Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16859 del 05/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16859 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 25582-2011 proposto da:
MARCIANO SERGIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA TACITO 41, presso lo studio dell’avvocato PATTI
SALVATORE LUCIO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GLENDI CESARE FEDERICO giusta
delega a margine;
– ricorrente –

2013

contro

1968

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

Data pubblicazione: 05/07/2013

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controri corrente e ricorrente incidentale contro

MARCIANO SERGIO;

avverso

la

sentenza

n.

intimato

253/2010

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SIRACUSA, depositata il
16/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PATTI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato LA GRECA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il notaio Sergio Marciano ha impugnato un avviso di rettifica della dichiarazione dei redditi
relativi all’anno 1996, con il quale il competente ufficio finanziario di Siracusa, sulla scorta di un
processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, già notificato al contribuente, ha
recuperato a tassazione costi per complessive L. 233.930.000 milioni, con applicazione delle
conseguenti sanzioni.

servizi “Eureka s.r.l.”, la quale aveva sede in locali dello stesso studio notarile, concessi in
comodato gratuito; godeva delle agevolazioni fiscali per il mezzogiorno; era partecipata al 90 %
dallo stesso notaio; aveva assunto alle proprie dipendenze due collaboratrici dello studio notarile le
quali, in precedenza, fornivano gli stessi servizi allo studio, a costi notevolmente inferiori.
3. Il contribuente impugnava l’atto di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale
di Siracusa che rigettava il ricorso del contribuente.
4. La Commissione tributaria regionale della Sicilia sez.Palermo- Siracusa, sull’appello proposto
dal Marciano, dichiarava illegittimo l’atto di accertamento.
5. Avverso tale decisione, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per Cassazione, al quale il
contribuente resisteva con controricorso.
6. Questa Corte, con sentenza 23635/2008, pubblicata il 15 settembre 2008, accoglieva il primo
motivo di ricorso e parzialmente il secondo, e cassava la sentenza impugnata con rinvio ad altra
sezione della CTR della Sicilia.
7. Riassunto il giudizio presso la CTR della Sicilia, sez.Palermo- Siracusa, dalla parte contribuente,
il giudice del rinvio, con sentenza pubblicata il 16 settembre 2010, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, determinava in £.493.797.000 il reddito di lavoro autonomo dichiarato dal
contribuente per l’anno 1996, compensando le spese.
7.1 Osservava che, dovendo il giudice del rinvio limitarsi ad applicare il dictum della Cassazione ad
un materiale cognitivo già completo, nello stato d’istruzione anteriore alla sentenza cassata, senza la
possibilità per le parti di dedurre prove ed eccezioni nuove, riteneva legittima la motivazione per
relationem dell’avviso.

7.2 Quanto al giudizio di merito relativo al recupero dei prezzi maggiorati, la CTR rammentava che
la Corte aveva sancito l’irrazionale aumento dei costi dei servizi per effetto dell’interposizione della
società che aveva erogato le prestazioni per il tramite delle stesse persone che erano già state in
precedenza dipendenti del contribuente, ad essa demandando di fare applicazione dei principi di
diritto in tema di comportamento antieconomico. Riteneva, pertanto, che la valutazione di congruità
dei costi dovesse compiersi non mediante il raffronto fra costi sostenuti dal contribuente in favore

2. La Guardia di Finanza ha rilevato che le prestazioni contestate sono state fornite dalla società di

della società Eureka e costi praticati per le medesime prestazioni sul mercato, dovendosi piuttosto
fare riferimento ai costi che il contribuente aveva sostenuto negli anni precedenti per remunerare il
personale che era servito al contribuente per i medesimi servizi. Il raffronto di tale dato con quello
risultante dalle fatture emesse dalla società dimostrava, pertanto, maggiori costi per complessive
£.233.930.000 per l’anno 1996, somma ottenuta dalla Guardia di Finanza scomputando dalle
somme erogate dal contribuente i costi per il personale sostenuti dalla società(a loro volta

