Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16848 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 09/08/2016), n.16848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28075-2014 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliare in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’Avvocatura

Centrale dell’ Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULII, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

M.E.;

– intimato-

avverso la sentenza n. 768/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

27/01/2014, depositata il 23/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA, difensore del ricorrente, la

quale si riporta ai motivi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9 giugno 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 23 maggio 2014, la Corte di Appello di Roma, in riforma della decisione del Tribunale in sede, accoglieva la domanda proposta da M.E. nei confronti dell’INPS e condannava l’istituto a corrispondere al ricorrente l’assegno di invalidità civile con decorrenza dal 1 giugno 2012, oltre accessori.

La Corte territoriale riteneva che a seguito della entrata in vigore della modifica della L. n. 118 del 1971, art. 13, comma 2, – come operata dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, – il requisito dell’inoccupazione poteva essere provato in giudizio con un’autocerficazione “di non svolgere attività lavorativa” come quella depositata dal M. sin dal primo grado.

Per la cassazione della decisione propone ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo.

Il M. è rimasto intimato.

Con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 anche nel testo sostituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 35, dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 94, degli artt. 2697 c.c., art. 116 c.p.c. e art. 11 disp. gen..

Il motivo è manifestamente fondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui in tema di invalidità civile, la prova del requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa previsto per beneficiare dell’assegno d’invalidità di cui alla L. 21 aprile 1971, n. 118, art. 13 come novellato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 35, non può essere fornita in giudizio mediante una dichiarazione dell’interessato, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale. (Cass. n. 17929 del 10/09/2015; Cass. n. 1606 del 28/01/2015; Cass. n. 19833 del 28/08/2013; Cass. n. 25800 del 20/12/2010).

Pertanto, si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione che si atterrà al sopra enunciato principio di diritto, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, quindi, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, cent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

1.2 Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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