Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16849 del 07/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 07/08/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 07/08/2020), n.16849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7785-2014 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA

59, presso lo studio dell’avvocato AMOS ANDREONI, che lo rappresenta

e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6512/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/09/2013 R.G.N. 2526/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato AMOS ANDREONI;

udito l’Avvocato PATRIZIA CIACCI per delega verbale Avvocato EMANUELA

CAPANNOLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva respinto la domanda proposta da B.G. al fine di ottenere la dichiarazione dell’irripetibilità della somma di Euro 51.795,00, che era stata richiesta dall’Inps in quanto percepita in eccesso sulla pensione di invalidità INPDAI di cui era titolare dal dicembre 1983, per la concomitante prestazione di attività di lavoro dipendente non dirigenziale svolta dal febbraio 1991 all’1 aprile 1999 e per la mancata comunicazione della rioccupazione all’INPDAI.

2. La Corte territoriale disattendeva le argomentazioni dell’appellante – che assumeva di aver incolpevolmente omesso di effettuare la comunicazione relativa alla prestazione di lavoro in costanza di pensione, per essere stato a ciò indotto dalle notizie provenienti dall’INPDAI in merito alla cumulabilità dei redditi – in quanto le deduzioni svolte in primo grado erano limitate al fatto che sarebbe stato onere dell’ente previdenziale di appartenenza verificare la percezione di altro reddito; riteneva pertanto inammissibile in quanto tardiva la produzione documentale allo scopo richiamata (la circolare INPDAI del 20 aprile 1993 e la rivista L’Informatore INPDAI del settembre 1993).

3. Per la cassazione della sentenza B.G. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui l’INPS ha resistito con controricorso.

4. Il B. ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Come primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto tardiva la produzione della circolare INPDAI del 20/4/1993 e quindi non ne abbia valutato il contenuto, laddove la produzione era finalizzata a far valere l’inapplicabilità della L. n. 153 del 1969, art. 20 assunta dall’Inps a fondamento del recupero, ai pensionati d’invalidità INPDAI.

6. Come secondo motivo deduce la violazione della L. n. 153 del 1969, art. 20 e sostiene che la predetta norma non sarebbe riferibile all’INPDAI, che all’epoca era un istituto autonomo, gestore in via sostitutiva del sistema pensionistico per i dirigenti di aziende industriali.

7. Come terzo motivo deduce la violazione del D.P.R. 17 agosto 1955, n. 914, artt. 11 e 14 in combinato disposto con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 10, comma 8 e sostiene che l’art. 11 suddetto chiarisce che la pensione di invalidità dei dirigenti comporta l’abbandono del lavoro in qualità di dirigente ma non esclude un lavoro diverso, sicchè l’ex dirigente pensionato per invalidità che si sia reimpiegato con diversa qualifica potrebbe cumulare interamente il reddito da lavoro dipendente; evidenzia inoltre che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 10, comma 8 nel disporre il divieto generalizzato di cumulo per tutte le gestioni pensionistiche, reca altresì una norma di salvaguardia, a mente della quale ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 1994 erano titolari di pensione continuavano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, se più favorevole.

8. Il ricorso, contrariamente a quanto eccepito dall’Inps, è ammissibile, in quanto la narrativa in fatto consente di comprendere il tenore delle doglianze e l’incidenza della questione di diritto che si propone, chiaramente descritta nei suoi profili applicativi, sulla soluzione adottata dal giudice di merito.

9. Ed invero, oggetto di causa era l’accertamento richiesto dal B. dell’inesistenza del diritto dell’Inps a procedere al recupero delle quote di pensione ritenute indebitamente percepite.

L’operato recupero, nell’assunto dell’Inps, presupponeva l’incunnulabilità, all’epoca dei fatti, della pensione d’invalidità INPDAI con la retribuzione, nonchè l’esistenza del correlato obbligo di comunicazione dei redditi da lavoro percepiti in costanza di detto pensionamento.

10. La questione sottoposta al giudice d’appello, inerente l’inesistenza di una normativa che legittimasse, alla stregua delle circostanze di fatto già allegate ed acquisite agli atti di causa, il diritto dell’Inps a procedere a detto recupero, costituiva quindi la necessaria premessa logico-giuridica delle questioni agitate nel dibattito processuale e doveva essere fatta oggetto di esame dal giudice di secondo grado, senza che su tale obbligo potesse esplicare rilievo la circostanza che, in primo grado, le questioni controverse avessero investito altri e diversi profili di possibile infondatezza della pretesa restitutoria e che la statuizione conclusiva di detto grado si fosse limitata solo a tali diversi profili, atteso che la disciplina legale inerente al fatto giuridico costitutivo della domanda è di per sè sottoposta al giudice di grado superiore, senza che vi ostino i limiti dell’effetto devolutivo dell’appello (v. Cass. n. 11287 del 10/05/2018).

11. La questione, di mero diritto, viene riproposta in questo giudizio, e deve in tal senso essere esaminata, il che comporta l’assorbimento del primo motivo di ricorso.

12. Tanto premesso, il secondo e terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

13. Come rileva anche la difesa dell’Inps nel controricorso, non è in discussione in causa la possibilità per il pensionato d’invalidità INPDAI di continuare a prestare attività lavorativa non dirigenziale, come nel caso è avvenuto, ma l’operatività nella fattispecie del divieto di cumulo tra pensione e retribuzione.

14. Tale divieto dev’essere previsto da una legge che ne determini modalità e limiti, operando su diritti coperti da garanzia costituzionale (v. Corte Cost. n. 155 del 1969).