rimaste alle sue dipendenze).
7.3 Peraltro, tale importo, secondo il giudice del rinvio, andava ridotto, per evitare una doppia
imposizione, della somma che il contribuente, socio al 90 % della società Eureka, aveva dichiarato
come reddito di partecipazione alla società- pari a £.121.500.000-, risultando così, in via definitiva,
un maggior reddito di £.112.430.000, sul quale andava calcolata la maggiore imposta dovuta e le
relative sanzioni.
8. La parte contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, al quale ha
resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un unico
motivo. La società contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

9. Con il primo motivo il contribuente ha dedotto la nullità della sentenza per mancato rispetto del
principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione, in violazione dell’art.384 c.p.c. e dell’art.38
d.p.r. n.600/73 ed in relazione all’art.360 comma 1 nn.3 e 4 c.p.c.
9.1 Lamenta che il giudice del rinvio, discostandosi dai principi fissati da questa Corte con la
sentenza n.23635/08, aveva omesso di operare la comparazione fra i costi delle prestazioni rese
dalla società ed i prezzi di mercato e di verificare l’esistenza dell’effettiva anomalia dei maggiori
prezzi. Così facendo, la Corte di Cassazione si era peraltro uniformata al dettato normativo di cui
all’art.9 TUIR che indicava quale “valore normale” il prezzo o corrispettivo mediamente praticato
per i beni e i servizi della medesima specie o similari, in condizioni di libera concorrenza.
9.2 Del resto, era stata sempre la giurisprudenza di questa Corte ad avere imposto
all’amministrazione l’onere di dimostrare il disegno elusivo. Nel caso di specie, il costo del servizio
reso dalla Eureka risultava, poi, pienamente in linea con i prezzi di mercato come era stato invece
indicato dalla perizia svolta dal dott.Romano, allegata al giudizio di rinvio.
10. Con il secondo motivo il contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt.37
bis d.p.r. n.600173, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
10.1 Lamenta che il giudice di rinvio aveva qualificato come “elusiva” la condotta del contribuente,
riconducendo la fattispecie all’art.37 bis cit. ancorchè la condotta anzidetta, concretatasi nel

parametrati a quelli che lo stesso contribuente avrebbe corrisposto alle persone ove queste fossero

conferimento ad una società esterna di determinati servizi, era attività pienamente lecita che non
poteva integrare la condotta disciplinata da tale disposizione. Peraltro, per l’applicazione della
norma era necessaria l’assenza di valide ragioni economiche, verifica che era mancata da parte del
giudice del rinvio e che, dunque, avrebbe dovuto impedire alla CTR in sede di rinvio di applicare
detta disposizione.
11. Con il terzo motivo il contribuente ha dedotto il vizio di omessa o insufficiente motivazione su

