Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16857 del 05/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16857 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 2243-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
UNION PRINTING SPA;
– intimato Nonché da:
UNION

PRINTING

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 05/07/2013

in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI PAOLO, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

avverso la sentenza n. 224/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 04/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/05/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato FRIGIDA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato BUZZI delega
Avvocato PANARITI che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso incidentale e il rigetto del ricorso
principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso della AGENZIA e il rigetto
del ricorso incidentale.

– intimato –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Ufficio di Viterbo dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della Union Printing spa
diversi avvisi di accertamento per la ripresa a tassazione, relativa agli anni di imposta compresi fra
il 1995 ed il 1999, di tributi IRPEG, Ilor e Irap, rideterminando il reddito di dichiarato per costi
relativi a consulenze commerciali solo apparentemente fornite da società (Arca sas) e, quanto
all’anno 1998, per l’importo di £.564.198.000 per sopravvenienze attive.

parzialmente.
3. Sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate la CTR del Lazio, con sentenza pubblicata il
4.12.2007, riformava parzialmente la decisione di primo grado con esclusivo riguardo al recupero di
£.564.198.000.
5. Per quel che qui ancora interessa la CTR, nel disattendere le doglianze relative alla mancata
ripresa a tassazione dei compensi relativi alle consulenze commerciali e finanziarie rese dalla Arca
sas di Pepponi Michele, evidenziava che l’esistenza di vincoli parentali fra i soci delle due società
non incideva sull’autonoma individualità delle due società, dotate di autonomi organi deliberativi,
non essendo peraltro emersa alcuna irregolarità contabile nella tenuta dei libri sociali e nei
documenti fiscali delle due compagini societarie. Anche il Tribunale di Viterbo, d’altra parte, aveva
confermato che la compartecipazione di un socio ad entrambi i sodalizi non era indice
dell’insussistenza delle prestazioni. Non poteva, invece, la CTR compiere alcuna valutazione in
ordine all’antieconomicità dell’operazione, essendo la scelta di affidamenti di incarichi esterni
riservata alla sfera decisionale della società e dei suoi organi che rispondevano nei confronti dei
soci e dei terzi dei propri atti.
5.1 Quanto al recupero dell’importo di £.564.198.000, la CTR evidenziava che la relativa pretesa
era fondata, in quanto lo stesso corrispondeva al residuo debito che la società aveva contabilizzato
nei confronti di propri soci, già soci della società incorporata con atto di fusione del 28.7.1990. E
poiché la fusione era avvenuta ad un prezzo superiore al valore dei beni patrimoniali trasferiti, era
evidente che lo stesso era da considerare fittizio, determinando una componente positiva
straordinaria di reddito, in difetto di contropartita attiva.
5.2 Evidenziava, poi, l’infondatezza della tesi esposta dalla società appellata in ordine alla natura di
avviamento del maggior prezzo riconosciuto all’incorporata, non risultando tale voce allocata nel
bilancio della incorporante, né emergendo che la società avesse compiuto l’ammortamento di tale
costo pluriennale.
5.3Aggiungeva, tuttavia, che dalla ripresa fiscale andavano esclusi gli interessi passivi, computati in
assenza di elementi certi tanto in ordine all’ammontare del capitale che della durata

2. La società contribuente proponeva autonomi ricorsi alla CTP di Viterbo che li accoglieva

dell’esposizione. Per tale ragione detta voce non poteva costituire un debito della società nei
confronti dei soci della incorporante, ormai divenuti soci della società incorporata, ai quali sarebbe
invece spettato un aumento di capitale connesso all’assegnazione di un numero di azioni
equivalenti al valore di avviamento. E poiché dagli atti di causa non risultava che nel bilancio della
Union Printing comparisse il detto valore di avviamento, né la correlata procedura di
ammortamento, doveva inferirsi il carattere fittizio del debito verso i soci, non correlato ad alcuna

