Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16858 del 10/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/08/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 10/08/2020), n.16858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18119-2016 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO

TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI e VINCENZO STUMPO;

– ricorrente –

contro

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 108, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DE FRANCESCO,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7690/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/02/2016, R.G.N. 4646/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO;

udito l’Avvocato GIOVANNI DE FRANCESCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. la Corte di Appello di Roma, in accoglimento del gravame svolto da G.D., già dipendente della s.r.l. CIBO, rigettava l’opposizione avverso il decreto con il quale era stato ingiunto all’INPS il pagamento delle ultime tre mensilità di retribuzione e del TFR a carico del Fondo di Garanzia ai sensi della L. n. 297 del 1982, art. 2.

2. Per la Corte di merito l’esiguità del credito azionato ed allegato dal lavoratore implicava la non assoggettabilità in concreto a fallimento del datore di lavoro, a prescindere da un provvedimento del competente tribunale fallimentare, e la fondatezza del credito azionato in via monitoria.

3. L’INPS ha proposto ricorso avverso tale sentenza, affidato a un motivo, cui ha resistito con controricorso, G.D.; entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione della L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2, commi 2 e 5, del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 1, commi 1 e 2 e art. 2 nonchè del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15, u.c., (nel testo modificato dal D.Lgs 9 gennaio 2006, art. 1, e dal D.Lgs. n. 12 settembre 2007, n. 169, art. 1), anche in relazione all’art. 2697 c.c.

5. Assume l’ente previdenziale che la sentenza della Corte territoriale sarebbe erronea nella parte in cui sostiene che non è necessario che il lavoratore presenti un’istanza di fallimento, con esito negativo, per comprovare la non assoggettabilità del datore di lavoro a procedura concorsuale, e che, ai fini dell’applicabilità del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15, comma 9, è sufficiente prendere in considerazione l’entità del singolo credito azionato dal lavoratore, senza il relativo accertamento con provvedimento emanato dal competente Tribunale fallimentare all’esito dell’istruttoria prefallimentare e senza valutazione del complesso di tutti i debiti dell’imprenditore inadempiente.

6. Il motivo è infondato.

7. Benchè questa Corte abbia recentemente affermato che la verifica da parte del tribunale fallimentare della non assoggettabilità a fallimento dell’imprenditore, L. Fall., ex art. 15, u.c., costituisca un presupposto necessario, unitamente alla insufficienza delle garanzie patrimoniali a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata, per l’accesso alle prestazioni del Fondo per il pagamento del TFR e dei crediti di lavoro di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 15, u.c., (v. Cass. nn. 21734 del 2018, cui ha dato continuità Cass. n. 3667 del 2019), reputa il Collegio che l’anzidetto orientamento non possa essere condiviso in ragione del principio generale desumibile dalla previsione di cui all’art. 34 c.p.c., secondo cui il giudice adito procede in via incidentale a tutti gli accertamenti preliminari rispetto alla risoluzione della controversia pendente innanzi a sè, salvo che, “per legge o per esplicita domanda di una delle parti”, sia necessario “decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene alla competenza per materia o per valore alla competenza di un giudice superiore”, nel qual caso “rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui”.

8. Va premesso, al riguardo, che questa Corte ha ormai consolidato il principio di diritto secondo cui le prestazioni erogate dal Fondo di garanzia gestito dall’INPS hanno natura previdenziale e non retributiva (così, tra le più recenti, Cass. n. 25016 del 2017 e numerose successive conformi): si tratta, infatti, di obbligazioni affatto autonome rispetto a quelle gravanti sul datore di lavoro e inserite nell’ambito di un rapporto assicurativo contributivo – previdenziale, ancorchè nella loro misura coincidenti, per ciò che specialmente riguarda il TFR, con le obbligazioni di cui è debitore il datore di lavoro, di talchè il loro sorgere è connesso ad un fatto costitutivo differente rispetto a quello che ne media la genesi nell’ambito del rapporto di lavoro.

