Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16843 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/07/2017, (ud. 23/03/2017, dep.07/07/2017),  n. 16843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10343-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.T.A. C.F. (OMISSIS), D.A. C.F. (OMISSIS),

D’.AN. C.F. (OMISSIS), tutte nella qualità di eredi di

D.D. deceduta, elettivamente domiciliate in (OMISSIS),

presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO PANETTA, rappresentate e

difese dall’avvocato FABIO MASSIMO FAUGNO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2976/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/04/2010 R.G.N. 11331/07.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che con sentenza n. 2976/2010, depositata il 21 aprile 2010, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato dalla S.p.A. Poste Italiane e da D.D. ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26/11/1994, così come integrato dall’Accordo del 25/9/1997, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, relativamente al periodo 22/12/1999 – 29/2/2000, con le pronunce conseguenti;

– che, a sostegno della propria decisione, la Corte ha rilevato che il contratto era stato sottoscritto in epoca successiva al 30/4/1998 e, pertanto, in difetto di una contrattazione collettiva che ne autorizzasse la stipula, dopo successivi accordi che avevano prorogato il termine ultimo fino a tale data;

– che nei confronti di tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S.p.A. Poste Italiane affidandosi a quattro motivi, con richiesta di applicazione della disciplina sopravvenuta di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;

– che hanno resistito con controricorso, quali eredi della lavoratrice, D.T.A., D’.An. e D.A.;

rilevato che: (a) con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione per non avere la Corte correttamente e compiutamente valutato l’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello della lavoratrice per genericità ex art. 434 c.p.c.; (b) con il secondo, la ricorrente deduce il vizio di erronea ed insufficiente motivazione nonchè di violazione dell’art. 1372 c.c. e di altre norme di diritto (artt. 1175, 1375, 2697, 1427 e 1431 c.c.; art. 100 c.p.c.: art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte disatteso l’eccezione di risoluzione per mutuo consenso senza alcun riferimento al caso concreto e pur a fronte di documentazione fiscale (relativa ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato), che avrebbe potuto dimostrare – diversamente da quanto, in maniera del tutto generica, affermato in sentenza – l’emergere proprio di significativi elementi comprovanti la mancanza di interesse alla prosecuzione del rapporto con Poste Italiane; (c) con il terzo, deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 8 CCNL del 26/11/1994 nonchè degli Accordi sindacali del 25/9/1997 e successivi, in connessione con gli artt. 1362 e segg. c.c., per non avere la Corte di appello considerato che tali accordi avevano sempre avuto mera natura ricognitiva di una situazione contingente e non avevano fissato alcun limite temporale alla stipula dei contratti a termine; (d) con il quarto motivo, la ricorrente deduce omessa ed insufficiente motivazione per non avere la Corte di appello, nell’indicare il 30/4/1998 quale data ultima per la stipula dei contratti a termine diretti a far fronte alle esigenze di ristrutturazione, trascurato di specificare quali fossero state le fonti del proprio convincimento;

osservato che il primo, il terzo e il quarto motivo non possono essere accolti; – che, in particolare, il primo, non riportando i motivi del ricorso in appello (ma solo le ragioni di inammissibilità per genericità del gravame svolte nella memoria di costituzione in tale grado), non si uniforma all’orientamento, per il quale “il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, fondato sul principio della responsabilità della redazione dell’atto, vale anche per i motivi d’appello in relazione ai quali si denuncino errori da parte dei giudici di merito. Ne consegue che il ricorrente, che (come nella fattispecie) denunci la violazione e falsa applicazione degli artt. 434 e 414 cod. proc. civ. nonchè la omessa ed insufficiente motivazione circa la mancata declaratoria della nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i detti motivi formulati dalla controparte” (Cass. n. 9734/2004; conforme Cass. n 86/2012);

– che il terzo e il quarto, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, risultano infondati, posto che il giudice di appello si è uniformato al principio, secondo il quale “in materia di assunzione a tempo determinato di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26/11/1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto il 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente e alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali, fino alla data del 30 aprile 1998. Ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998 per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1”: Cass. n. 24281/2011 (ord.);

– che è invece fondato, e deve essere accolto, il secondo motivo di ricorso, là dove denuncia il difetto di motivazione sul rigetto dell’eccezione di risoluzione del rapporto do lavoro per mutuo consenso;

– che, infatti, il giudice di appello, rilevando che “oltre al decorso del tempo, non sono emersi altri elementi significativi atti a dimostrare la volontà del lavoratore di ritenere cessato il rapporto” (cfr. sentenza, pag. 4), ha del tutto omesso di considerare la documentazione fiscale acquisita al giudizio (CUD 2002-2007), dalla quale era dato desumere che la D. – già in epoca di poco successiva alla cessazione del contratto a termine con Poste Italiane e ancor prima della costituzione in mora accertata in sentenza (17/8/2004) aveva instaurato uno stabile rapporto di lavoro con altra impresa;

– che l’ultimo motivo, concernente l’applicazione della disciplina di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 resta assorbito;

ritenuto conclusivamente che la sentenza n. 2976/2010 della Corte di appello di Roma deve essere cassata in relazione al secondo motivo, respinti il primo, il terzo e il quarto e assorbito l’ultimo; e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale, procedendo a nuovo esame dell’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, valuterà il materiale di prova acquisito al giudizio e, fra questo, la documentazione fiscale sopra indicata, al fine di accertare, nel quadro offerto da tutti gli elementi del caso concreto, la sussistenza di una comune volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinti il primo, il terzo e il quarto e assorbito l’ultimo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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