straordinario di reddito.
6. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a 4 motivi, al quale ha
resistito la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale, affidato a tre motivi, rispetto
al quale l’Agenzia non ha depositato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
7. Con il primo motivo l’Agenzia ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art.39 dpr
n.600/1973, e dell’art.75 TUIR, nonché degli artt.2697,2727 e 2729 c.c., in relazione all’art.360
comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che la CTR, nel respingere l’appello in ordine ai pretesi costi per
operazioni inesistenti, aveva valorizzato l’autonomia decisionale delle due società, omettendo di
considerare che, una volta dimostrato, da parte dell’Ufficio, il carattere inesistente delle prestazioni
di servizio da parte di Arca sulla base di un corposo compendio indiziario, era era onere della
società contribuente dimostrare l’esistenza delle operazioni al di là della regolarità formale.
8. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione in ordine ad un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Si duole che
la CTR, aveva totalmente omesso di vagliare gli elementi, indicati nelle difese, che comprovavano
l’inesistenza delle prestazioni di consulenza commerciale e finanziarie limitandosi a considerare
l’inconducenza del rapporto di parentela fra i soci delle due società e così dando luogo ad una
motivazione insoddisfacente, per di più fondata, indebitamente, sul giudicato penale, al quale la
CTR aveva fatto riferimento evocando in modo apodittico e generico talune prove testimoniali.
9. Con il terzo motivo l’Agenzia ha prospettato la violazione dell’ art.654 c.p.p., in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.Lamenta che la CTR aveva omesso ogni vagli critico rispetto alla
decisione resa dal giudice penale, con ciò determinando il vizio prospettato alla stregua della
giurisprudenza di questa Corte.
10. Con il quarto motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione in ordine al
fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che
rispetto all’esclusione della ripresa a tassazione dei costi per interessi passivi, la CTR aveva
omesso di considerare gli elementi risultanti “dalle pagg.18 e 19 del verbale” che elidevano i dubbi

posta attiva patrimoniale e, dunque, la sua assoggettabilità a tassazione in quanto elemento

invece espressi dal giudice di appello in ordine all’assenza di elementi precisi dai quali inferire i
costi connessi ai pretesi interessi passivi.
11. La società contribuente ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza di tutti i motivi del ricorso
principale, evidenziando la correttezza in diritto della motivazione e la sua esaustività, avendo la
stessa società dimostrato l’inconsistenza degli elementi indicati dall’Agenzia a sostegno della
pretesa inesistenza delle prestazioni correlate a consulenze commerciali e finanziarie ricevute dalla

11.1 Aggiungeva che corretto era stato, altresì, il riferimento al giudicato assolutorio reso in sede
penale, poiché il giudice penale aveva compiuto una completa disamina degli elementi probatori
attraverso la quale era giunto a ritenere pienamente regolari le operazioni contabili, senza dire che
la CTR aveva compiuto una propria autonoma valutazione. Evidenziava, ancora, rispetto al quarto
motivo di ricorso, che l’Agenzia delle Entrate aveva per la prima volta indicato e riprodotto
all’interno del ricorso per Cassazione alcune pagine del verbale della Guardia di Finanza mai
prodotte nel corso del procedimento.
12. Il secondo motivo di ricorso, che merita un esame preliminare per ragioni di ordine logico, è
fondato.
12.1 Orbene, è necessario ripercorrere, sia pur sinteticamente, i punti salienti dell’elaborazione
giurisprudenziale di questa Corte a proposito dell’incidenza delle operazioni oggettivamente
inesistenti ai fini della incidenza sulle dichiarazioni reddituali del contribuente.
12.2 Ora, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, una volta che l’amministrazione
ha contestato in modo specifico, anche attraverso presunzioni semplici(Cass.n. 9784/2010), i dati
emergenti dalle scritture contabili del contribuente evidenziando obiettivi elementi dai quali
desumere l’inattendibilità delle scritture e fatture utilizzate dal contribuente, ovvero la inesattezza
degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza delle
indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, spetta al contribuente
(cessionario/committente) che ha portato in detrazione l’IVA fornire la prova contraria che
l’apparente cedente/prestatore non è un mero soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione
è stata “realmente” conclusa con esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità
della documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la merce sia stata effettivamente
consegnata o che sia stato effettivamente versato il corrispettivo, “trattandosi di circostanze non
concludenti, la prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente
inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per sè a dimostrare
l’estraneità alla frode -v.Cass.n.9108/2012-.

società contribuente.

12.3 Ne consegue che il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla fondatezza
dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi
forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e solo in
un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e
concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che
ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697, secondo comma, cod. civ.-

