Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16843 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 09/08/2016), n.16843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21821-2014 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’Avvocatura

Centrale dell’ Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI EMANUELE CAPANNOLO, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI

ANTONELLI 97, presso lo studio dell’Avvocato ANTONELLO POMPILIO,

rappresentato e difeso dagli Avvocati ANGELO MILAZZO, ETTORE

RODRIQUENZ, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 213/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

30/01/2014, depositata il 13/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA, difensore del ricorrente, la

quale si riporta ai motivi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9 giugno 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 13 marzo 2014, la Corte di Appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale di Trapani che aveva accolto la domanda proposta da A.G. nei confronti dell’INPS ed intesa al ripristino della pensione quale cieco civile che gli era stata revocata per sopravvenuto superamento dei limiti di reddito.

Ad avviso della Corte la L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68 alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, esclude che la pensione di invalidità già riconosciuta all’assicurato in ragione della sua cecità possa essergli revocata qualora siano mutati i suoi redditi per effetto del conseguimento di una nuova occupazione.

Per la cassazione della decisione propone ricorso l’INPS affidato a due motivi.

L’ A. resiste con controricorso.

Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, artt. 6 e 8 convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 1983, dell’art. 12 preleggi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3,). Ci si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia considerato che il combinato disposto della normativa richiamata riguardi la pensione di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e non, dunque, la prestazione assistenziale rivendicata in giudizio.

Con il secondo motivo viene lamentata violazione e falsa applicazione della L. 10 febbraio 1962, n. 66, art. 1 della L. 27 maggio 1970, n. 382, artt. 1 e 5 del D.L. 2 marzo 1974, n. 30, artt. 5 e 6 convertito nella L. 16 aprile 1974, n. 114, della L. 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 septies nell’interpretazione autentica della L. 8 ottobre 1984, n. 660 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”. Si assume che la Corte territoriale, riconoscendo il diritto alla pensione di invalidità civile per i ciechi nonostante il superamento del limite reddituale, abbia violato le disposizioni richiamate e specificamente previste per la prestazione assistenziale in questione.

I motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono manifestamente fondati (v.,da ultimo Cass. sez. sesta – L. n. 5488/2016; n. 3346/2016 alle cui motivazioni si rimanda) alla luce del principio secondo cui la pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) di cui alla L. 10 febbraio 1962, n. 66, artt. 7 e 8 è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38 Cost., comma 1, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12 di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia la L. 30 aprile 1969, n 153, art. 68 dettato per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S., sia il D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8, comma 1 bis, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione I.N.P.S. in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38 Cost., comma 2, intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica; tale principio è da ritenersi in linea (e non in contrasto) con quanto affermato da questa Corte nella decisione n. 3814/2005 così da escludere la necessità di una devoluzione della questione alle Sezioni unite.

Alla luce di quanto esposto, si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con decisione nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto essendo pacifico il superamento del requisito reddituale da parte dell’ A. – di rigetto della originaria domanda, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, quindi, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decide nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessario ulteriori accertamenti di fatto – rigettando la domanda dell’ A. di cui all’originario ricorso.

La controvertibilità delle questioni trattate e l’esistenza di precedenti difformi di questa stessa Corte di legittimità giustificano la compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero processo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, anno riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo dcl versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravarne (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero processo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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