Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16877 del 19/07/2010

Cassazione civile sez. I, 19/07/2010, (ud. 09/07/2010, dep. 19/07/2010), n.16877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 24504 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2009, proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in Roma, Corso del

Rinascimento n. 11, presso l’avv. PELLEGRINO GIOVANNI che, con gli

avv.ti Giancarlo Violante Ruggi d’Aracona e Antonio Catalioto, lo

rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –

contro

RO.FO. elettivamente domiciliato in Roma, alla Via

Crescenzio n. 9, presso l’avv. CALDARERA MARIO che, anche

disgiuntamente con l’avv. Salvatore Raimondi, lo rappresenta e

difende, per procura in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè

1) P.N., in appello elettivamente domiciliato a Palermo, alla

Via M. Stabile n. 27, presso il difensore domiciliatario avv.

Aucelluzzo; 2) ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA e 3) REGIONE SICILIANA,

in persona dei rispettivi legali rappresentanti, ex lege domiciliati

in Roma presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimati –

e

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO;

– interventore necessario –

avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, 1^ sezione

civile, n. 1455/09 del 25 settembre – 7 ottobre 2009;

Udita, all’udienza del 9 luglio 2010, la relazione del Cons. Dott.

Fabrizio Forte;

Uditi gli avv.ti Pellegrino, Violante e Catalioto, per il ricorrente,

e gli avv.ti Caldarera e Raimondi, per il controricorrente, e il

P.M. Dott. ZENO Immacolata, che conclude per il rigetto del ricorso

incidentale e il rigetto del primo motivo, la inammissibilità del

secondo e l’assorbimento del terzo motivo del ricorso principale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 3 giugno 2009, accoglieva il ricorso di R.M., elettore del collegio elettorale di (OMISSIS) dichiarava ineleggibile ai sensi della L.R. siciliana 20 marzo 1951, n. 29, art. 10, comma 1, lett. f), come trasformato dalla L.R. 5 dicembre 2007, n. 22, art. 1, Ro.Fo., eletto alle elezioni dell’assemblea regionale siciliana del (OMISSIS), sostituendolo con C.S., primo dei non eletti nella lista “(OMISSIS)” cui apparteneva il Ro., dichiarando inammissibile la domanda del C. perchè proposta oltre il termine del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82.

I ricorrenti avevano chiesto in via principale di dichiarare ineleggibile il Ro. perchè ricopriva, al momento della presentazione delle liste, le cariche di presidente regionale del M.C.L., Movimento Cristiano Lavoratori, di componente del consiglio d’amministrazione e presidente dell’E.F.A.L. – Ente Formazione Addestramento Lavoratori della Regione siciliana e di componente del consiglio d’amministrazione dell’E.F.A.L. provinciale di Messina.

Il Ro. con l’eccezione di tardività e irricevibilità del ricorso, ai sensi del D.P.R. n. 360 del 1960, art. 82, aveva dedotto di avere cessato le sue funzioni nell’ambito dell’E.F.A.L. prima delle elezioni, contestando la fondatezza delle avverse domande.

Il R. e il C., che in via subordinata avevano dedotto anche una causa di incompatibilità del Ro. con domanda poi rinunciata, con memoria del 22 aprile 2009, anteriore alle conclusioni, avevano sostenuto dinanzi al tribunale che ì fatti a base della loro domanda integravano pure la causa di ineleggibilità di cui alla Legge elettorale siciliana n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. a), come sostituito nel 2007, chiedendo di dichiarare il Ro. ineleggibile anche per tale profilo.

Il tribunale adito, premesso che il termine del D.P.R. 570 del 1960, art. 82, era inapplicabile all’azione popolare del R., elettore e titolare di un diritto non condizionabile alla data della delibera dell’assemblea regionale di convalida degli eletti nè soggetto al termine perentorio di cui sopra, respingeva l’eccezione del Ro. di aver cessato le sue funzioni nell’E.F.A.L. nei termini di legge, non essendo presidente dell’ente regionale dal 29 dicembre 2006, come emergeva da un verbale del consiglio di amministrazione in atti della stessa data, da cui risultava che egli non era componente dello stesso a detta data, e avendo dato le dimissioni dal c.d.a. provinciale con lettera del (OMISSIS), accettate il successivo (OMISSIS), documenti in atti, qualificando detti documenti non idonei a far rilevare la cessazione dalle cariche alle date in essi indicate.

Il Tribunale ravvisava altresì la causa di ineleggibilità della L. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. f), come sostituito nel 2007, affermando l’esistenza di un’attività di vigilanza della Regione sull’E.F.A.L., con superamento di ogni altra domanda dei ricorrenti.

