Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16842 del 19/07/2010
Cassazione civile sez. I, 19/07/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 19/07/2010), n.16842
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – rel. Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
T.G., elettivamente domiciliato l in Palma Campania,
Via Parrocchia, n. 10, presso l’avv. FERRANTE Mariano, che
rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica,
elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per
legge;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma n. 3877 cron.
pubblicato il 17 gennaio 2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
giorno 8 luglio 2010 dal Relatore Pres. Dott. Ugo VITRONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di
ragione del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 22 maggio 2006 – 17 gennaio 2007 la Corte d’Appello di Roma condannava il Ministero della Giustizia a pagare la somma di Euro 500,00 in favore di T.G. a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo da lui instaurato dinanzi al Giudice del Lavoro di Noia con ricorso in data 18 dicembre 1998, concluso in primo grado con sentenza in data 8 marzo 2001 e tuttora pendente in grado di appello. Osservava la Corte che il giudizio presentava un’eccedenza temporale di circa un anno.
Ciò premesso liquidava a titolo di equa riparazione la somma di Euro 500,00.
Contro il decreto ricorre per cassazione T.G. con diciassette motivi.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente si duole che il decreto impugnato non abbia fatto diretta applicazione delle norme della Convenzione CEDU disapplicando le norme nazionali eventualmente in contrasto con essa.
La censura non ha fondamento poichè, a differenza di quanto avviene in materia di regolamenti comunitari, le norme della Convenzione CEDU non trovano diretta applicazione nell’ordinamento nazionale salvo l’obbligo del giudice di interpretare il diritto interno alla luce della giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Cass. 19 novembre 2009, n. 24399).
Con il secondo, il terzo, il quarto e il quinto e il sesto motivo si sostiene, in forma ripetitiva e sotto vari profili – quali la contrarietà alla normativa CEDU, la violazione di norme sostanziali e processuali e il vizio di motivazione – che erroneamente sarebbe stato preso in considerazione, ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, il solo arco di tempo eccedente la ragionevole durata del processo, determinato nella specie in un anno e otto mesi.
Trattasi di censura manifestamente infondata alla luce del chiaro disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, e della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che impongono di tener conto ai fini dell’equo indennizzo per eccessiva durata di un giudizio, unicamente del periodo di tempo in cui la durata del giudizio abbia ecceduto il termine ragionevole, con esclusione di ogni profilo di illegittimità costituzionale della disposizione citata per contrasto con la normativa europea (Cass. 22 gennaio 2008, n. 1354; 6 maggio 2009 n. 10415; 22, gennaio 2010 n. 1101).
Con il settimo motivo la ricorrente si duole che il provvedimento impugnato si sia discostato immotivatamente dai parametri osservati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che riconosce un indennizzo di Euro 1.000,00/1.500.00 per ogni anno di durata del processo.
La censura è fondata poichè, in adesione alla giurisprudenza europea, va considerata equa per i giudizi dinanzi al giudice ordinario una riparazione in misura di Euro 750,00 per i primi tre anni e di Euro 1.000,00 per gli anni successivi (Cass. 13 aprile 2010, n. 8786) e a tali parametri, disattesi dal decreto impugnato, dev’essere commisurato l’equo indennizzo spettante alla ricorrente.
L’ottavo, il nono, il decimo e l’undicesimo motivo lamentano la contrarietà con le norme CEDU, l’omessa pronuncia e, comunque l’omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento di un bonus di Euro 2.000,00.
La censura non merita accoglimento poichè la giurisprudenza della Corte di Strasburgo afferma che tale integrazione può essere riconosciuta solo per le controversie previdenziali di particolare importanza, attribuendo conseguentemente al giudice del merito un potere discrezionale di valutazione il cui mancato esercizio non richiede espressa motivazione (Cass. 13 aprile 2010, n. 8786).
Il dodicesimo motivo lamenta la rilevanza attribuita al modesto valore della controversia.
La censura resta assorbita dall’accoglimento del settimo motivo.
Parimenti assorbite sono le censure esposte con i motivi successivi, dal tredicesimo al diciassettesimo, con i quali si censura sotto molteplici aspetti, la disciplina delle spese giudiziali, che dovranno essere rideterminare a seguito della cassazione parziale del decreto impugnato.
In conclusione il ricorso merita accoglimento limitatamente alle censure esposte con il settimo motivo e, conseguentemente, il decreto impugnato de v’essere cassato; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto può procedersi alla pronuncia nel merito con la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 750,00 con gli interessi dalla domanda.
Le spese giudiziali del doppio grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo, dichiara assorbiti i motivi dal tredicesimo al diciassettesimo, rigetta gli altri motivi, cassa il decreto impugnato e, pronunciando nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 750,00, nonchè al pagamento delle spese giudiziali del doppio grado che liquida, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 668,00, di cui Euro 173,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari, e, per il giudizio di cassazione, in ulteriori Euro 525,00 di cui Euro 425,00 per onorari e ne dispone la distrazione in favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2010