Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16885 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. II, 15/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 15/06/2021), n.16885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26947/2019 proposto da:

A.T., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO

ORRU’, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

19/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.T., cittadino della Nigeria, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Bologna il provvedimento, notificatogli il 29 novembre 2017, con cui la Commissione territoriale di Bologna, sezione distaccata di Forlì-Cesena, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale.

Il Tribunale di Bologna con decreto depositato in data 19 agosto 2019 ha rigettato il ricorso.

Il Tribunale ha sottolineato che le vicende personali narrate dal cittadino nigeriano (l’essere fuggito dal proprio paese a seguito dei problemi avuti con la famiglia di una persona che era deceduta a seguito della caduta di un ramo da un albero che il ricorrente era intento a potare), non possono essere qualificate come atti persecutori. Il giudice ha poi rilevato che le dichiarazioni rese non sono tali da poter sostenere che l’interessato abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, attese alcune evidenti incoerenze nel racconto e contraddizioni tra quanto riferito alla commissione e quanto invece sostenuto nell’audizione dinanzi al giudice. Negati i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, posto che quanto a quest’ultima le minacce asseritamente subite provenivano da soggetti privati e senza che fosse stata fornita la prova che gli stessi fossero stati previamente denunciati alle autorità di polizia locali, ovvero che alle minacce fossero eseguiti atti di violenza nei confronti dei suoi congiunti, una volta allontanatosi dalla Nigeria, è stata esclusa la ricorrenza delle condizioni per la concessione del permesso umanitario. Il permesso umanitario – ha sottolineato il decreto – può essere accordato per porre rimedio ad una situazione temporanea di impossibilità di rientro nel paese di origine, laddove nel caso di specie non emergono ragioni di tutela temporanea dello straniero.

2. Per la cassazione del decreto del Tribunale di Bologna A.T. ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 settembre 2019, sulla base di un motivo.

L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo (violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35) il ricorrente si duole che la Corte d’appello non abbia ritenuto sussistenti le condizioni per l’ottenimento della protezione sussidiaria ed umanitaria. Il ricorrente evidenzia che la protezione sussidiaria è ancorata dal legislatore ad una serie di presupposti che deve reputarsi ricorrano nella fattispecie, attesa la situazione di generalizzata violenza nella quale versa la Nigeria anche nella zona da cui proviene il ricorrente (Edo State). Il ricorrente sottolinea che il suo Paese di origine vive una situazione di incertezza, il che porrebbe il medesimo in una condizione di specifica estrema vulnerabilità in caso di rimpatrio.

2. Preliminarmente il Collegio osserva che il ricorso per cassazione è stato notificato al Ministero dell’interno presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bologna sezione di Forlì-Cesena anzichè presso l’Avvocatura generale dello Stato. Essendo tale notifica nulla (Cass., Sez. Un., 15 gennaio 2015, n. 608), se ne dovrebbe disporre la rinnovazione presso l’Avvocatura generale dello Stato.

Sennonchè, essendo l’unico motivo di ricorso prima facie inammissibile per le ragioni che andranno ad esporsi, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per la rinnovazione della notifica nulla, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass., Sez. II, 21 maggio 2018, n. 12515; Cass., Sez. VI-3, 17 giugno 2019, n. 16141).

3. L’unico motivo di ricorso è inammissibile.

In primo luogo, si rileva che sebbene si deduca anche la violazione delle norme in tema di protezione umanitaria, manca nell’esposizione del motivo qualsivoglia riferimento alle ragioni che giustificherebbero la concessione di tale forma di tutela, sicchè il motivo risulta sul punto inammissibile per difetto assoluto di specificità.

In ordine alla protezione sussidiaria, rileva la Corte che il decreto impugnato ha deciso la controversia alla luce dell’interpretazione che questa Corte ha costantemente offerto delle relative norme, e verificando, con accertamento in fatto, che la situazione di pericolo denunciata non è ascrivile ai soggetti cui debba essere addebitata la responsabilità per la persecuzione o di danno grave.

Inoltre, è stata sottolineata l’inerzia del ricorrente che non avrebbe denunciato alle competenti autorità i fatti di cui assume essere stato vittima, il che esclude che sia esposto al rischio effettivo di un danno grave per la propria incolumità. Nella specie il Tribunale ha altresì ricostruito il quadro della situazione socio – politica della Nigeria alla luce delle informazioni derivanti dalle COI più aggiornate rilevando che anche le situazioni di violenza lamentate nella zona di provenienza del ricorrente, non assumono il livello di gravità da giustificare la concessione della protezione sussidiaria.

Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.

In primo luogo, perchè esso censura un apprezzamento di fatto, quale è lo stabilire se un individuo si trovi in condizioni di vulnerabilità (Cass., Sez. I, 6 aprile 2020, n. 7729).

In secondo luogo, perchè il motivo non indica, nel rispetto delle prescrizioni formali dettate dall’art. 366 c.p.c., n. 6, quali sarebbero le fonti di prova sul percorso di integrazione sociale sul suolo italiano compiuto dal ricorrente che, se correttamente valutate, avrebbero dovuto condurre il Tribunale ad una diversa decisione, e ciò in relazione alla pur denunciata violazione delle norme in tema di protezione umanitaria.

In terzo luogo, perchè la censura non si confronta con il contenuto della decisione impugnata che proprio partendo dalla disamina dell’evoluzione politica che sta vivendo il paese del ricorrente, ha escluso che potesse accedersi alla richiesta di protezione sussidiaria, contrapponendo il motivo alla analitica e logica valutazione del giudice di merito, la personale valutazione delle medesime vicende politico-istituzionali.

4. Il ricorso è quindi dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, essendo il Ministero rimasto intimato.

5. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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