12.4 Passando ora alla questione relativa alle valutazioni alle quali è chiamato il giudice tributario
in simili frangenti la stessa sfugge, ordinariamente, al sindacato della Suprema Corte alla quale è
precluso non solo il riesame delle prove la cui valutazione sia stata fatta in modo difforme da quella
prospettata dal ricorrente, ma altresì l’accertamento di un eventuale travisamento delle prove stesse.
Ma è pur vero che il controllo della motivazione è possibile (ed anzi dovuto) in sede di legittimità
se risulti evidente l’esistenza di un vizio logico — prospettato ritualmente dal ricorrente- tale da
tradursi in una insufficiente motivazione.
12.5 Proprio in punto di decisività si è di recente chiarito (Cass.n.12623/12) che la stessa
«concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del
vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, afferisce al
nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il
vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta
una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola
possibilità o probabilità di essa.
12.6 In definitiva, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a
fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le
risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato,
onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base” (cfr. Cass.n. 12623/2012 che richiama Cass.
n. 10156/2004; Cass.n.9368/2006;Cass.14752/2007).
12.7 Orbene, applicando i superiori principi al caso di specie, ritiene la Corte che il giudice di
appello ha totalmente pretermesso l’esame di un compendio di elementi offerti dall’Agenzia a
sostegno del carattere fittizio delle prestazioni di consulenza commerciale e finanziarie fatturate
dalla Arca s.a.s. in favore della società contribuente che, partendo dai vincoli di parentela esistenti
fra i soci delle due strutture societarie, aveva riguardato la contestuale esistenza di attività di
consulenza della medesima tipologia rese nel medesimo periodo dalla società contribuente,
l’inidoneità di Pepponi Michele, all’epoca diciottenne, a rendere le prestazioni specialistiche

v.Cass.n.12802/2011;Cass.n.5282/2011-.

anzidette, la gestione del conto corrente della Arca sas da parte del Peppone Roberto -che era
parimenti amministratore delegato della Union Printing e che provvedeva a versare il denaro
relativo alle prestazioni per poi ritirarlo con causali del tipo “ripartizione utili” o prelevamento
soci”- e, ancora, le dichiarazioni rese dallo stesso Pepponi Michele, dalle quali sarebbe emersa la
concreta natura delle prestazioni effettuate, la mancanza di documentazione comprovante
l’effettività del lavoro svolto e l’inadeguatezza della compagine societaria al concreto svolgimento

realizzazione delle stesse.
12.8 A fronte di siffatto corposo compendio probatorio, la CTR ha per un verso isolato dall’intero
materiale quello concernente l’esistenza del vincolo parentale fra i soci della società, offrendone
una lettura peraltro parziale, scollegata dagli ulteriori indici messi in evidenza dall’Agenzia al fine
di conclamare l’inesistenza di reali ed effettive prestazioni di consulenza e tralasciando tutti gli altri
elementi.
12.9 L’affermazione alla quale è dunque giunta la ctr, a cui tenore la regolarità contabile e fiscale
dei documenti relativi alle due società avrebbe giustificato il convincimento circa la reale esistenza
delle presta7ioni fatturate, appare palesemente incongrua e lacunosa, avendo il giudice di appello
non solo tralasciato di considerare compiutamente gli elementi appena indicati, sul carattere
decisivo dei quali non è dato dubitare, stante l’obiettiva ed intrinseca idoneità a costituire un
compendio sussumibile nell’ambito delle presunzioni semplici, ma anche parcellizzato l’indagine
ad esso riservata attraverso la valorizzazione di elementi intrinsecamente inidonei a confermare
l’esistenza o meno della prestazione.
12.10 Ed infatti, la sottolineatura della correttezza contabile e fiscale della documentazione delle
due società non poteva costituire elemento ex se idoneo a confermare l’effettività dell’operazione
che, all’evidenza, non poteva che desumersi da elementi ulteriori rispetto a quelli cartolari e che per
l’appunto l’Amministrazione era tenuta a fornire.
12.11 D’altra parte, la totale pretermissione delle dichiarazioni- ampiamente favorevoli al costrutto
prospettato dall’Ufficio- rese dallo stesso soggetto figurativamente indicato come prestatore
dell’attività di consulenza risultante delle fatture non poteva, come gli altri elementi essere per ciò
stesso, essere totalmente pretermessa rispetto al giudizio relativo al preteso carattere inesistente
delle operazione.
12.12 Ed è appena il caso di evidenziare che il divieto di prova testimoniale nel giudizio tributario
sancito dall’art.7 d.lgs.n.546/1992 non impedisce di considerare la valenza probatoria del le
dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria ed inserite nel processo verbale di
constatazione 0 che equivalgono a mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini

degli incarichi e l’assenza di qualsiasi forma di collaborazione con terze persone o società per la

amministrative le quali, benché sfornite, ex se, di dirimente efficacia probatoria, comunque non si
pongono in contrasto con il citato comma 4 dell’art. 7 (Cass. 11 marzo 2002, n. 3526 e, più di
recente, Cass.2916/13).Ciò perché il divieto di assunzione testimoniale vale con precipuo
riferimento ai poteri delle commissioni tributarie e non E pure dei poteri degli organi amministrativi
di verifica. Il che trova la sua naturale spiegazione nella circostanza che CI le dichiarazioni dei terzi
raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo

amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova —cfr.Cass. ult.cit.-.
12.13 Non meno sibillino è risultato il riferimento alla vicenda penale definita dai “Giudici dei
Tribunale di Viterbo”, quanto meno nella parte in cui, per confermare l’insussistenza di elementi a
sostegno della pretesa fiscale, la CTR ha fatto riferimento “anche a prove testimoniali che
confermerebbero la esistenza delle operazioni” menzionate nella sentenza penale. Si tratta,
all’evidenza, di un richiamo assolutamente superficiale al fine di confermare la tesi sostenuta dalla
società contribuente proprio se correlato al richiamo, operato dall’Agenzia, a dichiarazioni
testimoniali che avrebbero, per contro, specificamente confermato il carattere fittizio delle attività
poste in essere da Arca.I giudici di merito, avrebbero infatti dovuto specificare le ragioni che
rendevano le prove richiamate nel processo penale dirimenti rispetto alle ulteriori emergenze, di
segno contrario, prospettate dall’Ufficio ed invece totalmente tralasciate.
12.14 Alla stregua delle superiori considerazioni, la censura proposta con il secondo motivo è
fondata e determina l’assorbimento del primo motivo e del terzo motivo.
13. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità.
14. Avendo l’Agenzia ricorrente dedotto l’omessa motivazione in relazione alla mancata
ponderazione di elementi riportati nel verbale riprodotto in ricorso, la ricorrente avrebbe dovuto
documentare o almeno indicare in quale fase processuale tale documento era stato prodotto e posto
al vaglio del giudice.
14.1 In assenza di alcuna emergenza dalla quale potere desumere che tale documento sia stato
prodotto agli atti nel giudizio di merito e tenuto conto dell’esplicita condotta difensiva della società
contribuente, la quale ha dedotto che tale documento non era mai stato depositato in giudizio
innanzi al giudice di merito, la censura non può essere dichiarata inammissibile.
15. Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo la società contribuente deduce
l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia, in relazione all’art.360
comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che la CTR aveva tralasciato di prendere in considerazione la presunta
violazione degli artt.1395 e 1471 c.c., sui quali l’amministrazione aveva fondato l’avviso di

verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini

accertamento per quel che riguarda la somma di £.564.198.000, sostenendo che il contratto di
fusione fosse stato concluso in situazione di conflitto di interessi.
16. Con il secondo motivo la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. Secondo la ricorrente incidentale la
CTR, nel motivare l’accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Agenzia, introdotto un
elemento nuovo, costituito dalla flttizietà del maggior prezzo corrisposto in dipendenza della

comportamento elusivo della società contribuente per avere conferito un maggiore valore di azioni.
16.1 Inoltre, la CTR si era soffermata sull’ipotetica natura d avviamento che poteva riconoscersi
alle somme consegnate in forza della cessione del pacchetto azionario della società incorporata
senza che l’Agenzia vi avesse mai fatto espresso riferimento. In conclusione, la società ricorrente
incidentale prospettata la violazione dell’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. sia con riguardo alla
contraddittoria motivazione resa dal giudicante nell’introdurre nuove ed autonome argomentazioni
rispetto a quelle dedotte in giudizio dalle parti, sia con riguardo all’ampliamento del thema
decidendum.
17. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente incidentale ipotizza la violazione e falsa
applicazione dell’art.115 c.p.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. Lamenta che la CTR, nel
ritenere che gli importi che superavano il valore del patrimonio dei beni trasferiti non potevano
essere qualificati come avviamento, non risultando l’appostamento in bilancio della Unione
Printing, aveva utilizzato prove che non erano nella disponibilità del giudice, non essendo il
bilancio mai stato prodotto in giudizio.
18. Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile.
18.1 Con tale censura la società contribuente ha, per un verso, contestato la correttezza delle
argomentazioni esposte dall’Ufficio in sede di avviso di accertamento che non erano, però state
oggetto di disamina da parte del giudice di appello. E sotto tale profilo la doglianza è, pertanto,
palesemente inammissibile.
18.2 Ma anche la censura in ordine all’omessa valutazione “della questione concernente la
violazione degli artt.1395 e 1471 c.c., ritenendola assorbita” è inammissibile, rivolgendosi la
censura non in un vizio motivazionale coinvolgente un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
ma seminai — ed inammissibilmente- su argomentazioni giuridiche poste a fondamento dell’avviso.
18.3 Passando all’esame del secondo motivo di ricorso incidentale, lo stesso sembra in parte
inammissibile ed in parte infondato.
18.4 Ed invero, contravvenendo alla necessità, imposta dalla formulazione dei quesiti, di inserire
all’interno di una medesima censura diverse censure tutte correlate, secondo la società contribuente,

