Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16887 del 05/07/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 16887 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: RORDORF RENATO

Data pubblicazione: 05/07/2013

SENTENZA

sul ricorso 27076-2007 proposto da:
ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE, in persona del
Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –

contro

AIRONE S.P.A. (0105850687), in persona del Presidente
pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
CARSO 71, presso lo studio dell’avvocato ARIETA
GIOVANNI, che la rappresenta e difende unitamente

margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2900/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 27/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2013 dal Presidente Dott. RENATO
RORDORF;
uditi gli avvocati Giancarlo CASELLI dell’Avvocatura
Generale dello Stato, Giovanni ARIETA, Alessandro
PALLOTTINO;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
f

PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

all’avvocato PALLOTTINO ALESSANDRO, per delega a

Svolgimento del processo
L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (in prosieguo indicato come Enac)
con tre atti notificati tra l’ottobre ed il novembre 2004 citò in giudizio
dinanzi alla Corte d’appello di Roma la società Air One s.p.a (in prosieguo
Air One), riferendo di aver stipulato con detta società, nel gennaio 2002,
tre convenzioni rispettivamente volte a disciplinare la prestazione dei
servizi di trasporto aereo sulle rotte Cagliari-Milano, Alghero-Milano ed

alla medesima Air One all’esito di apposita gara. Con tali atti di citazione
l’Enac impugnò i tre lodi arbitrali che, in base ad altrettante clausole
compromissorie contenute nelle summenzionate convenzioni ed attivate
da Air One, l’avevano condannato a corrispondere alla controparte la
somma complessiva di euro 36.108.602,19 (oltre agli accessori).
La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 27 giugno 2007,
dopo aver riunito i tre giudizi, dichiarò improcedibile per tardiva iscrizione
a ruolo l’impugnazione riguardante uno dei tre lodi, con conseguente
inammissibilità dell’impugnazione incidentale formulata dalla convenuta Air
One in ordine al medesimo lodo; disattese poi l’eccezione di difetto di
giurisdizione, sollevata dalla difesa della società convenuta, e rigettò nel
merito sia le impugnazioni principali sia quelle incidentali concernenti gli
altri due lodi.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’Enac,
formulando dieci motivi di censura, che investono sia la statuizione in
punto di giurisdizione, sia quella in tema d’improcedibilità, sia quelle di
merito.
Air One ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione
1. E’ stata preliminarmente eccepita l’inammissibilità del ricorso per
inadeguatezza dei quesiti di diritto posti a corredo dei motivi
d’impugnazione e per mancata specifica indicazione dei documenti sui
quali il medesimo ricorso si fonda.
1.1. L’eccezione non è accoglibile se riferita al ricorso nel suo insieme,
dal momento che per lo meno alcuni dei motivi sono accompagnati dalla
formulazione di quesiti di diritto (a norma dell’art. 366-bis c.p.c.,
3

Alghero-Roma, essendo stati tali servizi di trasporto in precedenza affidati

applicabile ratione temporis) sufficientemente chiari ed idonei a condurre
all’eventuale enunciazione di un corrispondente principio di diritto ad opera
di questa corte. Dell’eventuale inadeguatezza di specifici quesiti si dirà a
proposito di singoli motivi del ricorso.
1.2. Quanto all’indicazione specifica degli atti processuali e dei
documenti sui quali il ricorso si fonda, richiesta a pena d’inammissibilità
dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., è appena il caso di ricordare come

alla precisa delimitazione del thema decidendum, attraverso la preclusione
per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione
risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti
specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in
proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del
ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. un. 31
ottobre 2007, n. 23019), abbiano poi ulteriormente chiarito che il rispetto
delle citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale
sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur
eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso
essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla
previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. un. 2
dicembre 2008, n. 28547); con l’ulteriore precisazione che, qualora il
documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di
parte, l’onere della sua allegazione può esser assolto anche mediante la
produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la
sede in cui il documento è rinvenibile (cfr. Sez. un. 25 marzo 2010, n.
7161, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale,
Sez. un. 3 novembre 2011, n. 22726).
Di tali principi si farà applicazione quando verranno presi in esame i
singoli motivi del ricorso, per alcuni dei quali effettivamente la mancata
specifica indicazione degli atti e dei documenti sui quali quei motivi si
fondano implicherà una declaratoria d’inammissibilità. Non in tutti i motivi,
però, si pone la necessità di far capo a documenti di cui faccia difetto la
specifica indicazione, essendo questa richiesta solo in relazione alle
censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da
vero e proprio fondamento: cioè quando senza l’esame di quell’atto o di
4

