Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16883 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. II, 15/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 15/06/2021), n.16883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27505/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO

BORSIERI 12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO AVERNI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIOVITO ALTAMURA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE BARI, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 26/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.M. – cittadino del Bangladesh – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Lecce avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari, che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’esser espatriato poichè aveva ottenuto prestito per recarsi in Arabia a lavorare per mantenere la famiglia, tuttavia si ritrovò in Libia, dove fu detenuto sino a che pagò somma di denaro, che richieste nuovamente a prestito alla sua originaria creditrice e così potè giungere in Italia.

Il richiedente asilo ha precisato di temere, in caso di rimpatrio, di non poter pagare il debito e così suo figlio sarebbe stato adottato dalla creditrice a soddisfazione della mancata restituzione del prestito.

Il Collegio salentino ebbe a rigettare il ricorso ritenendo che il racconto reso dal richiedente protezione non solo non era credibile, ma nemmeno lumeggiava persecuzione od il pericolo di grave pericolo in caso di rimpatrio; inoltre il Tribunale osservava come nemmeno ricorrevano le condizioni, in ragione delle quali è possibile riconoscere la protezione internazionale ovvero quella umanitaria.

Il S. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto reso dal Tribunale pugliese fondato su due motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha depositato solamente nota ex art. 370 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal S. risulta inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle regole portate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 35 bis, comma 9 ed D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,7 e 14, in tema di protezione sussidiaria, posto che il Collegio salentino non ha esaminato in modo specifico la sua personale situazione – anche mediante l’attivazione della facoltà istruttoria officiosa – alla luce della situazione di violenza generalizzata che connota il Bangladesh e della rilevanza anche della persecuzione posta in atto da soggetti privati.

La censura siccome articolata risulta inammissibile poichè generica in quanto non si confronta specificatamente con la puntuale motivazione, al riguardo degli argomenti trattati, esposta dal Tribunale pugliese.

Difatti i primi Giudici hanno motivatamente ritenuto non solo non concorrente – in forza del narrato reso – una forma di persecuzione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7, ma neppure credibile il racconto reso, specie in relazione al timore di perdere il figlio a favore della creditrice e, comunque, ha sottolineato come la questione prospettata era di squisita natura privata.

Quanto poi alla situazione socio-politica del Bangladesh, il Collegio salentino, sulla scorta delle informazioni desunte da rapporti, redatti da qualificate Organizzazioni internazionali e specificatamente indicati, ha escluso che in Bangladesh concorra situazione connotata da violenza diffusa secondo l’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea.

A fronte di detta puntuale motivazione, il ricorrente si limita a contestare apoditticamente che l’esame della sua situazione personale sia stato dal Tribunale condotto in modo specifico e che le informazioni assunte, circa la situazione interna del suo Paese siano aggiornate, così palesando un totale difetto di confronto con le statuizioni assunte dal Collegio pugliese.

Con la seconda ragione di doglianza il S. denunzia violazione o falsa applicazione delle disposizioni D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 30 ed D.P.R. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto il collegio salentino non ha esaminato approfonditamente e il suo narrato, anche mediante attivazione del potere istruttorio officioso, e le condizioni sociali ed economiche del suo Paese, provato dalla povertà e dalle catastrofi naturali, operando correttamente la valutazione comparativa prescritta.

Anche detta ragione di censura appare inammissibile poichè l’argomento critico svolto privo di reale confronto con la motivazione, circa la domanda di godimento della protezione umanitaria, svolta dal Collegio salentino.

Difatti il Tribunale ha posto in evidenza come non concorrevano condizioni di vulnerabilità sia soggettive che oggettive sulla scorta degli elementi raccolti in atti e ciò anche con relazione alla situazione socio-politica del Bangladesh, e come i dati fattuali versati in atti da parte del S. circa l’inserimento sociale in Italia non lumeggiavano un tanto, posto che l’attività lavorativa – per modestissimo compenso – risultava svolta per sole alcune settimane.

Inoltre i Giudici pugliesi hanno appositamente espletato la chiesta comparazione sulla base concreta dei dati acquisiti in atti e non già in modo astratto, come invece fatto nel motivo di censura, poichè comunque il S., pur rendendo un racconto non credibile, tuttavia non aveva riferito d’esser espatriato in dipendenza di effettiva lesione dei suoi diritti fondamentali.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata regolare costituzione dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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