11.1 Lamenta che il giudice di rinvio non aveva compiuto la comparazione fra costi sostenuti dal
contribuente in favore della Eureka e prezzi di mercato, così omettendo di motivare in ordine ai
presupposti della condotta elusiva.
12. L’Agenzia delle Entrate, con il controricorso, ha dedotto l’infondatezza del primo motivo,
avendo il giudice del rinvio correttamente valutato il comportamento economico del contribuente,
considerando la gestione in economia dei servizi. Aggiungeva che la Cassazione non aveva ordinato
di calcolare il valore normale della prestazione indicando, piuttosto, il valore più razionale ed
economico per il professionista, correlato alla prestazione dei servizi da parte di personale
dipendente direttamente retribuito. Evidenziava, infine, che l’elusione era fattispecie più ampia di
quella disciplinata dall’art.37 bis, ponendosi peraltro la censura espressa nel secondo motivo in
contrasto il dictum della Cassazione.
13. Orbene, le censure proposte dalla parte contribuente nel ricorso principale meritano un esame
congiunto, state la loro stretta connessione.
13.1 Appare utile, per esaminare la fondatezza della prima doglianza, riportare succintamente il
contenuto della sentenza resa da questa Corte, dalla quale è scaturito il giudizio di rinvio.
13.2 Va infatti rammentato che Cass.n.23635/08, dopo avere accolto la prima censura in ordine alla
motivazione del provvedimento emesso dall’Ufficio ed averne dunque ritenuto la legittimità sotto
tale profilo, era passata ad esaminare la seconda doglianza, con la quale l’Agenzia aveva
prospettato la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, in
relazione agli artt. 2 e 53 Cost.; art. 2698 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, e D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, art. 5 (T.U.I.R.); art. 112 c.p.c.), sostenendo che erroneamente la CTR
aveva affermato che il comportamento manifestamente antieconomico del contribuente lavoratore
autonomo, non era suscettibile di valutazione, ai fini dell’accertamento tributario, in ossequio al
principio di libertà d’impresa, sancito dall’art. 41 Cost.
13.3 La Corte riteneva fondata tale censura e chiariva che il contribuente, benchè libero di
organizzare e svolgere la propria attività in maniera antieconomica, era tenuto, in caso di
attenuazione dell’obbligo di contribuire alla spesa pubblica, a dare conto di tale anomala scelta. 13.4

un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c.

Ragion per cui i comportamenti contrastanti con le regole del buon senso e dell’ id quod plerumque
accidit, uniti alla mancanza di una giustificazione razionale (che non sia quella di eludere il precetto

tributario), costituivano elementi indiziari gravi, precisi e concordanti idonei a legittimare il
recupero a tassazione dei relativi costi. Tale principio, ricordava ancora la Cassazione, aveva
assunto “valenza legale con la introduzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis (Disposizioni
antielusive), aggiunto dal D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, art. 7.”

comportato un irrazionale aumento del costo dei servizi che prima venivano erogati dalle stesse
persone fisiche direttamente incaricate dal notaio e poi passate alle dipendenze della società.
13.5 Evidenziava, in punto di diritto, che la decisione impugnata contrastava con il principio, più
volte espresso, a cui tenore in tema di imposte sui redditi, in presenza di un comportamento
assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è
legittimo l’accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D).
13.6 Aggiungeva, ancora, che rimaneva dunque superato il “…rilievo della CTR secondo il quale
l’ufficio erroneamente avrebbe fatto riferimento al parametro del “valore normale” delle prestazioni
utilizzabile nella sola ipotesi di transfer pricing esterno (ai sensi dell’art. 76, comma 5, del citato
T.U.I.R.)” precisando che “…la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’obbligo di fare
riferimento al normale valore di mercato, per la valutazione delle componenti reddituali (ai sensi
dell’art. 9 del citato T.U.I.R.), costituisce un principio generale in materia di accertamento”.

13.7 Precisava, infine, che la motivazione della sentenza impugnata appariva insufficiente e
doppiamente contraddittoria.
13.8 Per un verso, la CTR, che pure aveva riconosciuto in punto di fatto l’eccessività dei
corrispettivi, aveva escluso l’incongruità degli stessi in relazione ai soli costi e senza considerare
l’utile della società. Tale argomentare aveva tralasciato di considerare l’anomalia del
comportamento addebitato al contribuente, “…costituita dal fatto di aver scelto di pagare un prezzo
maggiore (corrisposto alla società che pagava i suoi ex dipendenti) rispetto a quello sopportato in
precedenza affidando direttamente il servizio a collaboratori diretti.” Pertanto, la omessa

valutazione degli utili societari era del tutto ininfluente ai fini della decisione, poiché il
professionista “…aveva scelto una alternativa certamente più onerosa (posto che il maggior
esborso veniva poi compensato dalla ripartizione degli utili della società in regime di agevolazione
fiscale) che gli consentiva di abbattere il reddito imponibile…”.

