Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16855 del 09/08/2016

Cassazione civile sez. VI, 09/08/2016, (ud. 19/02/2016, dep. 09/08/2016), n.16855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28318-2013 proposto da:

SOFIA SAS DI S.A. & C 02778160834, in persona del

legale rappresentante pro tempore S.A., domiciliata ex”

lege in ROMA, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’avv.to ALFONSO PARISI, come

da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO SANITA’ REGIONE SICILIA, domiciliato in Roma, Via Dei

Portoghesi 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e e difende per legge;

– resistente –

e contro

ASP MESSINA;

– intimata –

Avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di FRANCAVILLA DI SICILIA,

depositata il 06/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19

febbraio 2016 dal Consigliere Dr. Ippolisto Parziale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Sofia SAS di Sofia Antonietta & C impugna l’ordinanza d’inammissibilità emessa dal Giudice di Pace di Francavilla di Sicilia, in data 06.09.2013 e depositata in pari data, comunicata in data 09.09.2013 ma non notificata, emessa nella causa iscritta al n. 28/13 RG, con la quale veniva dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione proposta avverso il verbale accertamento di illecito amministrativo Prot. n. 4405/VET, notificatole il 22.06.2013 dalla ASP Messina per non aver prestato la necessaria collaborazione, rifiutando così di sottoporre “bovini ai controlli genetici previsti dall’art. 8 dell’Ordinanza ministeriale del 09.08.2012”.

2 – Il giudice di pace, fuori udienza, adottava l’ordinanza impugnata con la quale rilevava che “nell’ambito del procedimento samuonatodo in materia di violazione delle norme di Sanità Pubblica veterinaria di cui al D.Lgs. n. 196 del 1999 non è ammessa l’impugnabilità del verbale di accertamento (v. D.Lgs. n. 58 del 2004, art. 9) in quanto oggetto dell’impugnazione ovvero, dell’opposizione ex L. n. 689 del 1981, art. 22 è esclusivamente l’ordinanza ingiunzione comminatoria della sanzione eventualmente successivamente emanata dall’organo competente”.

3. La ricorrente impugna tale decisione sulla base di due motivi.

Nessuna attività in questa sede ha svolto la parte intimata ASP Messina, mentre l’avvocatura dello Stato ha depositato memoria ai soli fini della partecipazione all’udienza.

4. All’udienza pubblica del 24 settembre 2015, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per mancato invio del fax al difensore della ricorrente. All’odierna udienza gli avvisi sono regolari e il fax risulta regolarmente ricevuto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo di ricorso si deduce: “Nullità del procedimento per violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23”. Rileva la ricorrente che “la pronuncia d’inammissibilità, senta la preventiva instaurazione del contraddittorio, è ammessa soltanto in un’unica ipotesi e cioè nel caso di palese e accertata tardività del deposito del ricorso”.

1.2 – Col secondo motivo di ricorso si deduce: “violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 22 in relazione al D.Lgs. n. 54 del 2004, art. 9”. Il verbale opposto conteneva la contestazione e la sanzione irrogata. Cosicchè era direttamente impugnabile. La normativa sulla pubblica sanità veterinaria nulla di specifico impone al riguardo.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1 – La stessa ricorrente fa riferimento, per il procedimento seguito in sede di opposizione, alla L. n. 689 del 1981, art. 22, che però è stato modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, entrato in vigore il 6 ottobre 2011. L’art. 22, nuova formulazione, prevede che l’opposizione è regolata dall’art. 6 del cit. D.Lgs..

La L. n. 150 del 2011, art. 34, comma 1, ha abrogato i commi dal 2 al 7 dell’art. 22, nonchè la L. n. 689 del 1981, artt. 22-bis e 23.

E’ stata, quindi, abrogata la norma (art. 23, comma 1) che prevedeva che “se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dall’art. 22, comma 1” il giudice “ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza ricorribile in cassazione”. La L. n. 150, art. 6 prevede invece, all’art. 10, comma 1, che il giudice “quando il ricorso è proposto oltre i termini di cui al comma 6, lo dichiara inammissibile con sentenza”.

2.2 – Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 36, commi 1 e 2, entrato in vigore il 6 ottobre 2001, detta come segue la disciplina transitoria: “1. Le norme del presente decreto si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso. 2. Le norme abrogate o modificate dal presente decreto continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di odiata in vigore dello stesso”.

2.3 – L’opposizione, oggetto della presente controversia, riguarda la notifica di un verbale del 22 giugno 2013, effettuata con ricorso datato 16 luglio 2013. Di conseguenza, resta applicabile la nuova disciplina per essere stato depositato il ricorso in data successiva rispetto a quella di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011.

2.4 – La decisione del giudice adito è stata adottata in violazione della nuova normativa, che, come si è detto, ha disposto l’abrogazione dell’art. 23, comma 1, che prevedeva la immediata ricorribilità in cassazione del provvedimento reso dal giudice “fuori udienza”, prima della costituzione del contraddittorio tra le parti. Tale previsione non è stata in alcun modo recepita nella nuova normativa con la conseguenza che tale provvedimento non può più essere adottato dal giudice al di fuori del contraddittorio, prevedendosi che la pronuncia di inammissibilità per tardività del ricorso (perchè proposto oltre il termine di legge) debba essere adottata “alla prima udienza” con sentenza. Di conseguenza, il provvedimento impugnato poteva essere adottato eventualmente solo all’esito del disposto contraddittorio e alla prima udienza. Ed è quindi viziato.

