Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16871 del 19/07/2010

Cassazione civile sez. I, 19/07/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 19/07/2010), n.16871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13987/2009 proposto da:

S.I. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso l’avvocato PANARITI

BENITO, rappresentato e difeso dall’avvocato MAVILLA Antonio, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.D., P.G. PRESSO LA PROCURA GENERALE DI BOLOGNA, COMUNE

DI BOLOGNA – SETTORE SERVIZI SOCIALI, CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA –

SEZIONE MINORENNI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 559/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 24/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/02/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato DOMENICO CALVETTA, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con la sentenza n. 7/09 del 19 gennaio 2009, il Tribunale per i minorenni di Bologna dichiarò lo stato di adottabilità dei minori L., o L., e S.G.I. – nati rispettivamente il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) -, orfani di madre e figli di S.I..

2. – Avverso tale sentenza quest’ultimo propose appello dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna, sezione per i minorenni, la quale – acquisita relazione psicosociale aggiornata sulla situazione dei minori -, in contraddittorio con l’appellante – il quale insistette per la integrale riforma della sentenza appellata -, con il tutore provvisorio dei minori e con il Procuratore generale presso la stessa Corte – i quali chiesero la conferma della decisione di primo grado – con la sentenza n. 559/2009 del 24 aprile 2009, rigettò l’appello.

In particolare, la Corte – dopo aver ricordato che i Giudici del Tribunale avevano ritenuto che “i minori dovevano considerarsi in stato di totale abbandono in quanto del tutto privi di riferimenti sia sotto il profilo materiale che psicologico in quanto inseriti in un ambiente familiare dedito ad attività illecite, in condizioni di malnutrizione ed in pessime condizioni igieniche e quindi necessitavano con urgenza di una collocazione in ambiente familiare idoneo a far fronte alle loro esigenze di vita ed a favorire un loro sviluppo educativo e relazionale idoneo” – ha osservato che: a) i Giudici di primo grado hanno giustamente posto in rilievo la gravità dei precedenti penali dell’appellante – il quale, pur non avendo subito una condanna per maltrattamenti in famiglia, ha commesso una serie di reati contro il patrimonio, a tali reati inducendo anche soggetti minorenni -, dai quali emerge l’inserimento dei figli minori del S. “in un contesto familiare e sociale del tutto indifferente alle loro esigenze di vita (…) ed indirizzati alla commissione di attività illecite”; b) l’attività lavorativa del S. “è risultata del tutto precaria”, ed anzi “dalle relazioni dei servizi sociali agli atti emerge che dopo la morte della madre, nel periodo in cui i minori erano rimasti affidati al padre anche nel periodo di convivenza con la R. erano di fatto privi di qualsivoglia assistenza ed in precarie condizioni sia fisiche che psicologiche”; c) dalla relazione aggiornata dei servizi sociali “emerge che allo stato entrambi i minori risultano aver intrapreso un programma di inserimento sociale in ambito sia scolastico sia relazionale, con esito positivo. In particolare L. risulta validamente inserito in comunità, ha un ottimo rendimento scolastico, non chiede notizie del padre e del suo originario nucleo familiare ed è pertanto del tutto pronto ad essere inserito in un nuovo nucleo familiare. Quanto al minore I. lo stesso è inserito nell’ambito della comunità e segue con profitto un percorso scolastico, anche se in taluni casi manifesta atteggiamenti aggressivi e provocatori nei confronti di soggetti minori (…) anche nei suoi confronti permangono i presupposti dello stato di abbandono e l’esigenza di un percorso autonomo rispetto alla famiglia di origine, posto che per altro (…) a breve raggiungerà la maggiore età (…)”; d) in conclusione, il diritto del minore ad essere allevato nella propria famiglia non esclude che, quando -come nella specie – la famiglia di origine risulta inadeguata a dare idonea assistenza, ed anzi la permanenza in essa può provocare gravi ed irreparabili danni nella prospettiva di una crescita equilibrata del minore, questo deve essere dichiarato adottabile.

3. – Avverso tale sentenza S.I. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura.

Le parti cui è stato notificato il ricorse, benchè ritualmente intimate, non si sono costituite nè hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo (con cui deduce: “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8, 10 e 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente considerato sussistente lo stato di abbandono dei minori S.L. e G.I. e aver violato il diritto ad essere educato dalla propria famiglia di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 1 e motivazione insufficiente, inesistente o meramente apparente su punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”) e con il secondo motivo (con cui deduce: “Omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa i rapporti tra il Sig. S. e i suoi figli minori e circa la valutazione delle relazioni dei servizi sociali in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente critica la sentenza impugnata sostenendo che i Giudici dell’appello: a) non hanno motivato in maniera sufficiente e convincente le ragioni per cui i suoi ormai trascorsi precedenti penali lo renderebbero, anche attualmente, inidoneo alla educazione ed al mantenimento dei figli;

