Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16881 del 11/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/08/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 11/08/2020), n.16881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 24127/2012 proposto da Agenzia delle

Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

con domicilio in Roma via dei Portoghesi 12;

– ricorrente-

contro

Studio Editoriale Communication s.r.l. rappresentata e difesa

dall’Avv. Prof. S.M. Messina con domicilio in Roma via di Villa

Sacchetti n. 9 presso lo studio dell’avv. prof. G. Marini;

– controricorrente – ricorrente incidentale-

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Veneto-sez. Mestre n. 20/19/12, depositata il 05/03/2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 08 ottobre 2019

dal Consigliere Dott. Catello Pandolfi;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. De Renzis Luisa che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR Veneto sezione di Mestre, n. 20/19/2012, depositata il 5/3/2012.

La vicenda discende dalla verifica effettuata dall’A.F. a carico della società Studio Editoriale Communications s.r.l volto al controllo delle rimanenze di magazzino per gli anni 2005, 2006 e 2007. In esito a tale attività l’Ufficio aveva ritenuto che il valore delle rimanenze medesime fosse superiore a quello dichiarato, per cui aveva provveduto alla sua rideterminazione, notificando alla contribuente tre avvisi accertamento, uno per ciascun degli anni d’imposta interessati.

La società impugnava gli atti impositivi innanzi alla CTP di Vicenza, che, con tre distinte decisioni, li respingeva con la precisazione che, quanto agli anni 2006 e 2007, confermava la legittimità dell’accertamento, ma annullava le sanzioni applicate, mentre per l’anno 2007 confermava in toto l’atto impositivo.

L’Ufficio proponeva appello avverso le due decisioni che avevano annullato le sanzioni, sul presupposto che la normativa applicata non desse luogo ad incertezze applicative, come invece ritenuto dal primo giudice.

Si costituiva la società proponendo appello incidentale avverso la decisione con cui il giudice di prime cure aveva respinto in toto il proprio ricorso.

La CTR respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e accoglieva parzialmente quello incidentale della società.

L’Ufficio poneva a base del proprio ricorso tre motivi. La società, nel resistere con controricorso, proponeva ricorso incidentale, adducendo anch’essa tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Quanto al ricorso principale, l’Ufficio ha posto come primo motivo quello della erronea o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3; del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, lamentando il cattivo governo del principio sulla non debenza delle sanzioni tributarie non penali, per incertezza oggettiva della norma.

Il motivo è fondato.

Infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che In tema di sanzioni per violazioni delle norme tributarie, l’obiettiva “incertezza normativa tributaria”, caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza, al termine di un procedimento interpretativo corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, si distingue dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure pur ricollegandovi i medesimi effetti – e costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4169 del 19/02/2020; Sez. 5 -, Ordinanza n. 15452/2018).

Ora, nel caso in esame, la Commissione territoriale, cui, sola, incombeva l’eventuale rilevazione dell’impossibilità oggettiva, non ha manifestato difficoltà nell’individuare le norme appropriate, procedendo anzi alla loro applicazione e alla soluzione del caso, sia pure, come si dirà, con motivazione censurabile sotto altro aspetto.

La decisione adottata dalla CTR sull’esonero delle sanzioni amministrative, pertanto, è collegata non a difficoltà oggettive, ma a quelle soggettive contro le quali – secondo il giudice – il contribuente si sarebbe imbattuto nell’applicazione.

Con il secondo motivo, l’Ufficio ha lamentato, sulla stessa problematica, motivazione insufficiente e con il terzo, vizio di ultrapetizione. I motivi possono ritenersi entrambi assorbiti per l’accoglimento del primo, che priva d’interesse l’esame degli altri.

Quanto al ricorso incidentale si osserva:

Con il primo motivo, la società lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 92 T.U.I.R. e dell’art. 2427 c.c., n. 9. In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In particolare – sostiene – la CTR avrebbe errato nel ritenere applicabile per il calcolo delle rimanenze immobiliari, esclusivamente l’art. 92 T.U.I.R. e quindi il solo parametro del “costo specifico”. Ritenendo, il giudice regionale, inattendibile, per la sua forte componente soggettiva, applicare, come valore dei beni in rimanenza, il minor importo tra costo specifico e valore di mercato. Criterio desumibile dall’art. 2427 c.c., n. 9.