queste sezioni unite, dopo aver affermato che detta norma è finalizzata

quel documento – non necessariamente da riprodurre per esteso nel corpo
del ricorso, ma che deve essere indicato e poi allegato in modo tale da
consentirne l’immediata reperibilità e l’agevole lettura da parte del giudice
di legittimità – la comprensione del motivo di doglianza e degli
indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la
valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili.
Il ricorso dell’Enac non può quindi esser dichiarato in toto inammissibile,

particolare all’indicazione (ed allegazione) specifica dei documenti sui quali
esso si fonda, con riguardo all’ammissibilità dei singoli motivi o profili di
doglianza.
2. Venendo allora all’esame dei motivi di ricorso, converrà iniziare dal
secondo e dal terzo, attinenti alla giurisdizione, perché la questione
dell’improcedibilità dell’impugnazione di uno dei tre lodi, posta nel primo
motivo, è da considerare successiva in ordine logico. Anche l’accertamento
dell’improcedibilità presuppone, infatti, che il giudice dinanzi al quale la
causa è stata introdotta sia munito di giurisdizione.
2.1. Le censure formulate dall’ente ricorrente nel secondo e nel terzo
motivo per sostenere il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, che
possono essere esaminate congiuntamente, non hanno fondamento.
Dette censure non sembrano tener conto del principio, già più volte
affermato da questa corte, secondo cui l’impugnazione di lodi arbitrali
rituali deve essere sempre proposta dinanzi alla corte d’appello nella cui
circoscrizione è la sede dell’arbitrato, ai sensi dell’art. 828 c.p.c.,
costituendo questa l’unica disposizione diretta alla determinazione del
giudice cui spetta giudicare su tale impugnazione. Non è infatti ipotizzabile
che la giurisdizione in simili ipotesi competa ad un giudice diverso, ed
eventualmente al Consiglio di Stato, il quale può essere investito
dell’appello contro le pronunce del giudice amministrativo di primo grado,
ma non anche dell’impugnazione di lodi arbitrali alternativi a dette
pronunce. Con il corollario che, quando accoglie l’impugnazione del lodo, il
giudice ordinario, siccome giudice naturale di tale impugnazione, ha anche
il potere-dovere di decidere nel merito, in presenza delle condizioni
indicate dall’art. 830, comma 2, c.p.c., a nulla rilevando che la
controversia sarebbe stata affidata, ove non fosse stata deferita in arbitri,
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restando tuttavia impregiudicata la valutazione che dovrà farsi, quanto in

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (si vedano, in tal
senso, Sez. un. 3 luglio 2006, n. 15204, e Sez. un. 5 ottobre 2009, n.
21198).
Alla stregua di tale principio, dal quale non v’è ragione per discostarsi, è
evidente come in presenza dell’impugnazione di lodi arbitrali, come nella
specie è accaduto, sia radicalmente da escludere la carenza di
giurisdizione della corte d’appello denunciata dal ricorrente.

ricorso di cui si sta parlando – tutt’altro che univoci però in tal senso siano dirette non già (o non soltanto) a denunciare un difetto di
giurisdizione della corte d’appello investita dell’impugnazione del lodo difetto di giurisdizione che, per quanto appena osservato, non è
ravvisabile -, bensì a sostenere che la medesima corte d’appello avrebbe
dovuto dichiarare la nullità dei lodi impugnati, in quanto vedenti su
questioni che non avrebbero potuto essere deferite ad arbitri perché
riservate alla cognizione del giudice amministrativo, si tratterebbe
comunque di doglianze inammissibili: vuoi per l’impossibilità d’individuare
con chiarezza l’oggetto specifico della doglianza, vuoi a causa della
mancata specifica indicazione (ed allegazione) delle clausole
compromissorie in discorso e dei documenti contenenti i quesiti arbitrali di
cui si discute (solo frammentariamente riportati nell’esposizione dei motivi
di ricorso).
L’inadeguatezza dei motivi di ricorso in esame, ove considerati sotto il
profilo da ultimo ipotizzato, è resa evidente dal fatto che non è dato
comprendere se l’ipotetica nullità dei lodi dovrebbe dipendere da un vizio
delle clausole compromissorie contenute nelle convenzioni a suo tempo
stipulate tra le parti, che avrebbero inteso deferire agli arbitri una tipologia
di controversie per le quali ciò non sarebbe consentito, oppure se non la
validità di dette clausole compromissorie si voglia mettere in questione ma
si addebiti agli arbitri, fuorviati da quesiti inadeguati, di aver trasceso i
limiti dei loro poteri estendendo la propria cognizione a temi non compresi
nelle clausole arbitrali perché non compromettibili. Nell’uno come nell’altro
caso sarebbe indispensabile, in primo luogo, avere più precisa contezza dei
termini nei quali simili motivi di nullità dei lodi siano stati eventualmente
prospettati alla corte d’appello; in secondo luogo, e comunque, muovere
6