L’appello principale di P.N. e quello incidentale di Ro.Fo., che aveva comunque proposto analogo gravame anche in via autonoma, insistevano nell’eccezione di tardività del ricorso introduttivo, affermando inoltre che il primo giudice erroneamente aveva negato che la documentazione prodotta provasse che in fatto il Ro. era stato sostituito alla presidenza dell’Efal regionale con il verbale del 29 dicembre 2006 e che si era dimesso dall’ente provinciale nel febbraio 2008, per cui, allorchè era stato candidato, era inesistente la causa d’ineleggibilità.

Il P. osservava che l’E.F.A.L. non poteva qualificarsi ente soggetto a tutela, vigilanza o controllo della Regione, perchè i controlli di questa erano limitati a singoli “progetti” finanziati e non si estendevano alla vita associativa nè vi era dipendenza, tutela o vigilanza da parte della Regione per l’ente di formazione professionale. Lo stesso appellante contrastava le altre cause di ineleggibilità e incompatibilità ritenute superate dal primo giudice, perchè non sussistenti in diritto, in assenza di finanziamenti dalla Regione per tutta l’attività dell’E.F.A.L. ed essendo le norme in materia di eleggibilità di stretta interpretazione, dovendosi preferire di regola la volontà degli elettori.

Il Ro. censurava la sentenza del tribunale per avere ritenuto che l’E.F.A.L. appartenesse agli “enti dipendenti dalla Regione o soggetti alla sua tutela o vigilanza”, concernendo il controllo contabile esercitato in sede regionale i singoli progetti di formazione e non riguardando la intera vita associativa.

Il Ro. deduceva inoltre l’inapplicabilità all’E.F.A.L., associazione di fatto senza personalità, della disciplina del registro delle imprese, con conseguente irrilevanza della mancata registrazione del dedotto avvicendamento delle cariche associative.

La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 7 ottobre 2009, ha accolto per quanto di ragione i gravami del P. e del Ro., escludendo la configurabilità della causa di ineleggibilità della L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. f), come sostituito nel 2007, e ritenendo precluso l’esame della condizione di ineleggibilità di cui all’art. 10, lett. a), della stessa legge regionale, non riproposta dagli appellati, con compensazione delle spese di causa.

La decisione del tribunale è stata quindi riformata dalla Corte d’appello di Palermo, che ha ritenuto inesistente la dipendenza, tutela e vigilanza della Regione sull’E.F.A.L., essendo i contributi della prima al secondo solo eventuali e non relativi ad ogni aspetto della vita dell’ente, considerando assorbita ogni questione sulla permanenza delle funzioni del Ro. nell’ente al momento della presentazione delle liste.

La Corte ha negato la dipendenza dell’E.F.A.L. dalla Regione, non essendo l’ente mero strumento di attuazione di funzioni amministrative di questa, la quale solo eventualmente e in rapporto a singole attività finanziava la formazione professionale. Ha escluso anche la vigilanza dalla Regione sugli enti di cui il Ro. era gestore o amministratore, che avrebbe reso ineleggibile il Ro., e quindi, in riforma della sentenza di primo grado, ha affermato la eleggibilità del Ro..

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso notificato il 13 novembre 2009 il R. con tre motivi, cui resiste, con controricorso e ricorso incidentale di due motivi, il Ro.; dette parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c., mentre non hanno svolto attività difensiva la Regione e l’Assemblea regionale siciliana.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto disporsi la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

1. Va esaminato in via pregiudiziale il motivo di ricorso incidentale del Ro. che denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82, in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere ritenuto inammissibile anche il ricorso elettorale del R., proposto oltre trenta giorni dopo la data finale di pubblicazione della delibera assembleare di convalida dell’elezione, in accoglimento dello stesso motivo di appello del ricorrente.

L’eventuale accoglimento di tale motivo del ricorso incidentale precluderebbe l’esame dell’altro profilo della stessa impugnativa, che censura la mancata espressa dichiarazione di inammissibilità della domanda di ineleggibilità per la causa della L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. a), come poi sostituito e dell’intero ricorso principale del R., negando la stessa giustiziabilità dell’azione e la legittimazione dello stesso al ricorso per cassazione. Deduce il Ro. che il D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82, stabilito che “le deliberazioni adottate in materia di eleggibilità” dalle assemblee elettive “possono essere impugnate da qualsiasì cittadino elettore” o “da chiunque altro vi abbia diretto interesse”, sancisce: che “la impugnativa è proposta con ricorso, che deve essere depositato nella Cancelleria entro trenta giorni dalla data finale di pubblicazione della deliberazione”. La lettera della legge non consente un’interpretazione che distingua la posizione degli elettori da quella degli altri interessati o affermi che i primi sono dotati di diritti soggettivi indisponibili e non soggetti a termini di decadenza a differenza dei secondi, le cui posizioni soggettive non possono azionarsi dopo trenta giorni dalla data finale della pubblicazione della delibera assembleare, essendo la convalida dell’assemblea elettiva presupposto processuale dell’azione elettorale (si cita dal ricorrente Cass. 11 dicembre 2007 n. 25946), alla quale occorre collegare il termine per chiedere l’accertamento della causa di ineleggibilità, onde non assoggettare a un permanente stato d’incertezza la condizione degli eletti e non consentire la contestazione di tale stato dai cittadini elettori in ogni tempo.