fusione rispetto a quanto posto a base dell’avviso di accertamento, nel quale si era ipotizzato il

alla violazione dell’art.112 c.p.c., la ricorrente incidentale ha inammissibilmente prospettato, sotto il
paradigma del n.4 dell’art.360 comma 1 c.p.c., il vizio di omessa e contraddittoria motivazione, in
relazione alla mancata considerazione degli argomenti che sarebbero stati posti a base dell’avviso.
18.5 Tali censure, all’evidenza, si risolvono non nella mancata applicazione della normativa di
riferimento o nella omessa applicazione di una norma processuale o nell’omesso esame di una
domanda, quanto unicamente nell’asserita illogicità e contraddittorietà della motivazione,

c.p.c.-cfr.Cass. 5884/2013-.
18.6 Parimenti inammissibile risulta il prospettato vizio di travisamento dei fatti che la ricorrente
incidentale contesta.
18.7 Questa Corte è ferma nel ritenere che il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il
pronunciato può ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle
parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (“petitum” e “causa
petendi”), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non
compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste
delle parti; ne consegue che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che esamini una
questione non espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente
proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulatecfr.Cass . n. 22595 del 26/10/2009-.
18.8 Orbene, nel caso di specie, ad onta di quanto sostenuto dalla società contribuente, il nucleo
della contestazione esposta nell’avviso di accertamento, al di là del contenuto lessicale del termine
“elusivo” che compare per ben due volte, era quello correlato non solo alla prospettata annullabilità
del contratto di fusione per conflitto di interessi- aspetto non esaminato dalla CTR- ma anche alla
circostanza che la scrittura privata aveva attribuito alle azioni della incorporata un valore superiore
a quello del patrimonio netto della società incorporata, mantenendo il debito di £.2.100.000.000 nei
confronti dei venditori del pacchetto; ciò che aveva determinato un vantaggio per i soci della
incorporata e per la società incorporante, beneficiaria di una “situazione fiscale favorevole” in
ragione del mancato assoggettamento ad imposta dell’importo sovrastimato delle azioni, con
conseguente notevole risparmio di imposta.
18.9 Così facendo, non pare potersi ritenere che la CTR, ritenendo il carattere fittizio della fusione
quanto al valore delle azioni (superiore a quello del patrimonio netto), non ha stravolto l’oggetto
originario della pretesa fiscale.

richiedendo, pertanto, la contesta7ione del vizio di motivazione di cui al n.5 dell’art.360 comma 1

aSENTE DÀ RE(.:IST!tkZ/CYS4F.
Al SENSìDFL
N. 131

2
5

18.10 Inconducente risulta, pertanto, il richiamo alla portata del’art.37 bis d.p.r. n.600/72, rilevando
poi il Collegio che le doglianze esposte nella censura facenti riferimento al travisamento delle tesi
dell’Agenzia non è sussumibile nell’ambito del c.d. error in procedendo di cui si discute.
18.11 Quanto al terzo motivo, lo stesso è infondato.
18.12 Ed invero, non risulta dalla motivazione della sentenza impugnata che il giudice di appello
abbia utilizzato degli elementi non presente., nel fascicolo, avendo piuttosto la CTR rilevato che

il valore di avviamento nonchè la procedura di ammortamento del costo.
18.13 Ora, è evidente che la CTR non ha affatto utilizzato prove inesistenti, ma ha semmai inteso
sottolineare come la società contribuente, per giustificare il proprio assunto difensivo, avrebbe
dovuto dimostrare gli elementi sopra indicati.
18.14 La censura è pertanto infondata.
19. In conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, assorbiti il primo ed il
terzo motivo e rigettato il quarto ed il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con
rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, che provvederà a nuovo esame nei limiti delle censure
accolte
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il secondo motivo di ricorso principale, assorbiti il primo ed il terzo motivo e rigettato il
quarto ed il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio che provvederà a
nuovo esame nei limiti delle censure accolterla provvederà alla liquidazione delle spese
del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile.

“dagli atti di causa” non risultava che nel bilancio della società Union Printing spa fosse compreso

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