2.2. Ove poi si voglia ritenere che le doglianze prospettate nei motivi di

dalla ricognizione delle clausole compromissorie più volte richiamate.
Occorrerebbe poter verificare il rapporto tra dette clausole, i quesiti rivolti
agli arbitri e le conseguenti pronunce del collegio arbitrale: ciò che non è
in concreto possibile fare, avendo il ricorrente omesso d’indicare in modo
specifico (e di allegare in modo altrettanto specifico, ai fini della
procedibilità del ricorso sul punto) i documenti sui quali un tale esame
dovrebbe svolgersi.

la statuizione con cui la corte d’appello ha dichiarato l’improcedibilità
dell’impugnazione di uno dei lodi arbitrali perché ha ritenuto tardiva la
costituzione in giudizio dell’impugnante.
3.1. A questo riguardo è necessario premettere che non viene qui in
questione l’interrogativo se, non costituendo l’impugnazione del lodo
arbitrale per nullità dinanzi alla corte d’appello un giudizio di secondo
grado rispetto a quello svoltosi innanzi agli arbitri (cfr., da ultimo, Cass. 27
aprile 2011, n. 9394), siano ad essa applicabili le disposizioni dettate dal
codice di rito per il processo d’appello, tra cui quella dell’art. 348
(questione su cui si veda Cass. 1 luglio 2004, n. 12031). Di ciò non ci si
può occupare, perché non è questa la censura mossa nel ricorso alla
sentenza impugnata (né, ovviamente, i motivi di ricorso possono essere
idoneamente integrati o ampliati nella memoria depositata a norma
dell’art. 378 c.p.c.).
3.2. Il ricorrente, dando implicitamente per acquisita l’applicabilità nella
specie del citato art. 348 c.p.c., che sanziona con l’improcedibilità la
tardiva costituzione dell’appellante, sostiene non esser vero che, nella
specie, l’Enac si sarebbe costituito dinanzi alla corte d’appello quando era
già scaduto il prescritto termine di dieci giorni, decorrente dalla
notificazione dell’atto d’appello (nella specie dell’atto d’impugnazione del
lodo) alla controparte. E ciò in quanto detto termine, fissato per la
costituzione dell’attore dall’art. 165 c.p.c. e richiamato per l’appello dal
successivo art. 347, non dovrebbe esser computato dalla data (26 ottobre
2004), in cui l’atto d’impugnazione del lodo fu notificato alla Air One
presso il difensore che l’aveva rappresentata ed assistita nel procedimento
arbitrale – notificazione da considerare, secondo il ricorrente,
giuridicamente inesistente – bensì dalla data successiva (27 ottobre 2004)
7

3. Si può ora passare all’esame del primo motivo di ricorso, che censura

in cui il medesimo atto fu validamente notificato alla Air One nella sua
sede sociale: con la conseguenza che l’iscrizione a ruolo della causa (il
successivo 6 novembre) sarebbe avvenuta entro i prescritti dieci giorni
dalla notifica.
Senonché (nel regime qui applicabile

ratione temporis,

anteriore

all’introduzione nel codice di rito dell’art. 816-bis), al contrario di quel che
il ricorrente assume, l’esecuzione della notifica dell’impugnazione del lodo

domiciliatario nel procedimento arbitrale non cagiona l’inesistenza, ma la
nullità, della suddetta notifica, sanabile ex tunc con la costituzione del
destinatario della stessa, come ripetutamente affermato da questa corte, a
partire dalla pronuncia di Sez. un. 3 marzo 2003, n. 3075. E tanto basta a
rendere priva di fondamento l’argomentazione sulla quale il motivo di
ricorso si basa.
4. Il quarto e quinto motivo del ricorso sono volti a sostenere che la
corte d’appello sarebbe incorsa in errori di diritto, oltre che aver motivato
inadeguatamente la propria decisione, laddove ha escluso che i lodi
arbitrali impugnati si fossero posti in contrasto con un precedente
giudicato, derivato dalla sentenza emessa dal Consiglio di Stato il 15
maggio 2003, con cui era stato definito un giudizio vedente sulla validità
dell’aggiudicazione ad Air One di quei servizi di trasporto aereo in
relazione ai quali erano poi intervenute le tre convenzioni discusse nella
presente causa.
Secondo la ricorrente, la suddetta sentenza del Consiglio di Stato
avrebbe statuito anche in merito al