15. il D.P.R. n. 153 del 1969, art. 20 che è stato richiamato dall’Inps a sostegno dell’operato recupero, fa invero riferimento ad alcune categorie di pensione tra le quali non sono ricompresi i pensionati INPDAI.

16. La norma, sostituendo del D.P.R. n. 27 aprile 1968, n. 488, l’art. 20 ha disposto infatti l’incumulabilità, entro determinati limiti, con la retribuzione lorda percepita in costanza di rapporto di lavoro, delle “pensioni di vecchiaia e di invalidità liquidate a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, di quelle liquidate a carico delle gestioni speciali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, degli artigiani e degli esercenti attività commerciali nonchè di quelle liquidate a norma della L. 21 luglio 1965, n. 903, art. 13”, ed inoltre, a norma del comma delle “pensioni delle assicurazioni generali obbligatorie per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti sulle quali è esercitato il diritto di sostituzione in qualsiasi forma da parte di fondi obbligatori di previdenza gestiti dall’Istituto nazionale della previdenza sociale”.

17. Non si applica quindi all’INPDAI, che (prima della sua soppressione con il trasferimento di strutture e funzioni all’INPS ad opera della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 42) gestiva ai sensi della L. 27 dicembre 1953, n. 967, art. 1 l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e per i superstiti dei dirigenti di aziende industriali, in sostituzione dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e per i superstiti gestita dall’Istituto nazionale della previdenza sociale.

18. Per tale ente, il regime della pensione d’invalidità era dettato dal D.P.R. 17 agosto 1955, n. 914, artt. 11 e ss. che non prevedevano (a differenza di quanto avveniva per le pensioni di cui al precedente art. 10) un regime d’incumulabilità con una (eventuale) retribuzione per attività lavorativa non dirigenziale.

19. La disciplina generale è stata introdotta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, che all’art. 10 ha regolamentato il cumulo tra pensioni e redditi da lavoro dipendente ed autonomo, operante con effetto dal 1 gennaio 1994 – anche per le pensioni a carico delle forme di previdenza esclusive e sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti (quali appunto la gestione dell’INPDAI).

20. Il comma 8 della stessa norma ha introdotto tuttavia una limitazione all’operatività del cumulo come disciplinato dalla disposizione, prevedendo che “Ai lavoratori, che alla data del 31 dicembre 1993 risultano già pensionati ovvero hanno maturato il diritto a pensionamento entro tale data e ne ottengano il trattamento nel corso del 1994, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa”. Il testo è stato modificato dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11 nel senso che “Ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, più favorevole”.

21. Detta disciplina generale del cumulo non si applica quindi ai trattamenti pensionistici liquidati anteriormente al 1.1.1995 (come anche a coloro che avessero completato entro il 31 dicembre 1994 la contribuzione minima della pensione di vecchiaia e di anzianità, v. Cass. n. 17360 del 23/07/2010) e, dunque, nemmeno al B., titolare dal dicembre 1983 di pensione d’invalidità.

22. Con la L. n. 335 del 1995 si è giunti poi a prevedere “l’armonizzazione dei regimi pensionistici alle norme del regime generale nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi” (art. 1, comma 1) e, in ottemperanza alla delega conferita dall’art. 2, comma 22 suddetta legge, è stato emanato il D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, che, all’art. 4, ha previsto l’applicazione agli iscritti all’INPDAI le disposizioni in materia di invalidità e di inabilità vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria, con effetto sulle domande presentate successivamente alla data della sua entrata in vigore, ed ha previsto altresì l’applicazione agli stessi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, commi 42 e 43, dei quali il primo prevede le conseguenze del cumulo dell’assegno di invalidità con i redditi da lavoro dipendente.

23. Ne consegue che, al fine di valutare la sussistenza o meno della possibilità dell’Inps di procedere al recupero dell’indebito, occorreva valutare il regime del cumulo con la retribuzione operante con riferimento alla pensione in godimento, anche al fine dell’operatività dell’obbligo, previsto dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 8 bis introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 211 di produrre all’ente o ufficio erogatore della pensione la dichiarazione dei redditi da lavoro riferiti all’anno precedente, funzionale ad operare le dovute ritenute, con le conseguenze sanzionatorie previste dalla stessa disposizione.

24. Poichè il giudice di merito non ha effettuato tale valutazione, il ricorso dev’essere accolto e la sentenza cassata.

25. Non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, considerato che nel caso la pensione d’invalidità è stata liquidata nel 1983 quando non operava il regime della (parziale) incumulabilità, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e l’originario ricorso proposto dal B. può essere accolto, con la dichiarazione d’ irripetibilità della somma di Euro 51.795,00, che era stata richiesta dall’Inps in quanto percepita in eccesso su detta pensione e la condanna dell’Inps alla restituzione della somma già trattenuta di Euro 8.139,32.

26. Le spese dell’intero processo seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

27. L’accoglimento del ricorso preclude il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non dovuta la restituzione della somma di Euro 51.795,00 percepita da B.G. relativamente alla pensione INPDAI n. (OMISSIS); condanna l’Inps a restituire al B. la somma di Euro 8.139,82, oltre interessi. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di fronte al Tribunale, che liquida per compensi professionali in Euro 4.000,00, delle spese del giudizio di fronte alla Corte d’appello, che liquida per compensi professionali in Euro 4.000,00 e delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida per compensi professionali in Euro 7.000,00, oltre ad Euro 200.00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori per ciascun grado.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020

 

 

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