Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16860 del 10/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/08/2016, (ud. 12/11/2015, dep. 10/08/2016), n.16860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11783-2013 proposto da:

E.U., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BAGLIVI GIORGIO 8, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BROZZI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE MARIA AMICI con studio

in PERUGIA, VIA GIUSEPPE LUNGHI 19 giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DORA 1, presso

lo studio dell’avvocato RITA DOTTORI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCA BAGIANTI giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 475/2012 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 27/11/2012, R.G.N. 446/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/11/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato ALESSANDRO BROZZI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

E.U. impugnò avverso la sentenza del Tribunale di Perugia con la quale ne era stata rigettata la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti dell’avvocatessa Rita Dottori, per non avere quest’ultima proposto appello avverso la sentenza penale emessa a suo carico dal Pretore di Roma, relativamente all’affidamento in prova al servizio sociale per cinque giorni.

La corte di appello di Perugia rigettò il gravame, ritenendo che all’appellata fosse stato conferito soltanto il potere, del tutto discrezionale, di impugnare la sentenza de qua, e che la medesima avesse convincentemente esplicitato le ragioni della sua scelta, peraltro concordata e condivisa con lo stesso E..

Per la cassazione della sentenza della Corte perugina Umberto E. ha proposto ricorso sulla base di 2 motivi di censura. Resiste Rita Dottori con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e in particolare violazione dell’art. 107 c.p.p..

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e in particolare violazione dell’art. 1176 c.c..

I motivi – con i quali si lamenta una pretesa violazione dell’obbligo di diligenza professionale nell’adempimento del mandato difensivo da parte dell’odierna resistente, ed una concorrente violazione degli obblighi imposti al difensore ex art. 107 codice di rito penale – possono essere congiuntamente esaminati, attesane la intrinseca connessione, e risultano del tutto privi di pregio.

Al di là ed a prescindere dai non marginali profili di inammissibilità (per novità) della questione relativa alla norma processualpenalistica indicata come violata – questione, peraltro, infondata nel merito, non essendo oggetto di dibattito una fattispecie di rinuncia al mandato, ma esclusivamente la valutazione delle ragioni di opportunità che giustificarono la mancata proposizione dell’appello a seguito della pronuncia del Pretore -, osserva il collegio che la Corte territoriale, con motivazione scevra da errori logico-giuridici, che deve essere interamente condivisa, ha in punto fatto escluso qualsivoglia violazione degli obblighi di diligenza “qualificata” in capo alla professionista, di tal che le censure mosse alla sentenza impugnata si risolvono, nella sostanza, in una inammissibile richiesta di rivisitazione di fatti, circostanze ed apprezzamenti di merito istituzionalmente preclusi al giudice di legittimità. Il ricorso è pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della soccombenza.

Liquidazione come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 4200, di cui 200 per spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dichiara sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della contro ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo d contributo unificato pari a quello dovuto per il controricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016

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