Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16883 del 19/07/2010
Cassazione civile sez. lav., 19/07/2010, (ud. 28/05/2010, dep. 19/07/2010), n.16883
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 18103/2006 proposto da:
G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. LOJODICE Oscar, giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
Antonietta, VINCENZO STUMPO, giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3547/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 23/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
28/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO.
E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO
IANNELLI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Nella causa promossa da G.A. contro l’Inps con ricorso del 3.12.2003 per la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 1984 e accessori, la Corte di Appello di Bari, con sentenza depositata il 7 ottobre 2008, ha accolto l’appello dell’assicurata ed ha condannato l’Inps a corrispondere gli interessi anatocistici maturati sugli interessi già corrisposti, confermando per il resto l’impugnata sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza la Sig.ra G. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi con i quali ha denunciato: 1) violazione dell’art. 1283 c.c. e art. 112 c.p.c., e vizi di motivazione per non avere il giudice di appello riconosciuto gli interessi anatocistici sulla sorte capitale rivalutata; 2) violazione degli artt. 9, 92 e 112 c.p.c., nonchè vizi di motivazione per avere il giudice di appello confermato la parziale compensazione delle spese del giudizio di primo grado; 3) violazione degli artt. 91, 92 c.p.c., e vizi di motivazione per avere il giudice di appello ritenuto infondato il motivo di impugnazione con il quale la parte aveva lamentato la violazione da parte del primo giudice dei minimi tariffari; 4) violazione degli artt. 24, 38, 111 Cost., violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e vizi di motivazione per avere il giudice di appello compensato interamente le spese del giudizio di appello.
L’Inps ha resistito con controricorso.
Osserva la Corte che il ricorso per cassazione risulta privo della formulazione dei quesiti di diritto, richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, come disposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2. Il citato art. 366 bis, è stato abrogato dal D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 47, ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 58).
Il suddetto ricorso, inoltre, è privo della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, richiesta a pena di inammissibiiità dall’art. 366 bis c.p.c. (vedi Sez. Un. 20603/2007). Si osserva al riguardo che la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, non può essere desunti dal contenuto dei motivi o integrato dai medesimi motivi, pena la sostanziale disapplicazione dell’art. 366 bis c.p.c. (Sez. Un. N. 6420/2008).
Il ricorso pertanto deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in mancanza della dichiarazione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto dalla L. n. 326 del 2003.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro trenta per esborsi ed in Euro mille per onorari, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2010