Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16880 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/08/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 10/08/2016), n.16880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23140-2014 proposto da:

A.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE GERBINO giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 762/2014 del TRIBUNALE di TRAPANI, depositata

il 16/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. A.D. proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Trapani n. 196/202 del 10 maggio 2012, con la quale era stata dichiarata – per mancata iscrizione a molo nei termini indicati dal Giudice dell’esecuzione – l’estinzione del giudizio di merito instaurato a seguito di opposizione all’esecuzione proposta dal Comune di Castellammare del Golfo nell’ambito del procedimento esecutivo mobiliare presso terzi dinanzi al Tribunale di Trapani (R.G.E. n. 970/2010), volto al recupero di somme asseritamente dovute per competenze professionali maturate nei confronti del predetto Comune.

L’appellante censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui il Giudice di pace aveva ritenuto che il termine di instaurazione del giudizio di merito dovesse computarsi dalla data di iscrizione al molo e non dal momento della notifica dell’atto di citazione, determinando quest’ultima la regolare instaurazione del contraddittorio; chiedeva, inoltre, il rigetto dell’opposizione all’esecuzione proposta dal predetto Ente ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

Si costituiva il Comune di Castellamare che contestava quanto affermato dall’appellante e chiedeva la conferma della sentenza impugnata, insistendo nei motivi di opposizione già proposti dinanzi al Giudice di pace; in subordine, proponeva appello incidentale.

Il Tribunale di Trapani, con sentenza del 16 luglio 2014, accogliendo il primo motivo di gravame proposto dall’avv. A., riformava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato l’estinzione del giudizio; in accoglimento del primo e del terzo motivo dell’appello incidentale, sempre in riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’opposizione all’esecuzione e dichiarava la nullità del pignoramento presso terzi notificato dall’avv. A. all’Ufficio postale di (OMISSIS) e al predetto Comune e condannava l’avv. A. alle spese del doppio grado del giudizio di merito.

Avverso la sentenza del Tribunale l’avv. A.D. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Comune intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per non aver il tribunale rilevato che nella fattispecie in processo andava pertinentemente azionata la norma di cui all’art. 617 c.p.c. e non quella di cui all’art. 615 c.p.c.”.

Sostiene la ricorrente che l’inammissibilità della procedura di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli Enti locali presso soggetti diversi dai tesorieri e fondata su quanto previsto dalla L. 8 agosto 2000, n. 267, art. 159, comma 1 (e non del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 59, comma 1 come, per evidente lapsus calanti, indicato in ricorso) avrebbe dovuto essere dedotta dal Comune con opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e nel termine perentorio di giorni venti dalla notifica del pignoramento, in quanto con tale contestazione non era stato messo in discussione il diritto di procedere all’esecuzione forzata, bensì la procedibilità della stessa. Pertanto, essendo stato il ricorso in opposizione proposto oltre il predetto termine, l’opposizione proposta sarebbe improcedibile.

2. Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 art. 59 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per aver il tribunale dichiarato la nullità degli atti della procedura esecutiva ritenendo che il pignoramento fosse stato asseritamente eseguito presso soggetto diverso dal tesoriere”.

Assume la ricorrente che con l’esecuzione intrapresa sarebbero state aggredite somme non vincolate del Comune di Castellammmare del Golfo, come risulterebbe dalla dichiarazione resa da Poste Italiane S.p.a..

3. I motivi che precedono, i quali per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati.

Ed infatti integra un’opposizione all’esecuzione, perchè relativa alla stessa pignorabilità dei beni aggrediti, quella proposta da un Comune avverso la procedura di espropriazione intentata presso terzi diversi dal suo tesoriere, in violazione del divieto stabilito dalla L. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159, comma 1 (Cass. 4 giugno 2013, n. 14048), norma non correttamente indicata nei due motivi all’esame dalla ricorrente, come sopra già evidenziato.

Nella specie inoltre, nella dichiarazione resa da Poste italiane S.p.a., richiamata dalla stessa ricorrente, è espressamente specificato che “Poste Italiane S.p.A. non svolge servizio di tesoreria per il debitore” nè peraltro risulta censurato in alcun modo dalla ricorrente il motivato accertamento di fatto effettuato dal giudice di merito (v. sentenza impugnata p. 5), secondo cui la funzione di tesoriere del Comune di Castellammare del Golfo viene svolta in realtà dal Credito Siciliano S.p.a..

Pertanto nella specie l’atto di pignoramento è stato effettuato presso so etto diverso dal tesoriere dell’ente locale in parola.

4. Con il terzo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere il tribunale condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di primo e secondo grado”, la ricorrente lamenta che il Tribunale, pur avendo accolto il primo motivo dell’appello principale, l’abbia condannata alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito mentre avrebbe dovuto compensare dette spese.

4.1. Il motivo è infondato.

Si configura la violazione del precetto di cui all’art. 91 c.p.c. – che impone di condannare la parte soccombente al pagamento totale delle spese giudiziali, salvi i casi di compensazione totale o parziale delle stesse, come consentito dal successivo art. 92 c.p.c. – solo qualora il giudice ponga, anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass. 4/06/2007, n. 12963); nella specie, invece, il Tribunale ha motivatamente posto a carico dell’attuale ricorrente le spese del doppio grado del giudizio di merito sulla base della ritenuta prevalente soccombenza della stessa, evidenziandosi che: 1) l’identificazione della parte soccombente è rimessa al potere decisionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, con l’unico limite di violazione del già ricordato principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 16/06/2011, n. 13229); 2) il principio della soccombenza va applicato tenendo conto dell’esito complessivo della lite e 3) rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, purchè ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 92 c.p.c., comma 2 nel testo regione temporis applicabile, sicchè neppure sussiste la lamentata violazione della norma da ultimo indicata.

5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

6. Non vi è luogo a provvedere per le spese del presente giudizio di legittimità nei confronti dell’intimato, non avendo lo stesso svolto attività difensiva in questa sede.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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