Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16879 del 24/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16879 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: SCODITTI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso 27076-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatck in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo, rappresenta e difende;
– ricorrente 2014
2158

contro
NUOVA MAIP MACCHINE AGRICOLE INDUSTRIALI PIERALISI
SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato„ in ROMA LARGO SOMALIA 67,
presso lo studio dell’avvocato RITA GRADARA,
rappresentatQ e difeso dagli avvocati GASPARE

Data pubblicazione: 24/07/2014

FALSITTA, DOLFIN NICOLETTA giusta delega in calce;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 143/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 21/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SCODITTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato DOLFIN che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 10/06/2014 dal Consigliere Dott. ENRICO

Svolgimento del processo
Sulla base di p.v.c. notificato in data 30 luglio 2002, definito dalla contribuente
ai sensi dell’art. 15 I. n. 289/2002, l’Amministrazione finanziaria emetteva nei
confronti di Nuova M.A.I.P. Macchine Agricole Industriali Pieralisi s.p.a. avviso
di accertamento in rettifica della dichiarazione relativa all’anno 2000, nella
quale erano esposti a credito IRPEG, IRAP e IVA, accertando l’indebita

conseguenti maggiori imposte per IRPEG, IRAP e IVA. Il ricorso della
contribuente avverso l’atto impositivo veniva accolto dalla CTP. Proponeva
appello l’Ufficio, appello che la Commissione Tributaria Regionale delle Marche
rigettava motivando nel senso dell’illegittimità della condotta
dell’Amministrazione finanziaria la quale, dopo avere accettato il pagamento
dell’importo in base alla definizione del p.v.c., sulla base degli stessi
componenti di reddito contestati con tale p.v.c. ha preteso ulteriori importi.
Ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo
l’Agenzia delle Entrate. Resiste con controricorso la società contribuente.
Motivi della decisione
Con il ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 15 I.
n. 289/2002, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Deduce la ricorrente che
l’Ufficio si è limitato Itia diminuire l’importo a credito, corrispondente all’importo
delle indebite deduzioni accertate nel p.v.c., non avanzando alcuna richiesta di
pagamento di maggiori imposte, e che il condono incide solo sui debiti
tributari, ma non consolida i crediti non vagliati dall’Amministrazione
finanziaria.
Il ricorso è fondato. E’ stato già affermato da questa Corte, con
riferimento alla portata della norma di cui alla legge n. 289 del 2002, art. 9
comma 9, che “in generale, nell’ipotesi di operazioni inesistenti, in relazione
alle quali sia stato chiesto il rimborso dell’IVA (che l’ufficio ha motivo di
ritenere in realtà mai versata), l’erario non è tenuto, per automatico effetto del
condono, a procedere al rimborso ne’ gli e inibito l’accertamento diretto a
dimostrare l’inesistenza del diritto al rimborso.6.3.- Ciò perché il condono
fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera

i

deduzione di costi a utilizzazione pluriennale e di altri oneri e costi, con

sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali
restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio. 6.4.- Tale
conclusione – conforme a quanto ritenuto anche dalla Corte costituzionale
nell’ordinanza n. 340/2005, con pronunzia interpretativa di rigetto, cui
certamente non si attaglia la disposizione dell’art. 136 Cost., concernente il
diverso caso della dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma di

contenuta nella norma invocata, per cui “La definizione automatica non
modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni
presentate ai fini.., dell’imposta sul valore aggiunto”; la quale disposizione
deve essere interpretata nel senso che nessuna modifica di tali importi può
essere determinata dalla definizione automatica; non nel senso che questa
sottragga all’ufficio il potere di contestare il credito, ad es., per accertata
inesistenza dell’operazione commerciale da cui esso deriverebbe” (Cass. 12
gennaio 2009, n. 375). Si tratta di arresto coerente all’ordinanza del giudice
delle leggi richiamata, secondo cui la norma di cui all’art. 9, comma 10, I.
289/2002 “preclude bensì l’accertamento dei debiti tributari dei contribuenti
che hanno ottenuto il condono, ma non impedisce l’accertamento
dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la
natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non
sui loro crediti”, e “pertanto, nell’ipotesi di operazioni inesistenti per le quali
non sia stata versata l’IVA e per le quali sia stato richiesto il rimborso
dell’imposta, le censurate disposizioni non impongono affatto all’erario di
procedere al rimborso, nel caso di intervenuto condono fiscale, né inibiscono
accertamenti diretti a dimostrare l’inesistenza dell’invocato diritto al rimborso”
(Corte cost. 27 luglio 2005, n. 340).
La normativa va letta alla luce di Corte giust. 17 luglio 2008, causa C132/06, che ha ritenuto gli artt. 8 e 9 I. 289/2002, n. 289, nella misura in cui
integrano una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle
operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta,
incompatibili con il diritto comunitario. La conclusione cui la giurisprudenza di
questa Corte è giunta sulla base dell’interpretazione del diritto interno trova

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legge o di un atto avente forza di legge – non è impedita dalla disposizione,

quindi ulteriore conferma nella necessità di adeguamento, in sede
ermeneutica, dell’ordinamento interno a quello comunitario.
La conclusione, relativa all’art. 9 I. 289/2000, è agevolmente estendibile
all’ipotesi “minore” di cui all’art. 15 della medesima legge, nella quale oggetto
di definizione non è l’imposta, come nel caso dell’ad. 9, ma soltanto la lite
potenziale, come è reso evidente dal riferimento agli avvisi di accertamento

definizione di cui all’art. 15 si muove nella medesima logica della definizione di
cui all’art. 16, relativa alle liti fiscali pendenti, e cioè non in quella della
rinuncia all’accertamento dell’imposta, ma in quella della chiusura da parte
dell’amministrazione finanziaria di un lite (potenziale) a determinate condizioni
in funzione deflattiva (con un incasso quindi all’esito dell’azione accertativa).
Proprio sulla base di questa minor portata della definizione della lite, rispetto a
quella di cui all’art. 9, che invece rappresenta la definizione del tributo, le
sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto sottratta agli effetti della
pronuncia comunitaria la definizione di cui all’art. 16 (Cass. 17 febbraio 2010,
n. 3676). La mancata definizione del tributo, e l’effetto della definizione di cui
all’art. 15 limitato alla “transazione” della lite (potenziale) in relazione al debito
fiscale, rendono indipendente il rapporto giuridico relativo ai crediti che il
contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano così soggetti
all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio. La conclusione, ancora una
volta, è coerente all’orientamento di questa Corte. E’ stato infatti affermato
che “la Amministrazione ben può (e deve) disconoscere i crediti d’imposta
esposti nella dichiarazione relativa ad una annualità d’imposta oggetto di
definizione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15. Questa Corte ritiene infatti
con giurisprudenza del tutto pacifica che ogni condono o sanatoria ponga il
contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si
intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari,
conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate o
comunque spettanti, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione
agevolata ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto
eventualmente già corrisposto sulla linea del procedimento fiscale ordinario.

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per i quali non sono ancora spirati i termini per la proposizione del ricorso. La

Pertanto l’adesione del contribuente alle sanatorie fiscali previste dalla L. 27
dicembre 2002, n. 289, art. 15, è ostativa al rimborso di crediti di imposta
asseritamene spettanti” (Cass. 8 settembre 2008, n. 22559).
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia ad altra
sezione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, che provvederà

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 giugno 2014.

anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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