quantum dei compensi finanziari

spettanti all’aggiudicataria Air One, onde sul punto gli arbitri non
avrebbero potuto successivamente intervenire, come invece è accaduto,
con statuizioni di diverso tenore.
Neppure tali doglianze appaiono fondate.
Basta osservare, al riguardo, che il giudizio svoltosi dinanzi al giudice
amministrativo e concluso con la citata sentenza del Consiglio di Stato
ebbe ad oggetto, come anche la corte d’appello nella sentenza qui
impugnata non ha mancato di sottolineare, non certo l’adempimento delle
convenzioni sottoposte all’esame degli arbitri, bensì unicamente la
contestata legittimità del bando e degli atti della gara a seguito della quale
8

rituale non personalmente alla parte ma presso il suo difensore

erano stati aggiudicati i servizi di trasporto in discussione. La circostanza
che, nell’assumere quella decisione, il Consiglio di Stato possa avere
argomentato in ordine alla misura dei compensi finanziari previsti in favore
della società aggiudicataria non implica, evidentemente, che questo fosse
l’oggetto di quella causa, né quindi comporta che, su tale specifico
oggetto, vi sia stata una statuizione con valore di giudicato, non
trattandosi di un capo autonomo della sentenza. Il giudicato (anche

questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì
da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, e non in
presenza di mere argomentazioni e neppur quando si veda in tema di
valutazione di un presupposto necessario di fatto che sia solo destinato a
concorre con altri per formare un capo unico della decisione (cfr. Cass. 23
marzo 2012, n. 4732, Cass. 16 gennaio 2006, n. 726, ed altre conformi).
5. Il sesto motivo di ricorso è manifestamente inammissibile: sia per
l’assoluta inadeguatezza del quesito di diritto che lo correda – del tutto
astratto nel postulare la ovvia riconducibilità all’ambito degli errori di
diritto, denunciabili a norma dell’art. 829 c.p.c., della violazione delle
regole ermeneutiche del contatto fissate negli artt. 1362 e segg. c.c. -, sia
per l’insanabile genericità della doglianza, che non consente neppure
d’individuare quali sarebbero state le regole ermeneutiche in concreto
disapplicate dagli arbitri, della cui violazione l’impugnante si era lamentato
dinanzi alla corte d’appello.
6.

Il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, rispettivamente volti a

denunciare violazioni di legge e vizi di motivazione dell’impugnata
sentenza, muovono dal presupposto che, con i lodi arbitrali di cui s’è
detto, Air One si sia vista attribuire, a titolo di compensazione finanziaria
per i costi relativi ai servizi pubblici di trasporto affidatile, un importo
ingiustificatamente maggiore di quello spettantele a termini della
concessione.
Il ricorrente, in particolare, lamenta che la corte d’appello abbia
disatteso il motivo d’impugnazione dei lodi a tal riguardo formulato
sull’erroneo presupposto che si sarebbe trattato di una censura volta ad
investire valutazioni di merito, come tali rimesse al collegio arbitrale e non
censurabili a norma dell’art. 829 c.p.c. Viceversa non di censure di merito
9

interno), come è noto, si realizza solo nel caso in cui venga risolta una

si sarebbe trattato bensì della denuncia di veri e propri errori di diritto
compiuti dagli arbitri: anzitutto in ordine alla riconduzione del rapporto
nell’alveo giuridico dell’appalto di servizi, anziché in quello della
concessione, cui non sarebbe stato perciò applicabile il regime revisionale
di cui all’art. 1664 c.c., ed in secondo luogo perché, ove pure ci si fosse
davvero trovati di fronte ad un appalto, non avrebbero potuto essere
legittimamente invocati né l’istituto della revisione dei prezzi, contemplato