13.9 Per altro verso, la motivazione della CTR risultava lacunosa nella parte in cui si limitava ad
affermare che l’Ufficio non aveva tenuto conto dell’utile spettante alla società ai fini della congruità
dei costi, omettendo di chiarire “…se, aggiungendo al costo dei servizi l’utile societario il prezzo

13.4 Precisava, ancora, in punto di fatto, che nel caso di specie l'”interposizione” della società aveva

pagato rientrava nello standard del valore normale.” Secondo la Corte, “…ammesso che i prezzi
praticati al notaio fossero eccessivi rispetto ai costi sostenuti dalla società, la CTR si sottrae
all’onere di chiarire se, aggiungendo ai costi l’utile societario, i prezzi si allineavano a quelli medi
di mercato (fermo restando che, comunque, il comportamento del contribuente restava anomalo,
perché pur pagando il prezzo di mercato, questo era maggiore di quello sostenuto in precedenza
con la utilizzazione diretta di collaboratori).”

in cui affermava la illegittimità dell’avviso di accertamento motivato per relationem e nella parte in
cui annullava i recuperi di imposta sull’erronea affermazione di diritto che l’antieconomicità del
comportamento del contribuente non legittima la indeducibilità dei maggiori costi
ingiustificatamente sostenuti dallo stesso e nella parte in cui con motivazione errata e carente
affermava che i prezzi pagati dal contribuente apparivano esagerati soltanto perché rapportati ai
costi (senza tenere conto degli utili spettanti alla società) e conclude apoditticamente che i prezzi
pagati erano congrui se ricaricati degli utili societari, senza offrire la motivazione analitica di tale
assunto. La Corte, poi, onerava il giudice del rinvio a “…riformulare il giudizio di merito in
relazione al solo recupero dei prezzi “maggiorati” per L. 230 milioni, tenendo conto dei principi di
diritto sopra ricordati in relazione al comportamento antieconomico tenuto dal contribuente e alle
conseguenze sul piano della valutazione e deducibilità dei costi dichiarati.”

13.11 Orbene, così riportato il contenuto precettivo della sentenza resa da questa Corte, giova
rammentare che nel giudizio di rinvio è precluso alle parti di ampliare il “thema decidendum” e di
formulare nuove domande ed eccezioni ed al giudice – il quale è investito della controversia
esclusivamente entro i limiti segnati dalla sentenza di cassazione ed è vincolato da quest’ultima
relativamente alle questioni da essa decisa —Cass. n. 5381 del 07/03/2011-.
13.12 Peraltro, non si è mancato di sottolineare che il carattere “chiuso” del giudizio di rinvio, nel
quale, a nonna dell’art. 394 cod. proc. civ., non è ammessa la produzione di nuovi documenti, non
trova applicazione qualora fatti sopravvenuti o la stessa sentenza di cassazione rendano necessaria
un’ulteriore attività del genere-fi -.Cass. n. 21587 del 12/10/2009-.
13.13 Fatte le superiori premesse in diritto e constatato che, nel caso di specie, l’annullamento della
sentenza resa dalla CTR in sede di appello è stato pronunziato da questa Corte per violazione di
legge, appaiono sicuramente inammissibili il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali la
parte contribuente pone ancora in discussione, sotto diversi profili, il carattere elusivo della
condotta del contribuente; carattere sul quale la Cassazione si è definitivamente pronunziata,
ritenendo conclamato, in punto di fatto che la condotta del notaio, volta ad esternalizzare, a costi
superiori rispetto a quelli sostenuti precedentemente con l’impiego di personale interno, talune

