Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16854 del 05/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16854 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 30552 del ruolo generale
dell’anno 2007, proposto
da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura
dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via
dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
– ricorrente contro
Fallimento di s.r.l. Quadrifoglio, in persona del curatore,
rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del
controricorso, dall’avv. Giovanni Actis, col quale
domicilia in Roma, alla via Ovidio, n. 20, presso lo studio
degli avvocati Liccardo, Landolfi ed associati;
controricorrenteRG n. 30552/2007
rrino estensore

Data pubblicazione: 05/07/2013

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per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Campania, sezione 28°, depositata in data 6
dicembre 2006, n. 237/28/06;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 21
maggio 2013 dal consigliere Angelina-Maria Penino;

Socio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso
Fatto
La società contribuente presentò la dichiarazione IVA per il
periodo d’imposta 2002 esponendo un credito d’imposta
corrispondente all’ammontare dell’Iva relativa ad acquisti ed
importazioni, oltre al credito relativo alla dichiarazione per l’anno
precedente, in assenza di operazioni attive, chiedendone il rimborso
con modello VR 2003, presentato il 2 aprile 2003.
Successivamente, in data 21 aprile 2004, la società presentò
istanza di definizione automatica per gli anni dal 1997 al 2002, a
norma dell’articolo 9 della legge 289 del 2002 e versò l’importo
necessario al perfezionamento della definizione.
Con successivo provvedimento l’Agenzia delle entrate
comunicò che non avrebbe dato corso al rimborso richiesto, in
quanto l’IVA sugli acquisti portata in detrazione si riferiva ad
operazioni esenti e la società impugnò il diniego.
La Commissione tributaria provinciale respinse il ricorso, con
sentenza che la Commissione tributaria regionale ha ribaltato,
facendo leva sul 9° comma dell’articolo 9 della legge numero 289
del 2002, dal quale a suo dire emergerebbe che, essendo i rimborsi
RG n. 30552/2007
Angelina-

uditi per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato Gianna De

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indicati in dichiarazione non ulteriormente modificabili nei
confronti di coloro che aderiscano alle disposizioni sul condono,
sarebbe preclusa all’ufficio ogni valutazione in ordine alla
sussistenza dei relativi presupposti.
Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della
sentenza impugnata, affidando il ricorso ad un unico motivo.

società.
Diritto
1.- Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1°
comma, numero 3, c.p.c., l’Agenzia delle entrate lamenta la
violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 della legge numero
289 del 2002, ritenendo che la presentazione di domanda di
condono tombale da tale norma prevista non imponga
all’amministrazione di rimborsare i crediti IVA esposti dal
contribuente nella dichiarazione originaria, se essi derivano dalla
indebita detrazione di imposte indetraibili.
2.-Il ricorso è fondato e va in conseguenza accolto.
Va anzitutto rilevato che, di per sé, l’adesione al c.d. condono
tombale non può essere ragione ostativa al diniego di rimborso
opposto dall’amministrazione per insussistenza dei relativi
presupposti, che si porrebbe in insanabile contrasto con la
giurisprudenza comunitaria.
2.1.-E ciò in quanto la Corte di giustizia, grande sezione, con la
sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, che specificamente
investe l’articolo 9 della legge n. 289 del 2002, ha considerato che
le somme dovute in forza di tale condono sono sproporzionate
rispetto all’importo che il soggetto avrebbe dovuto versare sulla
base del volume di affari risultante dalle operazioni da lui compiute,
RG n. 30552/2007

Resiste con controricorso il curatore del fallimento della

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ma non dichiarate, di guisa che lo squilibrio significativo esistente
tra gli importi effettivamente dovuti e quelli corrisposti dai
contribuenti che intendono beneficiare della definizione agevolata
in questione conduce ad una quasi-esenzione fiscale. Sono in tal
modo svuotate di contenuto, ha proseguito la Corte di giustizia, le

sesta direttiva iva e l’articolo 10 del Trattato Ce), che fanno obbligo
ad ogni Stato membro di adottare tutte le misure legislative ed
amministrative, al fine di garantire che questa imposta sia
interamente riscossa nel suo territorio. Non solo: la Corte di
giustizia ha rimarcato che la legislazione italiana produce, nella
misura in cui i contribuenti colpevoli di frode risultano favoriti dalla
legge 289 del 2002, un effetto contrario alla lotta contro la frode,
che rappresenta un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta
direttiva (su quest’ultimo punto, vedi anche le sentenze della Corte
di giustizia 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax, e 22 maggio
2008, causa C-162/07, Ampliscientifica e Amplifin).
In linea con questo principio, questa Corte ha anche di recente
disapplicato l’art. 9 della legge n. 289 del 2002, nella parte in cui
consente al contribuente, che abbia omesso di presentare le
dichiarazioni IVA negli esercizi d’imposta coinvolti dal condono, di
fruire per questa imposta della definizione agevolata (Cass. 7
febbraio 2013, n. 2915).
3.-A tanto va aggiunto, pure in seno alla costruzione normativa
del condono, che le sezioni unite della Corte (Cass., sez.un., 5
giugno 2008, n. 14828) hanno chiarito, tra l’altro, che il 9 0 comma
dell’articolo 9 della legge numero 289 del 2002 esclude che il
condono abbia di per sé un effetto modificativo soltanto in ordine
all’importo di eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle (ossia
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Angelina-

disposizioni comunitarie (ossia gli articoli 2 e 22 della cosiddetta

ZSENTE DA REGITRAZIONE.
SENS;iDL
N. 131

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indicati nelle) dichiarazioni presentate dal contribuente, nel senso
che il condono non impone al contribuente la rinuncia al credito ivi
esposto, né preclude all’amministrazione di rimborsarlo, se lo
ritiene fondato, o di accertarne la non rimborsabilità, giusta i
principi fissati dall’ordinanza numero 340 del 2005 della Corte

5586).
4.-11 ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va
cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria
regionale della Campania, che esaminerà nel merito la questione
della rimborsabilità dell’imposta, rimasta assorbita.
per questi motivi
La Corte:
-accoglie il ricorso;
-cassa la sentenza impugnata;
-rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale della Campania.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta
civile, il 21 maggio 2013.

costituzionale (conforme, più recente, Cass., ord. 8 marzo 2010, n.

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