9. Più precisamente, per ciò che riguarda il pagamento del TFR (rectius: della prestazione previdenziale modulata sul TFR spettante al lavoratore assicurato), tale fatto costitutivo consiste non già nella cessazione del rapporto di lavoro, ma nel verificarsi dei presupposti previsti dalla L. n. 297 del 1982, art. 2 che sono rispettivamente, da un lato, la verifica del credito del lavoratore mediante l’insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro (art. 2, commi 2 ss.) e, dall’altro lato, qualora il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni della legge fallimentare, il previo esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito, da cui risulti l’insufficienza, totale o parziale, delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro stesso (art. 2, comma 5).

10. Con riguardo a tale ultima fattispecie, che è quella che rileva ai fini del presente giudizio, questa Corte ha precisato che l’espressione “non soggetto alle disposizioni del R.D. 16 marzo 1942, n. 267”, di cui all’art. 2, comma 5, cit., va interpretata nel senso che l’azione nei confronti del Fondo di garanzia deve trovare ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi perchè appartenente ad una categoria di imprenditori non sottoponibili neanche in abstracto ad una procedura concorsuale, vuoi perchè, in concreto, il fallimento non è o non è più esperibile per ragioni oggettive (cfr. fra le più recenti, Cass. n. 24767 del 2017), tra le quali rilevano adesso quelle di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 1, comma 1.

11. Ciò premesso, è evidente che, rispetto alla domanda giudiziale concernente la prestazione previdenziale cui è tenuto il Fondo di garanzia, la verifica della non assoggettabilità del datore di lavoro alle procedure concorsuali costituisce una tipica questione pregiudiziale in senso logico, che nessuna norma di legge impone che debba essere definita con efficacia di giudicato; di più, è una questione che nessuna delle parti del processo potrebbe validamente chiedere che sia decisa con efficacia di giudicato, dal momento che, svolgendosi la controversia previdenziale tra il lavoratore assicurato e l’ente previdenziale chiamato al pagamento ed essendo il datore di lavoro terzo estraneo a tale vicenda, l’accertamento che in essa dovesse essere compiuto circa la sua non assoggettabilità a fallimento non potrebbe mai far stato nei suoi confronti, in considerazione dei limiti soggettivi del giudicato stesso.

12. Non induce a diverse conclusioni l’argomentazione di Cass. n. 21734 del 2018, cit., che, al fine di affermare il necessario previo adito del giudice fallimentare, valorizza la circostanza che determinate situazioni che in concreto legittimerebbero l’esclusione della procedura concorsuale (quali, nel caso ivi deciso, “una soglia di rilevanza dell’insolvenza riferita all’indebitamento complessivo dell’impresa e non alla posizione del creditore istante per il fallimento”) possono essere accertate soltanto in sede fallimentare, cioè con il concorso degli altri creditori: questo è piuttosto un problema di prova, nel senso che, ad es., non si potrebbe ritenere provata la non assoggettabilità a fallimento di un imprenditore commerciale sulla base della mera allegazione, da parte del lavoratore assicurato che chieda l’intervento del Fondo, di un credito di importo inferiore alla soglia definita dalla L. Fall., art. 15, u.c.; in questo senso, anzi, va senz’altro rimarcato che il lavoratore assicurato, che adducendo una situazione di concreta non assoggettabilità al fallimento del proprio datore di lavoro chieda l’intervento del Fondo di garanzia, resta pur sempre onerato della prova delle circostanze costitutive del fatto che ha dato luogo al sorgere del rapporto previdenziale, tra le quali appunto la non assoggettabilità a fallimento del proprio datore di lavoro, sia essa predicabile in abstracto o in concreto, e il mancato o insufficiente assolvimento di tale onere non potrà che comportare il rigetto della domanda.

13. Nel caso di specie, tuttavia, l’INPS non ha contestato la bontà dell’accertamento eseguito dal giudice di merito circa la non ricorrenza in concreto delle condizioni per l’assoggettabilità a fallimento della datrice di lavoro dell’odierna controricorrente, ma ha censurato che a tale accertamento avesse proceduto il giudice adito, piuttosto che il tribunale fallimentare: e in tali termini, come anzidetto, la censura è infondata e va senz’altro rigettata.

14. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

15. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2020

 

 

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