Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1686 del 25/01/2011

Cassazione civile sez. I, 25/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 25/01/2011), n.1686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.F. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CUCINELLA LUIGI ALDO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2581/08 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 15/04/09, depositato il 18/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO ABBRITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che P.F., con ricorso del 1 luglio 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro dell’economia e della finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 18 maggio 2009, con il quale, la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del P. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilita’ o l’infondatezza del ricorso -, ha respinto la domanda;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 8.500,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 22 aprile 2008, era fondata sui seguenti fatti:

a) il P., asseritamente creditore di differenze retributive e previdenziali, aveva proposto – con ricorso del 3 febbraio 1998 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania;

b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza dell’11 febbraio 2008;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato, ha respinto la domanda sia perche’ il ricorrente non aveva presentato istanza di prelievo, sia perche’ non aveva dato la prova della sofferenza patita, sia perche’ il ricorso al giudice amministrativo concerneva un diritto prescritto, sia infine perche’ la Regione Campania aveva soddisfatto le pretese fatte valere dal ricorrente con il giudizio presupposto.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura vengono denunciate come illegittime, anche sotto il profilo del vizio di motivazione, tutte le ragioni della decisione di rigetto della Corte napoletana;

che il ricorso merita accoglimento;

che in particolare, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facolta’ di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilita’ tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficolta’ pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilita’ della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonche’ il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operativita’ della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che, inoltre, questa Corte ha gia’ piu’ volte affermato il principio secondo cui, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa, secondo cui l’innovazione, introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 1, comma 1 (per il quale la domanda non e’ proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza di prelievo ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51), non puo’ incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in mancanza di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere, e secondo cui -tuttavia – la mancata o ritardata presentazione dell’istanza di prelievo puo’ incidere, entro i limiti dell’equita’, sulla determinazione dell’entita’ dell’indennizzo, con riferimento all’art. 2056 cod. civ., richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 28507 del 2005, pronunciata a sezioni unite, 24901 del 2008, 14753 del 2010);

che tale orientamento giurisprudenziale ha ottenuto sostanziale avallo dalla Corte EDU (decisione 2 giugno 2009, Daddi contro Italia) la quale, con due recentissime decisioni (del 16 marzo 2010, Volta et autres contro Italia; 6 aprile 2010, Falco et autres contro Italia), ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarita’, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille/00 Euro annue normalmente liquidate, con valutazione di detto danno che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarita’ della fattispecie, a liquidazioni dell’indennizzo piu’ riduttive rispetto a quelle precedentemente ritenute congrue (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 14753 del 2010 cit.);

che ancora, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la circostanza che la causa di merito abbia avuto esito negativo, sia pure prevedibile, e’ irrilevante ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, giacche’ l’esito favorevole della lite non condiziona il diritto alla ragionevole durata del processo, ne’ incide di per se’ sulla pretesa indennitaria della parte che abbia dovuto sopportare l’eccessiva durata della causa, salvo che la stessa parte si sia resa responsabile di lite temeraria o, comunque, di un vero e proprio abuso del processo, l’esito sfavorevole del giudizio potendo tuttavia incidere riduttivamente sulla misura dell’indennizzo, allorche’ la domanda sia stata proposta in un contesto tale da renderla, se non temeraria, comunque fortemente aleatoria (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 24107 del 2009);

che, infine, e’ diritto vivente che l’esistenza di un danno non patrimoniale – la cui prova e’ di regola insita nello stesso accertamento della violazione – puo’ essere esclusa soltanto in presenza di circostanze particolari che facciano positivamente ritenere che tale danno non sia stato subito dal ricorrente (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 24358 del 2006);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il processo presupposto di primo grado de quo e’ pacificamente iniziato in data 3 febbraio 1998 e si e’ concluso con la sentenza del Tribunale amministrativo per la Campania in data 11 febbraio 2008, durando complessivamente dieci anni circa, con la conseguenza che – detratto il periodo di tre anni di ragionevole durata – la eccedenza irragionevole: va determinata in sette anni circa;

che questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, nella specie – caratterizzata dalla omessa presentazione dell’istanza di prelievo, nonche’ dalla incontestata circostanza che nel corso del processo presupposto il ricorrente ha ottenuto dalla Regione Campania soddisfazione delle pretese ivi fatte valere -, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati, nonche’ dei recepiti correttivi consentiti dalla giurisprudenza della Corte EDU, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 va equitativamente determinato in Euro 6.250,00 per i sette anni circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la meta’, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Luigi Aldo Cucinella, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la meta’, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma di Euro 6.250,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresi’ al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella meta’ dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Luigi Aldo Cucinella, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimita’, nella meta’ dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Cucinella, dichiaratosene antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011

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