2. In ordine al motivo di ricorso incidentale che precede deve osservarsi che la Corte territoriale ha rigettato il gravame del Ro. sul punto, avendo il Tribunale chiarito che l’azione popolare del R. si fonda su posizioni di diritto soggettivo di elettorato attivo e passivo non condizionabile da atti di terzi e non è soggetta al termine di decadenza del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82, essendo la domanda dell’elettore autonoma dalla pubblicazione del deliberato dell’assemblea, che non è presupposto nè oggetto dell’azione, esercitabile anche in assenza di deliberazione assembleare (in tal senso, con la decisione citata in ricorso, cfr. pure Cass. 21 gennaio 2009 n. 1569 e 21 luglio 2008 n. 20092).

La Corte di merito ha affermato che la lettera della legge è compatibile con la scelta ermeneutica dei giudici di primo grado di ritenere inapplicabile il termine perentorio di trenta giorni di cui sopra all’azione popolare, che può esercitarsi indipendentemente da tale atto presupposto e anche in assenza d’una decisione assembleare di convalida delle elezioni.

Rileva il Collegio che giustamente la sentenza impugnata ha negato che possa condizionarsi a qualsiasi atto di terzi e al rispetto del termine perentorio suindicato la proposizione di un’azione esercitabile autonomamente e senza necessità di provvedimento da impugnare (così già Cass. 12 aprile 1994 n. 3407), con chiara interpretazione letterale e logica della legge, che comporta la infondatezza del motivo del ricorso incidentale del Ro. (con le sentenze già citate cfr. pure Cass. 16 luglio 2005 n. 15134; 28 luglio 2004 n. 14191; 21 agosto 2007 n. 14199).

3.1. Il primo motivo di ricorso principale del R. denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. siciliana 20 marzo 1951, n. 29, art. 10, comma 1, lett. f), come sostituito dalla L.R. 5 dicembre 2007, n. 22, art. 1.

Tale norma regola la causa di ineleggibilità connessa all’essere “amministratori e dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale, di istituti, consorzi, aziende, agenzie ed enti dipendenti dalla Regione ovvero soggetti alla sua tutela o vigilanza”.

Il Ro. è stato presidente dell’Ente formazione professionale addestramento lavoratori (E.F.A.L.) della Regione siciliana e componente del consiglio di amministrazione dell’E.F.A.L. provinciale di Messina e la Corte di merito ha erroneamente escluso che quest’ultimo sia ente dipendente dalla Regione, cioè mero strumento di esecuzione delle disposizioni di questa, in ragione dei poteri di ingerenza nella gestione, amministrativa e tecnica, dell’attività di formazione professionale, servizio che la L. 21 dicembre 1978, n. 845, art. 3, (Legge – quadro in materia di formazione professionale) riserva alla Regione.

Le affermazioni della sentenza impugnata, in ordine alla assenza di dipendenza dell’E.F.A.L. dalla Regione, che approva i progetti predisposti dall’ente e li finanzia, ma non può dare disposizioni concrete sulla loro esecuzione, che comunque riguarda un servizio pubblico per suo conto svolto da un altro soggetto che non ha un vero e proprio obbligo di adempiere ai compiti prefissati dalla Regione per l’espletamento del servizio di addestramento professionale, secondo il ricorrente sono apodittiche e meramente assertive, in rapporto ai principi enunciati nella materia dalla Cassazione (si citano in ricorso Cass. 15 maggio 2008 n. 12290, relativa ad una ineleggibilità per deputato regionale siciliano, e Cass. 18 luglio 2008 n. 20055), e non danno rilievo nel caso concreto alla legge statale quadro citata e a quella L.R. siciliana del 6 marzo 1976, n. 24, nella stessa materia, che sono le fonti regolatrici del rapporto tra soggetto finanziatore dei corsi di formazione, per milioni di Euro all’anno, e soggetto finanziato. Secondo il R., ancor più lontana dalle norme citate è la negazione di un rapporto di controllo di legittimità e di vigilanza nel merito della Regione siciliana sull’E.F.A.L. nelle sue articolazioni regionale e provinciale. La L. n. 845 del 1978, conferisce infatti alle Regioni il potere di predisporre “programmi pluriennali e piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale” e consente ad esse di avvalersi per la loro attuazione di “enti che siano emanazione delle organizzazioni democratiche e nazionali dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori o di associazioni con finalità formative e sociali o di imprese e loro consorzi o del movimento cooperativo”. L’art. 5 di detta legge stabilisce che gli enti che organizzano la formazione professionale devono “accettare il controllo della regione, che può effettuarsi anche mediante ispezioni”.