2.5 – Tanto chiarito, occorre ora qualificare il vizio in cui è incorso il giudice. In particolare, si tratta di vedere se si è di fronte ad un provvedimento “abnorme”, ricorribile esclusivamente in Cassazione, oppure se si tratta di provvedimento viziato, ai sensi dell’art. 161 c.p.c. e, quindi, impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione.

Va, infatti, chiarito che la nuova disciplina dettata dal D.Lgs. impugnato ha reso appellabili le decisioni rese al riguardo. In tal senso, la condivisa Cass. n. 13260 del 11/06/2014 (Rv. 631100), che ha osservato quanto segue. “E’ ben vero che il D.Lgs. n. 150 del 2011 non contiene una specifica disposizione nel senso dell’appellabilità delle sentenze emesse nei giudizi di opposizione a ordinanza-ingiunzione, e tuttavia, per effetto della previsione dell’applicabilità, alle suddette controversie, del rito del lavoro, non è dubitabile che le sentenze di primo grado siano tuttora appellabili e non ricorribili per cassazione. L’art. 2 del cit. D.Lgs., infatti, dispone, al comma 1, che “nelle controversie disciplinate dal Capo 2^ (rubricato Delle controversie regolate dal rito del lavoro), non si applicano, salvo che siano espressamente richiamati, l’art. 413 c.p.c., art. 415 c.p.c., comma 7, artt. 417, 417 bis, 420 bis c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 3, Artt. 425, 426 e 427 c.p.c., art. 429 c.p.c., comma 3, art. 431 c.p.c., dal comma 1 al comma 4 e art. 433 c.p.c., comma 6, art. 438 c.p.c., comma 2, e art. 439 c.p.c.”; il che comporta che alle medesime controversie siano invece applicabili le disposizioni del codice di rito concernenti la disciplina dell’appello, ad eccezione di quelle di cui all’art. 433 c.p.c., concernente la individuazione del “giudice d’appello”, all’art. 438 c.p.c., comma 2, contenente il rinvio all’art. 431 c.p.c., in tema di esecutorietà della sentenza, e all’art. 439 c.p.c., concernente il cambiamento del rito in appello”.

2.6 – Tanto ulteriormente chiarito, non può non rilevarsi che la nuova disciplina ha individuato nell’appello un generale rimedio impugnatorio, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 161 c.p.c. tutti i vizi della sentenza devono essere denunciati con l’ordinano rimedio di impugnazione previsto e, nel caso in questione, con l’appello (restando fuori da tale generale rimedio il solo caso della sentenza non sottoscritta dal giudice, che qui non interessa).

2.7 – Ultima questione da affrontare è quella della qualificazione giuridica dell'”ordinanza fuori udienza” resa dal giudice, che tale qualificazione ha adottato. Al riguardo, ritiene il Collegio sufficiente rilevare che il provvedimento adottato (pronuncia d’inammissibilità), adottata quando ormai era certamente decorso il termine per una ulteriore opposizione tempestiva, definiva il giudizio, rendendo indispensabile una impugnazione. Il provvedimento, quindi, ai fini che qui interessano, era certamente decisorio, restando ininfluente la forma adottata. Nè il provvedimento impugnato può essere qualificato come abnorme. Questa Corte, con riguardo ad un provvedimento adottato con ordinanza emessa ex L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, ha affermato, anche di recente, che “in tema di opposizione a sanzioni amministrative, è abnorme e, quindi, impugnabile per Cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7., il provvedimento qualificato come “ordinanza”, che abbia dichiarato inammissibile l’opposizione per genericità dei motivi, trattandosi di provvedimento emesso al di fuori di alcuna previsione normativa, in ipotesi neppure astrattamente riconducibile ai moduli processuali previsti dalle norme sul giudizio di opposizione e, tuttavia, incidente su posizioni di diritto soggettivo e idoneo, per il suo carattere di decisorietà, al passaggio in giudicato” (Cass. n. 5237 del 01/03/2013, Rv. 625517).

Nel caso in esame, come si è detto, la norma dell’art. 23 non era più applicabile. Conseguentemente ogni pronuncia emessa, una volta iniziato il procedimento, non può essere ritenuta come emessa del tutto al di fuori di “alcuna previsione normativa, in ipotesi neppure astrattamente riconducibile ai moduli processuali previsti dalle norme sul giudizio di opposizione”, risultando invece, nel caso in esame, emessa in palese violazione della nuova normativa, e di conseguenza affetta da nullità, sottoposta al regime impugnatorio dell’art. 161 c.p.c..

2.8 – In definitiva, per quanto su esposto, il provvedimento impugnato era soggetto ad appello, e, di conseguenza, il proposto ricorso per cassazione è inammissibile.

3. Nulla per le spese, perchè l’avvocatura dello Stato non ha svolto idonea attività difensiva in questa sede, non avendo partecipato all’udienza di discussione. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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