Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16852 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 09/08/2016), n.16852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8894-2015 proposto da:

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALDINIEVOLE 11,

presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura a

margine del controricorrente;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE DIPARTIMENTO DEL TESORO (OMISSIS),

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 5327/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

04/06/2014, depositata il 27/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA, difensore del controricorrente,

la quale si riporta ai motivi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9 giugno 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 27 giugno 2014, la Corte di Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale di Tivoli di rigetto della domanda proposta da L.P. nei confronti dell’INPS ed intesa al riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità ex lege n. 118 del 1971 dell’indennità di accompagnamento.

La Corte territoriale, pur prendendo atto che all’esito del rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio il L. era affetto da un quadro morboso invalidante nella misura del 100% (ma non di gravità tale da renderlo incapace di compiere autonomamente gli atti del vivere quotidiano) a decorrere dal settembre 2007, evidenziava che da tale data e fino al (OMISSIS) (data del compimento del 65 anno di età da parte del L.) non ricorreva il requisito reddituale dovendosi tenere conto – per il periodo antecedente l’entrata in vigore del D.L. 28 giugno 2013, n. 30 – non solo del reddito personale del predetto, ma anche di quello del coniuge in relazione al quale, nonostante il termine all’uopo concesso, nulla era stato documentato.

Per la cassazione della decisione propone ricorso il bulli sulla base di un unico motivo.

L’I.N.P.S. resiste con controricorso. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.

Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 33 del 1980, art. 14 septies, commi 4 e 5, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) censurandosi la decisione di appello per aver ritenuto di dover cumulare, al fine della verifica del requisito reddituale, al reddito individuale del ricorrente anche il reddito del coniuge e per aver ritenuto non applicabile alla fattispecie in esame la disposizione di cui al D.L. 30 dicembre 1979, n. 633, art. 14 septies, comma 7 conv. con modifiche in L. 29 febbraio 1980, n. 33 inserito dal D.L. 29 giugno 2013, n. 76, art. 10, comma 5, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 99 – in palese violazione del disposto di cui al D.L. n. 76 del 2013 cit., art. 10, comma 6.

Il motivo è infondato.

Si premette che questa Corte, con indirizzo consolidato (vedi, in particolare, Cass. n. 16363 del 2002, n. 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, n. 13261 del 2007) aveva statuito che in tema di verifica del requisito reddituale prescritto ai fini della pensione di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12 assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata. Tale soluzione interpretativa risulta fondata oltre che sul dato testuale del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, comma 4 nv. in L. n. 33 del 1980 – il quale, nell’elevare i limiti di reddito anteriormente fissati dal D.L. n. 30 del 1974, artt. 6, 8 e 10 conv. in L. n 114 del 1974, non prevede, per la pensione di inabilità, l’esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito dal comma 5 per l’assegno di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13 – anche su considerazioni di ordine generale attinenti alla funzione sostitutiva dell’intervento assistenziale pubblico riconosciuta alla solidarietà familiare nell’ambito del sistema di sicurezza sociale. L’orientamento sopra richiamato è stato successivamente posto in discussione da alcune decisioni (Cass. n. 18825 del 2008, n. 7259 del 2009 e n. 20426 del 2010). Tuttavia la questione è stata oggetto di ulteriore rimeditazione in esito alla quale questa Corte, con condivisibile recente pronunzia (Cass. n. 5003 del 2011), seguita da altre conformi (v. tra queste: Cass. ord. n. 19658 del 2012), ha confermato l’orientamento più risalente affermando che ai fini della pensione di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12 il requisito reddituale deve essere verificato considerando anche il reddito dell’eventuale coniuge.

Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si innesta il recente intervento del legislatore che con il D.L. 28 giugno 2013, n. 76, recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonchè in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti” conv. nella L. n. 99 del 2013, art. 10, comma 5 ha inserito dopo il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, comma 6 convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, una ulteriore disposizione (divenuta l’art. 14 septies, comma 7 la quale si specifica che “Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12 è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”). La disposizione si completa con il successivo comma 6 (divenuto art. 14 septies cit., comma 8) il quale stabilisce che “La disposizione del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14-septies, comma 7 convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5.”.

Come chiarito in recenti pronunzie di questa Corte (ord. Cass. n. 27812 del 2013, n. 28565 del 2013 cui ne sono succedute numerose altre), con tale previsione il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa (da interpretarsi nei termini più sopra riportati) non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice. Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione (28.6.2013) e soggiunge che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purchè il loro riconoscimento sia intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e risulti comunque rispettoso dello stesso.

Consegue, con riferimento al caso di specie, che il diritto al beneficio in controversia poteva essere riconosciuto solo previa verifica che i redditi del ricorrente, cumulati con quelli del coniuge, non superassero la soglia di legge, dovendosi evidenziare la inapplicabilità, in concreto, della novella di cui al D.L. 28 giugno 2013, n. 76 conv. in L. n. 99 del 2013, in ragione del fatto che il L., all’epoca della relativa entrata in vigore, aveva già compiuto i sessantacinque anni di età.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, quindi, rigetta il ricorso.

Le spese del presente giudizio vanno dichiarate non ripetibili avendo il L. reso la dichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. come sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito nella L. n. 326 del 2003, “ratione temporis” applicabile alla presente causa.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara non ripetibili le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il agosto 2016

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