Le norme regionali siciliane già citate chiariscono che la formazione professionale è diretta a realizzare un servizio di interesse pubblico di competenza regionale e che a tale fine l’Assessorato al lavoro può utilizzare enti che abbiano come fine istituzionale la formazione professionale stessa. Il piano regionale annuale per la formazione professionale deve prevedere che questa si attui in centri appositi, il cui funzionamento e la cui organizzazione sono stabiliti con regolamento interno predisposto dalla commissione regionale e approvato dall’assessore al lavoro; il personale dipendente di tali enti, per quanto rileva in questa sede, è incluso in un apposito albo regionale e ad esso è garantito il trattamento economico previsto dai contratti nazionali di lavoro di categoria, il cui costo è a carico della Regione. Varie circolari dell’assessore regionale al lavoro hanno dato disposizioni sui corsi di formazione professionale e, già per tale profilo, gli enti che li gestiscono potrebbero, per il ricorrente, qualificarsi “dipendenti” dalla Regione. La Corte di merito ha invece affermato che un rapporto di dipendenza non sembra ravvisatale nel caso di specie, raggiungendo conclusioni analoghe, e nella sostanza apodittiche, anche per negare una relazione di controllo o di vigilanza tra la Regione e l’E.F.A.L..

Deduce il ricorrente principale che non v’è una connotazione unica del rapporto di “vigilanza”, anche se in dottrina si da rilievo al dato funzionale e non a quello strutturale, essendo esso previsto solo per la realizzazione di interessi pubblici che sottostanno alle relazioni tra vigilante e vigilato, al quale ultimo può essere sempre revocato ogni contributo, all’esito dell’attività ispettiva della Regione. Deduce ancora che la penetrante ingerenza della Regione siciliana nelle attività degli enti gestori dei corsi di formazione professionale ha fatto riconoscere, dalle sezioni unite della Cassazione, la giurisdizione contabile per il giudizio di responsabilità degli amministratori degli enti di formazione professionale e il richiamo a tale giurisprudenza si è ritenuto inutile dalla Corte d’appello per individuare la natura del rapporto tra Regione ed E.F.A.L., in contrasto con S.U. n. 715/02 (22 gennaio 2002 n. 715), che evidenzia come l’attività di organizzazione dei corsi sia finanziata e soggetta a controllo totale della Regione.

Ad avviso del R., il fatto che gli enti siano liberi di non programmare corsi di formazione e di non chiederne il finanziamento, ritenuto determinante per affermare la inesistenza di collegamenti impeditivi della eleggibilità dalla sentenza impugnata, è in concreto irrilevante perchè, al momento della elezione del Ro., che ancora non aveva cessato le sue funzioni nell’ente, l’E.F.A.L. riceveva contributi regionali ammontanti ad oltre tre milioni di Euro l’anno per i corsi di formazione in sede regionale e nella provincia di Messina e doveva qualificarsi dipendente o almeno soggetto a vigilanza della Regione siciliana.

3.2. Il secondo motivo del ricorso principale denuncia la violazione dell’art. 113 c.p.c., e del principio “jura novit curia”, perchè il fatto a base della domanda di declaratoria d’ineleggibilità del Ro. quale organo e amministratore dell’E.F.A.L., a base dell’azione popolare del R., rimane identico anche per la richiesta di declaratoria di ineleggibilità ai sensi della lett. a), anzichè della L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. f), come successivamente modificata.

Questa constatazione esclude secondo il ricorrente la novità della seconda domanda, trattandosi di mera emendatio libelli, come del resto riconosciuto dalla stessa Corte di merito, che non ha negato la valutabilità di essa in primo grado, anche se contenuta nella memoria depositata solo prima delle conclusioni. Sono chiari, secondo il R., l’errore e la contraddizione in cui è incorsa la Corte di merito nel ritenere preclusa la domanda, non ripetuta formalmente con la costituzione in secondo grado dagli appellati, di dichiarare ineleggibile il Ro. anche ai sensi della L. del 1951, art. 10, comma 1, lett. a), modificata nel 2007.

