Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16865 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 15/06/2021), n.16865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29779-2018 proposto da:

COMUNE MILAZZO, elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIANPIERO PICCIOLO;

– ricorrente –

contro

C.M. (DECEDUTA), CA.GI. e CA.VI.

quali eredi di C.M.;

-intimati –

avverso la sentenza n. 916/2018/10 della COMM. TRIB. REG. SICILIA

SEZ. DIST. di MESSINA, depositata il 27/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

C.M. impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo all’anno 2003, notificato dal Comune di Milazzo per omessa dichiarazione ICI con riferimento ad aree edificabili (fg. (OMISSIS), partt. (OMISSIS) e (OMISSIS)) site in zona (OMISSIS), di proprietà della contribuente. La ricorrente lamentava il difetto di motivazione dell’atto impositivo, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, per intervenuta decadenza del potere di liquidazione e la violazione del citato D.Lgs. n. 504, art. 5, comma 5.

L’adita Commissione, con sentenza n. 170/9/11, accoglieva il ricorso, ritenendo che le aree tassate non fossero edificabili.

Il Comune di Milazzo appellava la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, ritenendo l’edificabilità dell’area inserita in località di ampio sviluppo urbano, dotata di tutti i servizi essenziali e, come tale, munita di tutte le caratteristiche atte a qualificarla come zona ad alta potenzialità edificatoria.

I giudici di appello rigettavano il gravame sulla base del rilievo che le zone “bianche”, come quella oggetto di accertamento, o in attesa di normazione, andavano assimilate ai terreni rispetto a cui si era verificata la decadenza di vincoli, in quanto, in entrambi i casi veniva a mancare la programmazione d’uso del territorio. Il Comune di Milazzo ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo due motivi. Le parti intimate (eredi di C.M.) non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), in combinato disposto con la L. n. 248 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, e la L. n. 248 del 2006, art. 36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo l’ente ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe errato nel non considerare edificabili, ai fini ICI, le aree oggetto di accertamento, ciò in quanto ha ritenuto che l’edificabilità debba essere effettiva e non potenziale, omettendo di considerare che la fattispecie sottoposta al suo esame debba essere regolata dalla L. n. 248 del 2006, art. 36 (D.L. n. 223 del 2006), secondo il quale l’edificabilità di un terreno, per avere rilevanza fiscale, prescinde dall’approvazione del P.R.G. da parte della Regione, o dalla adozione di uno strumento attuativo.

I giudici di appello avrebbero errato nel ritenere che l’area non potesse essere considerata edificabile, poichè ricadente in zona (OMISSIS), ovvero in zona ancora da normare con apposito piano particolareggiato, da redigersi in contestualità logica con un piano paesistico. Nella fattispecie, l’area, anche solo astrattamente fabbricabile per effetto del suo recepimento nel PRG, avrebbe mutato valore di mercato rispetto ad un semplice terreno agricolo, sebbene non fosse stato emanato un piano particolareggiato. Tale circostanza sarebbe evincibile dal Decreto Assessoriale Regionale, allegato in atti, dal quale emergerebbe che l’edificabilità delle aree era stata soltanto postergata rispetto al rafforzamento (previa adozione di ben specificati strumenti attuativi) del già edificato, ma non esclusa.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al D. Assessore Territorio Ambiente Regione Sicilia del 24 luglio 1989, al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9, al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), e al D. Assessore BB.CC.AA. Regione Sicilia del 2 febbraio 1999, in ordine alla definizione di aree edificabili ai fini ICI, anche alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità. L’ente ricorrente precisa che, nel caso di specie, l’area, per la quale è stato emesso l’avviso di accertamento, si trova ubicata nella zona (OMISSIS), località che, nel D. assessoriale del 24 luglio 1989, sarebbe descritta come dotata di sviluppo urbano, quindi trattasi di zona con potenzialità edificatoria, ancorchè soggetta ai pareri dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico.

3. Le censure, da trattarsi congiuntamente per connessione logica in quanto inerenti alla medesima questione, vanno accolte.

a) La Commissione Tributaria Regionale, con accertamento in fatto, non oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente, precisa in motivazione che: “I terreni oggetto di accertamento ricadono in zona (OMISSIS), pacificamente assimilabile ad una “zona bianca” in attesa di normazione con piano particolareggiato (giusta previsione del decreto assessoriale richiamato, secondo cui nella zona del (OMISSIS), prima dell’utilizzazione delle aree libere, va redatto un piano particolareggiato, avente la finalità di rafforzare, con insediamenti di tipo ricettivo i nuclei edificati”. Da ciò i giudici di appello hanno desunto la non imponibilità ai fini ICI, richiamando indirizzi giurisprudenziali che non riguardano il regime impositivo, e quindi il rilievo delle edificabilità di un terreno sotto il profilo fiscale, ma la qualificazione dell’edificabilità di un terreno ai fini della espropriazione per pubblica utilità.