13.10 Sulla base di tali premesse, la Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata “…nella parte

prestazioni in favore di un rapporto con una società della quale era socio di maggioranza e che
usufruiva delle agevolazioni fiscali determinando una contrazione della base imponibile del
professionista e, in punto di diritto, dimostrata l’elusione del comportamento del contribuente, sulla
base di un principio generale, quello dell’abuso del diritto, formalizzato nell’art.37 bis d.p.r.
n.600/73.
13.14 Quanto al primo motivo di ricorso, lo stesso appare fondato.
“il giudizio di merito in

relazione al solo recupero dei prezzi “maggiorati” per L. 230 milioni, tenendo conto dei principi di
diritto sopra ricordati in relazione al comportamento antieconomico tenuto dal contribuente e alle
conseguenze sul piano della valutazione e deducibilità dei costi dichiarati” aveva sicuramente
inteso demandare a detto giudice una complessiva valutazione dei costi sostenuti dal professionista
per l’esternalizzazione del personale.
13.16 E proprio per tale ragione aveva evidenziato l’incongruità della sentenza impugnata, nella
parte in cui era stata ritenuta l’erroneità delle valutazioni operate dall’Ufficio in quanto fondate sul
solo scostamento fra costi sostenuti dal professionista per ottenere le prestazioni con proprio
personale ed i costi del personale della società senza avere concretamente acclarato che l’utile della
società, aumentato dei costi del personale, avrebbe determinato il “valore normale” della
prestazione.Valore normale che, secondo la sentenza n.23635/08, costituisce principio generale,
sancito dall’art.9 TUIR e, dunque, sicuramente applicabile alla fattispecie.
13.17 Orbene, il giudice del rinvio, disinteressandosi del principio appena affermato, ha considerato
che la valutazione della congruità delle prestazioni fatturate dalla Eureka al professionista. Così
facendo la CTR ha tralasciato di compiere l’accertamento in ordine all’utile di impresa spettante
alla società e, in definitiva, di considerare il valore normale della prestazione che, per converso, la
Cassazione aveva richiamato.
13.18 Ed è evidente che, proprio in relazione al principio fissato dalla Corte, il giudice del rinvio
avrebbe dovuto eventualmente acquisire, ove non esistenti all’interno del procedimento, elementi di
conoscenza volti ad individuare detto indice(utile d’impresa) cosiccome individuare elementi di
comparazione per verificare se il dato così emergente corrispondesse, in tutto o in parte, al valore
normale della prestazione. E proprio in questa prospettiva la CTR avrebbe dovuto non solo
considerare, eventualmente, l’elaborato peritale prodotto dalla parte contribuente, ma anche
avvalersi dei poteri riconosciutile dall’art.7 d.lgs.n.546/1992.
13.19 Ha dunque errato il giudice di appello nel ritenere che la sentenza della cassazione avesse
impedito di compiere quegli accertamenti che proprio la rivalutazione di merito, sulla base dei
principi sopra ricordati, rendeva ineludibili.

13.15 Ed invero, la Corte, nel demandare alla CTR in sede di rinvio

Al

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SUN.% DEL D2.3.. 26.:…1 4!19$6
N. 131 TA.13.
– N. 5
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Sulla base di tali considerazioni va accolto il primo motivo del ricorso principale.
14. Parimenti fondato appare il ricorso incidentale.
14.1 Appare evidente il vizio nel quale è incorsa la CTR in sede di rinvio, la quale ha ex officio
introdotto un elemento idoneo a paralizzare in parte la pretesa fiscale dell’Amministrazione senza
che lo stesso fosse mai stato espresso nei precedenti gradi del giudizio, in violazione non solo del
principio del divieto di extrapetizione, ma anche dei limiti stessi del giudizio di rinvio per come

15. Sulla base di tali considerazioni la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione
della CTR della Sicilia sez.Palermo-Siracusa, la quale si conformerà ai principi sopra esposti,
provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il primo motivo, rigettando il secondo ed il terzo motivo di ricorso principale ed accoglie
altresì il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Sicilia sez.Palerrno-Siracusa,
la quale si conformerà ai principi sopra esposti, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso il 4 giugno 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

sopra tratteggiati.

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