Il Ro., sul presupposto che la memoria delle controparti in primo grado del maggio 2009 non gli era stata notificata, ha replicato nel suo controricorso, deducendo che su tale domanda non era stato instaurato il contraddittorio e non si era avuta pronuncia del tribunale, ed ha proposto apposito motivo di ricorso incidentale contro la decisione d’appello, per non avere dichiarato espressamente inammissibile la domanda proposta in primo grado di ineleggibilità del Ro. in aggiunta a quella del ricorso introduttivo.

3.3. Il terzo motivo del ricorso principale denuncia la disapplicazione della L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. a), sostituito nel 2007, per non avere la Corte di merito dichiarato ineleggibile il Ro. per tale causa, avendo egli ricoperto la carica di amministratore di un’associazione vincolata alla Regione, parificabile ad una “impresa privata” che trae detto vincolo dalla concessione del pubblico servizio di competenza regionale, costituito dalla istituzione e gestione dei corsi di formazione professionale, attività che comporta l’osservanza di norme generali e particolari e di vincoli a carico del concessionario nei confronti della Regione.

L’E.F.A.L. provinciale di Messina è infatti iscritto nel registro delle imprese private di quella città e quello regionale nel medesimo registro di Palermo (in ricorso sono indicati i numeri d’iscrizione), ed entrambi gli enti sono tenuti ad osservare oneri specifici per lo svolgimento del pubblico servizio esplicato con i corsi professionali. Viene infine dedotta in ricorso la mancata cessazione delle condizioni di ineleggibilità per il Ro. alla data della presentazione delle liste e delle candidature, da esaminare nel caso di accoglimento del ricorso in ordine alla astratta sussistenza di una delle cause di ineleggibilità sopra descritte.

4. Nel controricorso il Ro. eccepisce l’inammissibilità del ricorso principale perchè prospetta principi del tutto difformi da quelli costantemente enunciati da questa Corte in materia di dipendenza o di vigilanza dalla Regione degli enti che attuano la formazione professionale, come l’E.F.A.L. nelle sue articolazioni regionale e provinciale di Messina, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

La Regione siciliana, come affermano i giudici del merito, manca di ogni potere di ingerenza nei confronti dell’E.F.A.L. che le consenta di dirigerne l’attività o di concorrere, quale vigilante, nella formazione della volontà del vigilato (il controricorrente richiama Cass. n. 19955/08 già citata e Cass. 18 ottobre 2006 n. 22346), non potendo comunque sciogliere o commissariare l’ente che si pretende oggetto della sua vigilanza (cita Cass. 24 luglio 2006 n. 16889).

Escluso che l’E.F.A.L. nelle indicate articolazioni sia mero strumento di attuazione della volontà della Regione e che tale conclusione possa derivarsi dal finanziamento dei corsi di formazione professionale, il controricorrente eccepisce la non autosufficienza del ricorso principale che non indica i punti decisivi o le parti della motivazione del giudice di merito affetti dal preteso vizio di motivazione su tale punto decisivo.

Il Ro. afferma inoltre l’insussistenza della causa di ineleggibilità che il primo motivo di ricorso principale sostiene, contenendo la legislazione della Regione siciliana un elenco di enti “dipendenti”, tra cui non figura l’E.F.A.L., ed aggiunge che la L.R. 17 marzo 2000, n. 8, prevede che gli enti strumentali debbano trasmettere alla Regione i loro bilanci, per l’acquisizione del parere sulla loro conformità alle norme di contabilità, e che a tale onere non è soggetto l’E.F.A.L. Nè può ritenersi sussistere un obbligo di tale ente di inserirsi nei programmi regionali contenuti nella legge finanziaria della Regione, nel bilancio di questa e nel patto di stabilità regionale; la stessa soggezione del bilancio di previsione alla approvazione dell’apposito dipartimento regionale non è prevista per l’E.F.A.L. e l’Assessore competente comunque non ha il potere, previa delibera della giunta, di scioglimento di esso, con la conseguenza, ad avviso del controricorrente, della infondatezza dell’azione popolare e del ricorso per cassazione del R..

4.1. Il primo motivo del ricorso principale pone la questione della individuazione dei rapporti tra Regione Sicilia ed enti che esercitano il servizio pubblico della formazione professionale, come l’E.F.A.L., del quale il R. afferma che il Ro. era presidente in sede regionale e componente del consiglio di amministrazione per l’ente provinciale di Messina, alla data della presentazione delle candidature per le elezioni dell’assemblea regionale del 13 e 14 aprile 2008, data che, ai sensi della L. 2 luglio 2004, n. 165, art. 2, attuativa dell’art. 122 Cost., è quella in cui devono cessare le attività che determinano le ineleggibilità e che corrisponde in concreto al periodo, dal trentunesimo al trentesimo giorno antecedente alla votazione, L.R. n. 29 del 1951, ex art. 14 bis, introdotto dalla L.R. 3 giugno 2005, n. 7, art. 17.

