Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16881 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/08/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 10/08/2016), n.16881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13528-2013 proposto da:

C.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CARLO ALBERTO 18, presso lo studio dell’avvocato CARMELO COMEGNA,

che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2513/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel luglio 2003 C.C. convenne in giudizio S.L. per sentire dichiarare la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione dell’8 aprile 1994 con rilascio dell’immobile e condanna del convenuto al pagamento di Euro 2.877,65 per rimborsi ratei condominiali, una mensilità di canone oltre il risarcimento dei danni cagionati dall’allagamento del giardino e per il danneggiamento di un armadio.

Si costituì il convenuto chiedendo, in via riconvenzionale, la determinazione del canone legale ex lege n. 392 del 1978, la condanna del proprietario alla restituzione di quanto indebitamente pagato in eccedenza ed il pagamento di Euro 3.098,74 per lavori di manutenzione straordinaria effettuati sull’impianto idrico del bagno oltre che l’accertamento negativo di ogni morosità al momento del recesso.

Il Tribunale di Roma ritenendo il contratto di locazione assoggettato alla disciplina dei patti in deroga accolse parzialmente la domanda principale e rigettò quella riconvenzionale. Respinse la domanda di risarcimento per ritardato rilascio dell’immobile ed escluse la risoluzione di diritto del contratto di locazione e quella giudiziale per grave inadempimento. Condannò il conduttore al pagamento della somma di Euro 2.154,65 quali oneri condominiali oltre la somma di Euro 176,29 e 128,00 per utenze non pagate.

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 2513 del 22 maggio 2012. Ha ritenuto il giudice del merito che il contratto di locazione non era stato stipulato validamente secondo la disciplina dei patti in deroga in quanto non era stato previsto nel contratto la contestuale rinuncia alla disdetta nei primi quattro anni, mentre la scrittura integrativa aveva come riferimento solo la maggiorazione del canone. Ha poi ritenuto che il conduttore avesse sia il diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese con la menzione dei criteri di ripartizione sia quello di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese effettuate. Inoltre ha ritenuto prescritto il credito relativo agli oneri condominiali L. n. 841 del 1973, ex art. 6 ed inammissibili le domande relative al pagamento delle bollette perchè nuove.

3. Avverso tale decisione, C.C. propone ricorso in Cassazione sulla base di 1 motivo articolato in più censure.

3.1 A.S.L. non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo ed unico motivo, il ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione di diritto in relazione: art. 111 Cost.: L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 11; art. 1362 c.c.; L. n. 392 del 1978, art. 9; L. 22 dicembre 1973, n. 841, art. 12; L. n. 431 del 1998, artt. 6 14; art. 167 c.p.c.; art. 426 c.p.c salvo altre disposizioni”.

Lamenta il C. con la prima censura che la Corte d’Appello ha errato perchè ha ritenuto il contratto di locazione non assoggettato alla disciplina dei patti in deroga perchè le parti non avevano espressamente previsto la rinuncia alla prima scadenza della disdetta del contratto da parte del locatore. Ma ciò ha fatto il giudice del merito solo basandosi su una lettura formalistica del contratto e non considerando la volontà delle parti.

Con la seconda censura si duole che la corte territoriale non abbia tenuto conto, in merito alle spese condominiali, che nel corso del giudizio in contraddittorio tra le parti vi sia stato l’accertamento degli oneri condominiali dovuti dal conduttore e che tale accertamento non è stato contestato.

Inoltre la sentenza è errata laddove ha ritenuto che gli oneri condominiali si prescrivono in due anni sulla base della L. n. 841 del 1973, art. 6 non considerando che la norma enunciata riguarda i servizi che sono cosa diversi dagli oneri. Ed inoltre il termine di prescrizione non opera in modo fisso ed automatico potendo le parti differire il pagamento degli oneri a conguaglio oppure a cessazione del rapporto. Ma in ogni caso l’eccezione di prescrizione era stata sollevata solo nelle difese successiva alla prima e quindi il giudice avrebbe dovuto ritenerla tardiva.

Infine con l’ultima censura il ricorrente lamenta che ha errato il giudice del merito perchè ha ritenuto la domanda relativa alla richiesta di pagamento delle bollette come domanda nuova quando in realtà già nell’atto di citazione era stato dedotto il mancato rispetto degli obblighi contrattuali e quindi con le memorie integrative si sarebbe trattato solo di specificazione delle domanda.

Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate.

Il ricorrente, infatti, non indica nè dove, nè da chi sia stato prodotto il contratto di locazione per cui è causa.

E’ principio consolidato di questa Corte che in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008).

Pertanto, come nel caso di specie, la mancanza di una sola delle indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011).

Anche la seconda censura è inammissibile perchè fa riferimento a spese e documenti non indicati specificatamente nel ricorso. Ciò comporta conseguentemente l’assorbimento della terza censura.

Anche la quarta censura va rigettata. Oltre il difetto di autosufficienza, comunque il giudice del merito ha correttamente valutato come nuova la richiesta di pagamento delle bollette effettuata con memoria integrativa alla stregua del principio secondo cui in tema di controversie in materia di locazione, come disciplinata dalla L. n. 353 del 1990, in base al combinato disposto di cui agli artt. 667 e 426 c.p.c., dopo che il giudice ha disposto il mutamento del rito, è consentito alle parti solamente il deposito di memorie integrative, che non possono contenere domande nuove, a pena di inammissibilità rilevabile anche d’ufficio dal giudice, non sanata neppure dall’accettazione del contraddittorio sul punto, con il solo limite della formazione del giudicato.

5. In considerazione del fatto che l’intimato non ha svolto attività difensiva non occorre disporre sulle spese.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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