Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16850 del 07/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 07/08/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 07/08/2020), n.16850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23984-2014 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

VINCENZO TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2948/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/04/2014 R.G.N. 4135/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito

l’Avvocato VINCENZO STUMPO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale che aveva accolto l’opposizione proposta dall’Inps avverso il decreto ingiuntivo con cui C.E. aveva richiesto il pagamento della somma di Euro 3.571,84 oltre accessori, a titolo di trattamento di CIGS per il periodo dal settembre al dicembre 2010.

2. La Corte territoriale argomentava che il giudice di primo grado aveva ritenuto che le somme reclamate fossero già state corrisposte per l’importo dovuto di Euro 3.532,17, sulla base della documentazione in atti e tenuto conto delle ammissioni rese dalla parte delle note conclusive, e che tale argomentazione non era stata efficacemente censurata dalla parte appellante. Per quanto riguarda la lamentata omessa pronuncia in ordine all’importo residuo di Euro 56,72 a titolo di sorte capitale e accessori, riteneva che l’Inps avesse contestato la quantificazione della somma ingiunta da controparte, in quanto l’istituto aveva eccepito di avere integralmente versato per l’anno 2010 le somme dovute nella diversa e minore misura liquidata. In ordine alla liquidazione degli interessi legali, argomentava che le deduzioni della parte si incentravano sulla tardività del pagamento, non sostenuta da concreti riferimenti ai tempi dell’adempimento da parte dell’INPS.

3. Per la Cassazione della sentenza C.E. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. La ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116,354,416 e 117 e 167 c.p.c. e art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione e lamenta che il Collegio di merito abbia ritenuto non dovuto il residuo per sorte capitale e accessori. Riferisce che nell’atto di appello l’Inps aveva ammesso confessoriamente di aver pagato tardivamente e che sui documenti e sul conteggio prodotto non vi era stata specifica contestazione da parte dell’Istituto.

5. Il ricorso non è fondato.

6. La Corte territoriale ha rilevato nella condotta processuale dell’Inps la contestazione dell’importo ingiunto, considerato che l’istituto aveva ritenuto corretto il minor importo che era stato corrisposto.

7. L’accertamento della sussistenza di una (pur generica) contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione (n. 10182 del 03/05/2007, n. 27490 del 28/10/2019).

8. Il motivo all’esame lamenta tuttavia non l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo nel senso patrocinato, bensì richiede una diversa valutazione delle medesime circostanze e dunque una nuova valutazione del merito della controversia. In tal senso, risulta inammissibile, specie considerato che al presente giudizio si applica ratione temporis la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, nè può fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito.

9. In merito alla riferita non contestazione dei documenti e conteggi prodotti conteggi da parte dell’istituto, basta qui ribadire che l’onere di contestazione concerne le sole allegazioni in punto di fatto, non i documenti, restando in ogni momento la loro significatività o valenza probatoria oggetto di discussione tra le parti e suscettibile di autonoma valutazione da parte del giudice (cfr. Cass. 13027/2017, Cass. n. 12748/2016; Cass. n. 6606/2016).

10. Quanto alla lamentata ammissione della tardività del pagamento, che renderebbe fondata la richiesta degli accessori, il motivo è formulato in modo generico e dunque inammissibile, non essendo specificato in che termini detto ritardo avrebbe inciso sulla somma richiesta dal ricorrente, considerato che lo stesso riferisce di avere imputato il pagamento effettuato dall’Inps ex art. 1194 c.c. a titolo di interessi e rivalutazione, con un residuo per sorte capitale di Euro 8,05 (pg. 6 del ricorso).

11. Il ricorso, pertanto, va rigettato.

12. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

13. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020

 

 

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