Questa Corte, al fine di individuare i rapporti di dipendenza, controllo e vigilanza tra la Regione e gli enti i cui organi e amministratori non sono eleggibili in ragione di tali tipi di relazioni con il detto soggetto pubblico, ha sempre affermato che essi devono fondarsi non su generici o astratti poteri di indirizzo politico o amministrativo della Regione sugli enti operativi, ma su una concreta potestà di ingerenza della Regione stessa, che si manifesta in poteri di direzione o controllo degli enti indicati e delle loro attività o atti, il che è di regola previsto anche in via normativa quando tali soggetti privati esercitino compiti inerenti a quelli istituzionali della Regione, che nel caso deve avere significativi poteri di vigilanza e controllo (nello stesso senso, Cass. 25 settembre 2007 n. 25944 e tutta la giurisprudenza sopra richiamata).

La ratio della previsione normativa delle cause di ineleggibilità alla data di presentazione delle candidature, cioè nel caso al 13 marzo 2008, è quella di evitare l’esistenza di posizioni che possano ledere la par condicio dei candidati in ragione di un’attività da loro svolta tale da determinare una posizione di privilegio per l’esercizio di funzioni socialmente utili e potenzialmente incidenti sulla volontà degli elettori, con l’uso strumentale degli enti di cui essi sono organi o amministratori, sui quali incide in vario modo la Regione per il cui organo legislativo essi si candidano, così creando un intrinseco potenziale conflitto di interessi nell’eletto, che può operare a favore dell’ente da cui proviene, quanto meno per ì finanziamenti cui aspira, con una evidente limitazione della piena libertà di questo nell’espletare l’alta funzione pubblica della carica cui l’elezione lo porterebbe. Quanto più pregnante è il potere di ingerenza regionale sulla vita dell’ente o associazione privata, di cui è organo o gestore il candidato, tanto maggiore è il rischio del conflitto di interessi, che emerge sicuramente nel caso di “direzione” dalla Regione dell’attività svolta dall’ente, quando essa possa sostituirsi nell’esprimere la volontà del soggetto controllato, che si qualifica “strumentale” per la realizzazione di servizi di interesse pubblico per conto della amministrazione regionale, cui gli stessi competono. In tale ipotesi si afferma esservi la “dipendenza”, di cui alla norma sull’eleggibilità, che può comportare la scelta da parte della Regione degli organi degli enti che siano con essa in tale rapporto e può dar luogo anche al potere della Regione di scioglimento dell’ente dipendente (sul concetto, cfr. Cass. 26 luglio 2006 n. 16889).

Osserva il Collegio che non è ravvisabile nella specie una ingerenza della Regione così pregnante da configurare un rapporto di “dipendenza”, ma che dal quadro normativo di riferimento emerge che la Regione è un soggetto pubblico che “si avvale” dell’E.F.A.L., suo strumento operativo per svolgere una attività che ad essa compete per suo conto, che comunque rimane un soggetto privato che collabora nel perseguimento di interessi e obiettivi pubblici propri dell’ente territoriale e, per tale profilo, è comunque sottoposto a controllo e vigilanza funzionale della Regione, almeno in rapporto all’uso dei finanziamenti ricevuti e alla realizzazione dei fini per i quali essi sono stati erogati. Ritiene questa Corte pertanto che si configuri una ipotesi di vigilanza e controllo nei rapporti tra la Regione e l’E.F.A.L., come emerge dalla lettura della normativa che regola l’attività di formazione professionale svolta da tale ente, tanto che esattamente si afferma nella giurisprudenza di legittimità che i suoi amministratori sono soggetti alla giurisdizione contabile per l’accertamento della loro responsabilità per danno erariale connesso all’espletamento del servizio in caso di distrazione o abuso dei fondi pubblici destinati alla formazione (con la S.U. ord. n. 715 del 2002, richiamata in ricorso, cfr. pure S.U. 5 giugno 2008 n. 14825 relativa proprio agli enti di gestione di corsi di formazione professionale e S.U. 3 marzo 2010 n. 5019 per quelli attuativi di ogni servizio pubblico).

4.2. La formazione professionale costituisce, come già detto, servizio “di interesse pubblico” (Legge quadro citata n. 845 del 1978, art. 2) di competenza della Regione che ne regola la attuazione con propria legge (per la Sicilia la già detta Legge 6 marzo 1976, n. 24), avendo potere legislativo esclusivo nella materia, ai sensi del novellato art. 117 Cost..