Come più volte sostenuto da questa Corte:

“In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv., con modif., in L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. con modif., in L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. La natura edificabile non viene meno, trattandosi di evenienze incidenti sulla sola determinazione del valore vanale dell’area, nè per le ridotte dimensioni e/o la particolare conformazione del lotto, che non incidono su tale qualità (salvo che siano espressamente considerate da detti strumenti attributive della stessa), essendo sempre possibile l’accorpamento con fondi vicini della realizzazione dell’opera pubblica, da cui deriva non una situazione di totale inedificabilità, ma l’applicazione della disciplina delle c.d. “zone bianche” (nella specie quella di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9), che, firma restando l’utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo ai fini agricoli, configura pur sempre, anche se a titolo provvisorio, un limitato indice di edificabilità” (Cass. n. 21080 del 2019).

Il Comune di Milazzo ha riportato in ricorso (in ossequio al principio di autosufficienza) anche il contenuto del Decreto Assessoriale Regionale, non correttamente valutato dal giudice del merito, con cui si precisa che: “… pertanto, non disconoscendo la validità della redazione di un piano paesaggistico per l’area interessata e non volendo rinviare l’attuazione della valorizzazione della zona del Capo, si propone che venga disattesa la previsione di z.t.o. (OMISSIS) e la relativa viabilità di progetto e sia redatto, invece, un piano particolareggiato avente le finalità di rafforzare, possibilmente con insediamenti di tipo ricettivo, i nuclei edificati segnati alla tavola n. 4 … nella zona del (OMISSIS), prima dell’utilizzazione delle aree libere, venga radatto un piano particolareggiato, avente la finalità di rafforzare, con insediamenti di tipo ricettivo, i nuclei edificati”.

Ne consegue che il suddetto Decreto Assessoriale tiene conto delle caratteristiche edificabili del terreno, pur rilevando la necessità della redazione di appositi piani particolareggiati.

b) L’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio della trasformazione urbanistica del territorio è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, il quale non può più essere equiparato ad un terreno agricolo sotto il profilo fiscale.

La qualificazione edificatoria di un terreno sussiste e decorre sin dal momento del suo inserimento nelle previsioni del piano regolatore generale del comune, essendo irrilevante anche il perfezionamento dello strumento urbanistico; ne consegue che tale inserimento è sufficiente a determinare un incremento di valore che ne giustifica la natura edificatoria ai fini fiscali (Cass. n. 33576 del 2019).

L’ente ricorrente ha illustrato con il secondo motivo di ricorso che, nel caso di specie, l’area si trova ubicata nella zona (OMISSIS), località che, nel D. assessoriale del 24 luglio 1989, sarebbe descritta come dotata di sviluppo urbano, quindi trattasi di zona con potenzialità edificatoria, ancorchè soggetta ai pareri dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico.

Tale deduzione difensiva è stata articolata dal Comune nel ricorso in appello (v. pag. 3 del ricorso per cassazione), ma non risulta essere stata valutata dal giudice del merito, anche al solo fine di confutare le conclusioni cui giunge.

Invero, l’edificabilità di diritto, che si fonda sulla connotazione che un piano urbanistico applica ad un terreno, si distingue dalla edificabilità di fatto, che sussiste quando un terreno, pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto potenzialmente edificatorio, anche al di fuori di un previsione programmatica, in considerazione dell’esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati e qualsiasi altro elemento obbiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica. Ne deriva che, “essendo l’edificabilità di fatto una specie di edificabilità rilevante giuridicamente, perchè presa in considerazione dalla legge sia ai fini ICI (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), primo periodo, seconda ipotesi) sia della determinazione sull’indennità di espropriazione (D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 359 del 1992, e D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 5), è anch’essa un’edificabilità di diritto, che influisce sul valore del bene” (Cass. n. 26494 del 2016).

Inoltre, con riferimento alla asserita equiparabilità dei terreni alle “zone bianche”, in quanto prive di normazione del punto di vista urbanistico, questa Corte, con indirizzo condiviso, non ha escluso la edificabilità di queste ultime, chiarendo che debba essere ricondotta alla edificabilità di fatto, e precisamente affermando che: “l’avvenuta decadenza del vincolo preordinato all’esproprio rende l’area (e non la zona) priva di regolamentazione urbanistica, sicchè, in tale ipotesi, non è consentito farne rivivere la condizione preesistente ma opera la disciplina prevista per le c.d. aree bianche di cui alla L. n. 10 del 1977, art. 4, u.c., la quale, peraltro, non comporta un automatico riconoscimento della natura edificabile dell’area occupata, dovendo essere apprezzata la ricorrenza di tale carattere in base al criterio della edificabilità di fatto, che impone un metodo di valutazione incentrato sulla verifica della funzionalità dell’area in termini di naturale ed armonico completamento di quelle, ad essa contigue, che siano destinate all’edificazione in base alle scelte legislative ed a quella pianificatorie dei comuni” (Cass. n. 12268 del 2016). Tale edificabilità di fatto dei terreni qualificati come “zone bianche” assume certamente rilievo ai fini ICI, posto che la P.A. può sempre provvedere a nuove previsioni fondamentali per l’assetto, il controllo e il governo del territorio (v. Cass. n. 21080 del 2019).

4. La Commissione Tributaria Regionale non ha fatto buon governo dei principi espressi, atteso che avrebbe dovuto riconoscere la natura edificabile dei terreni oggetto di accertamento pur sulla base di un ridotto indice di edificabilità, al fine della corretta determinazione della base imponibile.

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, per il riesame, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per il riesame, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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