Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16848 del 07/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 07/08/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 07/08/2020), n.16848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14974-2014 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE ANGELO

ROTONDO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

– INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

LUCIANA ROMEO, e EMILIA FAVATA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1720/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 30/12/2013, R.G.N. 2856/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato EMILIA FAVATA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza, ha condannato l’Inail ad adeguare la rendita goduta da S.M. nella misura del 25% per il periodo dall’1/11/2004 al 31/12/2005 e nella misura del 21% dall’1/1/2006, oltre interessi legali dalle scadenze.

Ha ritenuto che la CTU svolta in appello avesse argomentato in modo corretto superando le diverse conclusioni cui era pervenuto il CTU di primo grado.

2. Avverso la sentenza ricorre lo S. con due motivi. Resiste l’Inail.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge ed insufficienza di motivazione per essersi adeguato alla CTU limitandosi a ritenere le conclusioni del consulente immuni da vizi, invece di adeguarsi alle attendibili conclusioni svolte dal CTU di primo grado.

Con il secondo motivo lamenta il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sugli arretrati.

4. Il ricorso è infondato. Va rilevata la mancanza di specificità del primo motivo non avendo il ricorrente neppure riportato le parti salienti della consulenza d’ufficio svolta in primo grado, nè di quella svolta in appello al fine di consentire a questa Corte di valutare la fondatezza delle doglianze di parte ricorrente.

Il ricorso finisce per tradursi in mero dissenso diagnostico. Questa Corte ha, infatti, più volte affermato che “nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr tra le tante 1652/2012).

Nella specie risulta evidente che i ricorso non contiene alcuna denuncia di vizi che si concretino in devianza dalle nozioni defila scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente errate che solo possono essere rilevanti al fine di pervenire a conclusioni diverse da quelle assunte dal giudice di merito.

Risulta, altresì, infondato il secondo motivo atteso che la Corte ha liquidato a favore del ricorrente gli interessi legali ai quali non è sommabile la rivalutazione. Gli interessi legali possono eventualmente essere detratti a ristoro del maggior danno subito per la diminuzione del valore del credito, ma il ricorrente non ha formulato una censura in tali termini.

5. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza in difetto di dichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. Att. c.p.c..

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e spese generali al 15%, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020

 

 

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