L’ente di cui il Ro. è stato presidente regionale e componente del consiglio di amministrazione nella provincia di Messina opera come strumento di attuazione dei piani e della programmazione della Regione Sicilia nella materia della formazione professionale, di cui all’art. 5 della legge quadro, e già tale evidenza comporta un conflitto di interessi ovviamente potenziale, per l’eletto, che può abusare della posizione di componente l’assemblea regionale, per incidere sui programmi indicati e favorire l’ente di cui è gestore, già in tale fase preparatoria di ogni altro intervento successivo per la formazione.

La natura non pubblica dell’E.F.A.L., costituente emanazione di un’associazione con finalità formative e sociali senza scopo di lucro, quale è il M.C.L., pur imponendo l’autonomia gestionale dell’ente, è compatibile con la vigilanza e il controllo necessari da parte della Regione, che può svolgere direttamente la funzione di addestramento professionale ovvero darla in concessione a terzi, come accaduto con l’E.F.A.L..

La Regione infatti promuove, programma, dirige e coordina le iniziative di formazione professionale (art. 1, L.R. cit.) e finanzia i corsi (art. 3), potendo l’assessore regionale del lavoro e della cooperazione “avvalersi”, ovvero servirsi, degli enti che abbiano per fine istituzionale la formazione professionale (art. 4, lett. a e b), autorizzando i corsi in centri di formazione la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati da regolamento interno, il cui modello è elaborato da apposita commissione regionale (artt. 8 e 15).

Anche a non definire strumentali gli enti di cui la Regione, secondo le norme, si avvale, dal dato legislativo emerge con chiarezza la loro soggezione a vigilanza regionale per l’espletamento dei compiti loro affidati in modo conforme a quanto stabilito nei piani e nella programmazione regionale. Già per le ragioni indicate risulta chiara la ingerenza della Regione nella scelta degli enti di cui avvalersi.

La Regione interviene con l’autorizzazione e regolamentazione degli enti e dei corsi che essi offrono e in caso di carenze tecnico – didattiche della formazione l’assessore regionale al lavoro può sospendere l’attività dell’ente e, nei casi più gravi, revocare i contributi concessi (art. 10), in conseguenza della attività ispettiva sul soggetto privato.

La normativa regionale impone inoltre che gli enti che forniscono il servizio della formazione professionale si avvalgano solo del personale docente iscritto in apposito albo regionale (art. 14) e l’assessore al lavoro è tenuto a sottoporre alla commissione legislativa della assemblea regionale una relazione sullo stato di attuazione del piano regionale per la formazione (art. 18). L’assessore regionale al lavoro e quindi la Regione sono dotati delle funzioni di vigilanza e controllo cui fa espresso riferimento la L. n. 24 del 1976, art. 19, che all’espletamento di tali funzioni prevede siano autorizzati funzionari regionali; l’art. 20 della stessa legge regionale prevede altresì che “per il controllo e la vigilanza sulla gestione amministrativa, tecnica e finanziaria delle attività di addestramento professionale dei lavoratori, l’Assessorato … si avvarrà anche degli uffici periferici del lavoro operanti nel territorio della Regione”.

Sono quindi chiari gli elementi normativi che attribuiscono poteri di ingerenza immediata della Regione sull’E.F.A.L., in quanto il suo assessore al lavoro “dirige e coordina le iniziative di formazione professionale”, come afferma il regolamento attuativo della legge (Decreto Presidente della Regione 9 marzo 1976), per cui le ingerenze del governo regionale si manifestano sia ai fini della verifica funzionale dell’E.F.A.L. che in rapporto al controllo, non solo contabile e di legittimità, ma anche ispettivo e di merito, nelle strutture dell’ente, con la conseguenza che non è dubitabile, anche per tale profilo, che, a causa della indicata vigilanza, il rappresentante o l’amministratore di un ente per la formazione oggetto di tali manifestazioni di ingerenza non è eleggibile, ai sensi della L. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. f), come sostituito.

Il primo motivo di ricorso è quindi fondato, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale, salva la prova, da verificare nel merito – tenuto conto che nella materia elettorale la Corte di Cassazione è giudice non solo di legittimità, ma anche di merito – della cessazione dell’incarico del Ro. di presidente dell’E.F.A.L. regionale o di componente del consiglio di amministrazione dell’E.F.A.L. provinciale di Messina alla data della presentazione della sua candidatura alle elezioni regionali siciliane del (OMISSIS), la quale renderebbe inefficace la causa d’ineleggibilità riscontrata.

