Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16869 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/08/2016, (ud. 30/03/2016, dep. 10/08/2016), n.16869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO P.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15637-2013 proposto da:

M.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.

MAZZINI 131, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE EGIDIO

ZACCARIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSA

ZACCARIA giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE ROMA in persona del sindaco Prof. M.I.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO SAVONAROLA 6, presso

lo studio dell’avvocato SERGIO TORRI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RODOLFO MURRA giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

SALES SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 203/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato ROSA ZACCARIA;

udito l’Avvocato ANNA DI LELLA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La presente controversia ha ad oggetto un sinistro stradale.

Nel 2004, M.V. convenne in giudizio il Comune di Roma per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti, a seguito del sinistro avvenuto nel (OMISSIS), allorquando a bordo del proprio ciclomotore all’altezza del ponte (OMISSIS), in direzione (OMISSIS), nell’effettuare la manovra di svolta a sinistra perse il controllo del mezzo, a causa del cedimento dell’asfalto e cadde sull’asfalto riportando lesioni personali.

Si costituì il Comune di Roma contestando la sua responsabilità e chiedendo di essere autorizzato a chiamare in garanzia la Società Sales S.r.l., appaltatrice dei lavori di manutenzione e sorveglianza della strada e del ponte oggetto del giudizio Si costituì anche la società contestando la fondatezza della domanda.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza 20568/2007, accolse la domanda dell’attore e condannò il Comune al pagamento della somma di 41.213,29, oltre interessi, e la società appaltatrice della manutenzione stradale a tenere indenne il Comune nella misura del 50% delle somme liquidate.

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 203 del 14 gennaio 2013. Ha ritenuto il giudice del merito che l’incidente occorso all’attore si sarebbe verificato, secondo le allegazioni dell’atto introduttivo, a causa delle irregolarità del manto stradale caratterizzato dalla manifesta sovrapposizione di sampietrini e asfalto, e non di un imprevisto ed imprevedibile cedimento della pavimentazione tale da ingenerare una responsabilità extracontrattuale della p.a. per il carattere della non visibilità ed imprevedibilità della situazione di pericolo. Ciò anche in considerazione che l’incidente era avvenuto alle 8.30 circa del mattino e la visibilità era discreta, come riconosciuto dallo stesso attore in sede di interrogatorio formale.

3. Avverso tale decisione, M.V. propone ricorso in Cassazione sulla base di 2 motivi.

3.1 Resiste con controricorso il Comune di Roma.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 2043 e 2697 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Lamenta che la corte d’appello ha errato perchè come si evince dalla lettura dei fatti contenuti nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, risulta che il ciclomotore sarebbe caduto a causa degli avvallamenti presenti nel tratto di strada oggetto del sinistro e non per lo sgretolamento della stessa. Ciò risulta anche dalle dichiarazioni rilasciate ai vigili urbani. Inoltre tale circostanza sarebbe provata dalla testimonianza di M.F. e dalla documentazione fotografica allegata.

Il motivo è infondato.

Il ricorrente, nel caso di specie, pur denunciando, apparentemente, violazione di legge ed una insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di secondo grado, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006). Inoltre è principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).

4.2. Con il secondo motivo il M., denuncia la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2051 e 2697 c.c. e art. 113 c.p.c.”.

Ritiene il ricorrente che la Corte d’Appello ha fatto malgoverno dei principi in tema di responsabilità di sinistri stradali. Infatti sostiene che rientra nel potere ufficioso del giudice di merito, in qualsiasi fase del procedimento, il compito di qualificare giuridicamente la domanda e di individuare conseguentemente la norma applicabile. La Corte d’Appello avendo preso atto della qualità di custode della strada del Comune, della carenza di manutenzione della strada, della prova fornita dall’attore dei danni subiti a causa del cedimento dell’asfalto, della mancata prova da parte del Comune del caso fortuito, doveva accertare la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 c.c. e, conseguentemente, rigettare l’appello.

Il motivo è inammissibile perchè nuovo.

E’ principio di questa Corte il divieto di introdurre domande nuove (la cui violazione è rilevabile d’ufficio da parte del giudice). Infatti, quando l’attore invochi in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell’art. 2043 c.c., non può chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ai sensi degli artt. 2050 (esercizio di attività pericolose) o 2051 (responsabilità per cose in custodia) c.c., a meno che l’attore non abbia, sin dall’atto introduttivo del giudizio, enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata da detti articoli. Nondimeno, le diverse regole di imputazione della responsabilità previste da detti articoli, essendo più favorevoli per l’attore danneggiato poichè comportanti un’inversione dell’onere della prova, intanto possono essere poste a fondamento della responsabilità del convenuto in quanto non si ascriva al medesimo la mancata prova di fatti che egli non sarebbe stato tenuto a provare in base al criterio di imputazione della responsabilità (art. 2043 c.c..) originariamente invocato dall’attore (Cass. 18609/2013; Cass. 18463/2015). Ma in ogni caso il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza. A pane la valutazione di assoluta genericità della domanda, qualificata dal giudice del merito e non sindacabile in questa sede, la sentenza impugnata precisa che in ogni caso è stato interrotto il nesso causale. Infatti la determinazione dell’evento, a prescindere dal dissesto della strada, si è verificato per effetto del comportamento disattento del conducente, o comunque inadeguato alla evidente situazione della strada.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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