettivamente e validamente conferito a chi ne è apparso, nella contrattazione col terzo, dotato (tra le molte: Cass. 9 marzo 2012, n. 3787; Cass. 8 febbraio 2007, n. 2725).

4.1. Orbene – contrariamente a quanto postulato con il primo motivo di ricorso- la Corte territoriale non si è, affatto, discostata dai principi indicati, di cui ha fatto coerente applicazione.

Valga innanzitutto considerare che il motivo è essenzialmente polarizzato sulla prima parte delle argomentazioni del giudice di appello sopra sintetizzate sub a), trascurandone o travisandone gli ulteriori passeggi argomentativi sub b) e c) che rappresentano, invece, gli snodi cruciali della decisione, rivelandosi, la pure accurata disamina svolta in ricorso in ordine ai possibili oggetti dell’attività dell’impresa assicuratrice, nella sostanza, priva di decisività nel caso specifico. Soprattutto il nucleo fondante dell’intero motivo – e, cioè, l’essere le polizze (OMISSIS) dei prodotti assicurativi o, comunque, commerciati anche dalle compagnie di assicurazione si rivela assolutamente inconducente per la semplice considerazione che la decisione non si basa su un argomento di tal fatta (che non è nè affermato, nè contraddetto dalla sentenza impugnata), evidenziando, piuttosto, che altro e diverso è il contenuto dei contratti (OMISSIS), stipulati dal dante causa dell’odierna ricorrente.

Senza entrare nel merito della vexata quaestio della natura delle polizze linked – previdenziale/assicurativa ovvero finanziaria/speculativa o, meglio ancora, mista, posto che l’assicuratore assume il rischio cosiddetto demografico (in quanto la prestazione è comunque dovuta al verificarsi di un evento attinente alla vita umana), mentre il rischio delle perdite finanziaria è, di norma, sostenuto dall’assicuratore, solo nel consentire, a determinate condizioni, il riscatto anticipato – ai fini che qui rilevano è sufficiente osservare che le polizze linked si presentano, innanzitutto, come polizze vita, ancorchè a contenuto speculativo più o meno alti”, posto che il loro rendimento dipende dal rendimento dei fondi comuni di investimento in cui il gestore (banca, SIM o compagnia d’assicurazione) ha investito “il premio” versato dall’assicurato (polizze unit linked) ovvero da un indice azionario o da altro valore di riferimento di borsa cui le polizze sono collegate (polizze index linked); mentre, sottoscrivendo un fondo di investimento, il risparmiatore investe direttamente il denaro per l’acquisto di quote del fondo, senza che venga fatto alcun riferimento ad una polizza vita.

Orbene i contratti (OMISSIS), di cui si discute, non appaiono all’evidenza sussumibili nell’indicata tipologia di prodotti assicurativi, posto che non risulta e non è neppure allegato che vi sia stata alcuna assunzione di rischio demografico da parte del gestore; anzi – come evidenziato nella decisione impugnata – il sottoscrittore si limitava ad affidare il proprio danaro all’ente di gestione (e, cioè, a (OMISSIS)) senza acquistare quote di fondi.

Invero risulta proprio dalla documentazione contrattuale posta a fondamento del motivo di ricorso – ai cui contenuti anche la resistente affida le proprie difese, richiamandoli specificamente – che la gestione patrimoniale, denominata (OMISSIS), era gestita dalla (OMISSIS); che i contratti erano stipulati con la stessa (OMISSIS), alla quale era vincolato il capitale; che era sempre la (OMISSIS) ad assumere l’obbligo di restituzione del capitale e del pagamento dell’interesse annuo; di tal chè, in tale contesto, appare, senz’altro, corretta la conclusione negativa cui è pervenuta la Corte territoriale in ordine all’esistenza (o all’apparenza) di un rapporto contrattuale con la SAI s.p.a. e, più in generale, in ordine alla non riferibilità alla stessa compagnia di assicurazione dell’attività posta in essere dalla (OMISSIS) e, per essa, dal M..

Le circostanze su cui insiste la ricorrente – e, cioè, che buona parte dei certificati/contratti erano sottoscritti dal M., con il timbro dell’Agenzia SAI, così come buona parte degli assegni era intestati all’agente SAI (ma, non quelli di maggior importo economico, peraltro anche successivi alla revoca del rapporto di agenzia, come evidenziato nella decisione impugnata); che il capitale dovesse essere investito in fondi assicurativi o fondi di investimento SAI e che la (OMISSIS) risultava domiciliata presso l’Agenzia SAI di (OMISSIS) – prima ancora che rivelarsi argomenti meramente alternativi a quelli svolti dal giudice del meritor devono cedere all’assorbente considerazione, cui è affidata la decisione impugnata, che tutti i contratti risultavano stipulati con la (OMISSIS) e che la gestione era affidata alla stessa (OMISSIS), senza che il G. acquistasse quote di detti fondi (di cui si dirà anche nell’esame del successivo motivo) e – a margine – all’ulteriore considerazione che nessuno degli assegni pervenne alla SAI s.p.a..

Non appare superfluo aggiungere che il fatto stesso che la (OMISSIS) fosse semplicemente domiciliata presso l’Agenzia SAI avrebbe dovuto avvertire che si trattava di altro soggetto rispetto alla compagnia assicuratrice; di tal chè, anche sotto questo versante, appare vanamente invocato il principio dell’apparenza.

Il primo motivo va, dunque, rigettato.

4.2. Il secondo motivo è inammissibile, giacchè, pur formalmente proposto con riferimento al testo novellato dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qui applicabile ratione temporis, non ne presenta i requisiti.

Si rammenta in conformità all’esegesi svolta dalla Sezioni Unite di questa Corte (v. SU n. 8053 del 2014) che la riforma deve essere valutata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che risulta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Le Sezioni Unite hanno aggiunto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo rinnovato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, determinerebbe un esito diverso della controversia), con la conseguenza che, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., coma 2, n. 4, ai fini della ammissibilità del vizio in questione, il ricorrente deve indicare il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” – testuale o extratestuale – da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”.

Nel caso di specie la ricorrente si limita ad addurre l’omesso esame di una serie di documenti, solo assertivamente predicandone la decisività; inoltre – come evidenziato da parte resistente – non ne ritrascrive neppure i contenuti significativi, incorrendo nell’ulteriore profilo di inammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e, comunque, esponendosi alle opposte argomentazioni dell’altra parte, secondo cui: la lettera di recesso in data 09.03.2001, peraltro antecedente agli ultimi due contratti (OMISSIS) sottoscritti dal G., non lascia supporre alcun comportamento colpevole della compagnia e che proprio le brochure menzionate dalla ricorrente riferiscono i fondi comuni alla SAI Investimenti SGR e, quindi, a soggetto diverso dalla SAI compagnia di assicurazione.

A tacere del fatto che gli opuscoli (OMISSIS) sono stati esaminati dal giudice di appello, tanto da avere evidenziato che queste – e non gli investimenti effettuati dal G. – sarebbero rientrate nell’attività di impresa della SAI. S.p.a.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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