Nel caso in esame, non vi è però errata interpretazione di norme o errata sussunzione del caso concreto alla norma applicata, come ritiene il ricorrente incidentale. Nessuna incertezza la CTR ha, infatti, mostrato circa la norma da applicare o al suo significato, ma solo una valutazione fattuale circa l’inidoneità del parametro, di cui la ricorrente propone di tener conto (andamento del valore di mercato), da utilizzare per la valutazione delle rimanenze immobiliari in questione

E’ cioè un giudizio di tipo fattuale, valutabile in questa sede solo dal punto di vista della congruità della motivazione, nei limiti in cui la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, lo consenta.

Pertanto, il primo motivo riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. è da ritenersi inammissibile. La censura in esame può trovare spazio nell’esame del secondo motivo proposto dalla società, che è da ritenere fondato.

Con essa la ricorrente ravvisa omessa motivazione su fatti controversi e decisivi e lamenta che la CTR, nel motivare il rigetto dell’appello si sia limitata acriticamente a richiamare la prima decisione, senza indicare l’autonomo percorso argomentativo in base al quale è giunta alla stessa conclusione.

Nella fattispecie, trova applicazione la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, antecedente alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, che consentiva di dolersi per “omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia…”

Orbene, nella sentenza impugnata si legge, a motivo del rigetto, che “la Commissione ritiene che quanto affermato dai primi giudici nelle sentenze n. 9/5/10 e 10/5/10 sia condivisibile tanto nel dispositivo quanto nella motivazione…”. L’affermazione è immediatamente preceduta dalla considerazione che “i criteri con cui vengono quantificate e valutate le rimanenze sono numerosissime perchè gli stessi tendono a seguire gli andamenti del mercato, la prudenza o l’effervescenza dello stesso….i criteri di valutazione non sono quasi mai indenni da elementi soggettivi e quindi non possono mai essere considerati obiettivamente reali…..perchè il mercato è continuamente influenzato da elementi fluttuanti e imprevedibili e si evolve in continuazione”.

Esaminando dapprima tale ultimo proposizione, emerge come essa sia composta da affermazioni generiche e prive di ogni riferimento al caso specifico. Il criterio della valutazione di mercato, come parametro di cui tener conto, viene immotivatamente svilito, in via generale ed astratta, aprioristicamente e senza alcun concreto ragguaglio all’effettivo andamento commerciale relativo alla zona data ed alle specifiche caratteristiche dei beni in valutazione.

Il carattere apodittico del giudizio emerge ancor più ove si consideri che la motivazione tace sulla consulenza tecnica, prodotta dalla contribuente al fine di provare il minor valore di mercato del bene rispetto al c.d. costo specifico. Così omettendo, il giudicante, di esplicitare le ragioni per le quali quel documento, pur centrale nella prospettazione della ricorrente, fosse stato considerato del tutto inconferente ed immeritevole di vaglio.

La Commissione sottolinea, in particolare, che le valutazioni di mercato non sono “quasi mai” indenni da elementi soggettivi. Così che il limite della soggettività non viene affermato in modo assoluto, ma relativo, derivandone un motivo in più per verificare se il limite di quel parametro sussistesse, effettivamente, anche nel caso di specie, pur alla luce degli elementi forniti dalla consulenza.

Parimenti, sostenere che la valutazione di mercato è un parametro inaffidabile perchè influenzato da elementi fluttuanti e mutevoli è affermazione fragile perchè se quel parametro è mutevole nel tempo, lo è molto meno, o non lo è, nel termine breve. Quanto poi al rinvio alla pronuncia di prime cure, richiamata per agganciare ad essa la decisione del gravame, è pacifica la giurisprudenza di questa Corte che ammette la motivazione per relationem con quella del grado precedente. Tuttavia, l’indirizzo giurisprudenziale, pur ammettendola, ha affermato che il giudice del gravame deve comunque dar conto d’aver esaminato e valutato i motivi dell’appello sottopostigli. (Cass. n. 20883/2019; Cass. n. 28139/2018).

Il secondo motivo è dunque fondato.

Il terzo motivo, per violazione alla violazione dell’art. 112 c.p.c., può ritenersi assorbito.

Tanto premesso il ricorso principale va accolto, nei termini di cui in motivazione.

Deve essere accolto il secondo motivo del ricorso incidentale, inammissibile il primo, assorbito il terzo.

La sentenza impugnata è quindi da cassare con rinvio alla Commissione Tributaria regionale in diversa composizione per il riesame della controversia nei limiti indicati e per la definizione delle spese.

PQM

Accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale, in relazione ai motivi rispettivamente accolti. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto-sezione di Mestre, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2020

 

 

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