5. L’ancoraggio ad una data certa della cessazione dell’attività di presidente dell’E.F.A.L. regionale e di componente del consiglio di amministrazione provinciale i dubbi che hanno fatto escludere al Tribunale di Palermo la prova della tempestiva rimozione della causa di ineleggibilità per il Ro..

La produzione del solo c.d. verbale del consiglio di amministrazione dell’E.F.A.L. regionale del 29 dicembre 2006, in luogo della delibera dell’assemblea dell’ente dello stesso giorno che “nel rispetto delle nome statutarie segnala D.S.V. quale presidente regionale” in sostituzione del Ro. (le parole tra virgolette sono estratte dal verbale), se dimostra che il documento esisteva alla data in cui il notaio Dr. L.V. di (OMISSIS) ha accertato la conformità all’originale della copia a lui esibita ((OMISSIS)), è inidonea a provare la provenienza e la veridicità del contenuto dell’atto, rimasto interamente interno all’ente da cui proviene, non essendo lo stesso redatto su fogli vidimati e numerati e non avendo un numero di protocollo o di registro che ne confermi l’inserimento in una sequenza temporale degli atti e verbali dell’E.F.A.L. stesso.

L’assenza di un notaio o di un pubblico ufficiale che abbia accertato l’effettivo svolgimento dell’attività descritta nel documento alla data in esso indicata rende questo irrilevante ai fini della prova della cessazione delle cariche associative nell’E.F.A.L. regionale del Ro. prima del (OMISSIS), essendo l’atto comunque inopponibile ai terzi per la mancanza della pubblicità dichiarativa dell’avvicendamento nelle cariche di cui al D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, art. 4, nel registro, cui lo stesso ente non risulta neppure iscritto, come indica la missiva della Prefettura in atti del 24 giugno 2009. La inidoneità della documentazione prodotta dal Ro. a provare con piena certezza la sua cessazione dalle cariche ricoperte nell’E.F.A.L. regionale nel marzo 2008 deriva anche dal fatto che la comunicazione di tale vicenda e della connessa modifica del c.d.a. e dello statuto erano da inviare entro trenta giorni dall’approvazione del piano formativo all’Assessorato regionale al lavoro che, invece, con missiva del 24 febbraio 2009 allegata in atti ha attestato che non era stata apportata alcuna modifica alla composizione del c.d.a. ed ha rilasciato in copia una serie di istanze presentate per finanziamenti, tra le quali solo quella dell’ottobre 2008 risulta presentata dal nuovo presidente e legale rappresentante dell’E.F.A.L. regionale D.S. invece che da delegati del Ro..

Se si tiene altresì conto che dalla documentazione proveniente dalla Banca popolare di Lodi, presso la quale erano depositati i finanziamenti regionali per l’E.F.A.L., risulta che, alla data del 20 marzo 2009, il Ro. era ancora qualificato “amministratore” dell’E.F.A.L. Regione Sicilia e quindi riconosciuto come legittimato a ritirare i fondi dell’ente, deve concludersi che la cessazione di ogni attività del medesimo nel marzo 2008 per conto dell’ente indicato a livello regionale è rimasta indimostrata, essendo già sufficiente la legittimazione a disporre del danaro accreditato all’ente dalla Regione Sicilia nel 2009, indipendentemente da concreti atti di disposizione dello stesso, per escludere la pretesa cessazione dalla carica prima del marzo 2008.

E’ quindi da ritenere che il possibile svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di presidente dell’E.F.A.L. regionale, in assenza della trascrizione della cessazione dalla carica nel registro di cui al D.P.R. n. 361 del 2000, e di comunicazione di tale evento alla Camera di commercio, avvenuta solo nel maggio del 2008, e all’Assessorato regionale, che nessuna notizia del mutamento del consiglio di amministrazione aveva ricevuto nel febbraio 2309, valga univocamente a negare rilevanza al c.d. verbale del consiglio di amministrazione del 29 dicembre 2006 e ad escludere la cessazione dell’attività del Ro. nel marzo 2008. Deve pertanto dichiararsi la ineleggibilità del predetto a consigliere dell’assemblea regionale siciliana, restando assorbito ogni problema con riferimento all’E.F.A.L. provinciale di Messina e alle pretese tempestive dimissioni dal relativo consiglio di amministrazione.

5. Tenuto conto della peculiarità e difficoltà della controversia, emergente anche dalle diverse decisioni nei due giudizi di merito, la Corte dispone la compensazione delle spese dell’intero processo tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, accoglie il primo motivo del principale e dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale e incidentale. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la ineleggibilità di Ro.Fo. alla carica di consigliere regionale della Sicilia, lo dichiara decaduto da tale carica e proclama eletto in sua vece C.S.. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 9 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2010

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