inderogabile del compenso finanziario stabilito già nel bando di gara e
ribadito nelle conseguenti convenzioni, né l’istituto della sorpresa
geologica, previsto dal secondo comma, trattandosi di una norma
eccezionale non suscettibile di applicazione analogica.
Neppure tali censure superano però il vaglio dell’ammissibilità.
Se anche fosse vero che è errato il modo in cui la corte d’appello si è
sbarazzata del suddetto motivo d’impugnazione dei lodi, che in realtà non
poneva una questione interpretativa, rispetto alla quale detta corte non
avrebbe potuto interloquire con la valutazione di merito degli arbitri,
giacché invece tanto la corretta qualificazione giuridica del contratto appalto di servizi o concessione – quanto la contestata applicabilità nella
specie del disposto del citato art. 1664 si risolvevano in altrettanti aspetti
di diritto della controversia, resterebbe però che la prospettata
qualificazione dei contratti di cui si discute in termini di appalto di servizi o
di concessione e la correlata questione dell’applicabilità del disposto del
citato art. 1664 dipendono dalla formulazione di tali contratti (e
presumibilmente anche dalla loro lettura alla luce dei dati emergenti dalla
gara che ne ha preceduto la stipulazione); e che la fondatezza delle
doglianze in questa sede proposte è legata anche al modo in cui le
medesime questioni erano state prospettate dinanzi alla corte d’appello
per farne discendere un qualche vizio di nullità dei lodi arbitrali
riconducibile alla previsione dell’art. 829 c.p.c.
Ma s’è già detto che il ricorrente ha trascurato d’indicare con sufficiente
specificità i suaccennati atti e documenti della causa di merito, sui quali si
basano i motivi di ricorso di cui si sta parlando, e che neppure li ha
specificamente allegati. E tale vizio processuale appare, nella specie, tanto
più rilevante in quanto nel ricorso non risultano neppure ben chiarite ed
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nel primo comma di detto articolo, ostandovi la fissazione di un limite

elencate le precise pretese di Air One, sulle quali sono intervenute le
pronunce arbitrali poi impugnate dall’Enac, che talora paiono riconducibili
al parametro della revisione dei prezzi dell’appalto, altre volte a quello del
risarcimento dei danni per inadempimento di obblighi contrattualmente
assunti a proprio carico dal committente.
Non è quindi possibile apprezzare la decisività delle censure formulate.
7. Anche il nono motivo di ricorso è manifestamente inammissibile, in

sentenza impugnata, ma in effetti mirante a denunciare l’omessa
considerazione di elementi di fatto – la mancata inserzione nei documenti
contrattuali della previsione di un determinato rapporto percentuale tra
passeggeri a tariffa piena ed a tariffa agevolata – che solo l’esame delle
risultanze documentali della causa potrebbe eventualmente confermare.
Esame che, però, esulava dai compiti della corte d’appello chiamata a
decidere sull’impugnazione dei lodi arbitrali, ed ancor più evidentemente
non potrebbe essere svolto ora, in sede di giudizio di legittimità, tanto più
che neppure è indicato quando ed in quale momento detti documenti
furono prodotti in sede di merito né essi risultano specificamente allegati
al ricorso.
8. Analoghe considerazioni sono da farsi per il decimo ed ultimo motivo
di ricorso.
Gli arbitri sono pervenuti alla conclusione che l’importo delle
compensazioni finanziarie previste in favore dell’aggiudicataria dei servizi
di trasporto aereo dovesse esser conteggiato al netto dell’IVA. La corte
d’appello, investita dell’impugnazione dell’Enac sul punto, ha ravvisato
nella suddetta decisione una non censurabile attività interpretativa delle
convenzioni intercorse tra le parti. Il ricorrente sostiene che non si sarebbe
trattato d’interpretazione delle convenzioni, bensì di una vera e propria
modifica del loro contenuto, operata sul presupposto dell’esistenza di un
errore, che tuttavia sarebbe stato privo dei requisiti di cui all’art. 1428 c.c.
Una tale impostazione non può essere seguita, giacché, ancora una
volta, il ricorso non pone questo giudice di legittimità nelle condizioni di
verificare quale fosse in effetti il contenuto delle convenzioni in discorso, in
che termini gli arbitri avessero assunto la loro decisione in ordine alla
questione controversa, né quali fossero state le esatte doglianze formulate
11

quanto solo nominalmente volto a censurare un errore di diritto della

in proposito negli atti d’impugnazione proposti dinanzi alla corte d’appello
avverso tale specifico profilo delle decisioni arbitrali.
9. In conclusione, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna dell’ente ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

compenso e 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso, in Roma, il 25 giugno 2013.

spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 20.000,00 per

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