b) non hanno tenuto conto degli elementi istruttori attestanti la sussistenza di buoni rapporti tra lui ed i figli; c) hanno affermato l’inadeguatezza della personalità paterna, senza indicare alcun elemento probatorio di supporto; d) hanno affermato il carattere precario dell’attività lavorativa da lui svolta, senza tener conto nè della documentazione attestante invece una sufficiente continuità dell’attività di lavoro autonomo debitamente fatturata, nè del lavoro prestato presso la “(OMISSIS)”; e) non hanno tenuto conto dei rapporti affettuosi e premurosi esistenti tra i minori e la propria convivente, R.S., la quale ha una stabile attività lavorativa; f) hanno omesso qualsiasi opportuna attività istruttoria in merito alle circostanze dianzi evidenziate – come l’audizione della Signora R. – e, in particolare, ingiustificatamente negato ingresso alla perizia psicologica chiesta relativamente al minore L.; g) hanno totalmente ignorato le considerazioni contenute nella relazione dei servizi sociali del 9 aprile 2009, ove si prospetta positivamente la possibilità di sperimentare nuovi rapporti tra il padre ed i figli.

2. – Il ricorso non merita accoglimento.

2.1. – Preliminarmente, va dichiarata l’irricevibilità dei documenti prodotti unitamente al ricorso.

Infatti, premesso che tali documenti attengono non già alla nullità della sentenza impugnata o all’ammissibilità del ricorso (art. 372 cod. proc. civ.), bensì alla fondatezza di esso, è noto che, secondo diritto vivente, l’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 5, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto e che tale prescrizione, dovendo essere correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, deve ritenersi, in particolare, soddisfatta, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile (cfr.

l’ordinanza n. 7161 del 2010, pronunciata a sezioni unite).

Orbene, nella specie, mancano del tutto le predette specificazioni ed indicazioni, dal contenuto del ricorso risultando soltanto il richiamo dei documenti depositati unitamente al ricorso stesso;

inoltre, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente ha omesso di riprodurre testualmente l’intero contenuto dei documenti richiamati, limitandosi a citare soltanto alcuni brani di essi – ovviamente favorevoli alle argomentazioni svolte a sostegno delle censure -, con la conseguenza che è impedito – a questa Corte la verifica della fondatezza delle stesse censure, nella parte in cui denunciano vizi di motivazione della sentenza impugnata.

2.2. – Tanto premesso, tutte le censure sono prive di fondamento.

Va osservato, innanzitutto, che la sentenza impugnata è, nel complesso, adeguatamente motivata e priva di omissioni od errori logico-giuridici e risponde puntualmente alle critiche mosse dal S. alla decisione di primo grado sui punti che costituiscono anche oggetto delle censure formulate in questa sede.

In particolare, quanto alle censure di cui supra, n. 1., sub a)-c) ed e) – le quali investono la questione dell’idoneità del S. alla cura ed al benessere dei figli minori -, va detto che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i Giudici a quibus non si sono limitati ad ancorare l’affermata inidoneità del padre ai suoi trascorsi penali – peraltro molto gravi -, ma hanno sottolineato anche l’inidoneità, sul piano etico, psicologico e materiale, dell’ambiente familiare per i minori, precisando che l’infelice esperienza vissuta dagli stessi nel corso del periodo di affidamento al padre (e, di fatto, alla sua convivente, R. S.) non costituisce certamente prognosi favorevole, nella permanenza di tale affidamento, per il futuro benessere dei minori medesimi. Ciò, tanto più se raffrontato alle valutazioni sulle attuali condizioni dei minori contenute nelle relazioni aggiornate dei servizi sociali, dalle quali si evince una situazione dei minori medesimi complessivamente tranquillizzante sia per l’attualità che per il futuro. Per il resto, le censure si risolvono in inammissibili tentativi di sollecitare il riesame delle valutazioni di merito compiute dai Giudici dell’appello, precluso in questa sede.

Quanto alla censura di cui supra, n. 1., sub d) -la quale investe la questione dell’attività lavorativa del S. -, ribadita l’irricevibilità dei documenti prodotti al riguardo, per le ragioni dianzi esposte, va sottolineata l’ovvia irrilevanza, se considerata di per sè sola, di tale circostanza, in quanto non sussiste un nesso di reciproca e necessaria implicazione tra lo svolgimento sia pur corretto e soddisfacente – di un’attività lavorativa del genitore e l’idoneità dello stesso ad assicurare il benessere fisico e psichico dei figli minori.

Quanto alle censure di cui supra, n. 1., sub f) e g), le stesse sono inammissibili, perchè la prima sottopone a critiche assolutamente generiche il mancato esercizio, da parte dei Giudici a quibus, di poteri istruttori, senza specificare la rilevanza decisiva delle relative richieste, e perchè la seconda denuncia l’omessa considerazione di un documento già dichiarato irricevibile.

3. – Non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione prima Civile, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2010

 

 

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