Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16829 del 24/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16829 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

VIDALI Sante, elettivamente domiciliato in Roma, piazza A. Mancini n. 4,
presso l’avv. Guido Cecinelli, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrente –

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controri4orrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia
n. 28/44/08, depositata il 24 aprile 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 aprile

Data pubblicazione: 24/07/2014

2014 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Guido Cecinelli per il ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Sergio Del
Core, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Sante Vidali propone ricorso per cassazione avverso la sentOza della
Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con

legittimità dell’avviso di accertamento emesso, a titolo di 1RPEF per il
1999, nei confronti del contribuente con metodo sintetico, ai sensi dell’art.
38, quarto e quinto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione alla
spesa per l’acquisto, nel 2001, di un immobile a metà con il coniuge.
Il giudice ha ritenuto che la contribuente non avesse fornito la prova
contraria idonea a vincere la presunzione di cui alla norma citata.
2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile per assenza della “esposizione sommaria dei
fatti”, richiesta, appunto a pena di inammissibilità, dall’art. 366, primo
comma, n. 3, cod. proc. civ.
Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa
Corte, anche a sezioni unite, quello secondo il quale, in tema di ricorso per
cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la
pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali
è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia
meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è
articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica
esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla
costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la
scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso:
costituisce cioè onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale
e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle
censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un’attività, consistente nella
lettura integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che
effettivamente rileva ai fini della decisione, la quale, inerendo al contenuto
del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo
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la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stata affermata la

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difensore; va precisato che il ricorso non può, invece, ritenersi
inammissibile, quand’anche difetti una parte formalmente dedicata
all’esposizione sommaria del fatto, qualora l’esposizione dei motivi sia di
per sé autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili
della vicenda sottostante al ricorso stesso, oppure, ovviamente, allorquando
la riproduzione degli atti si aggiunga ad una chiara sintesi dei punti rilevanti
per la decisione (Cass, sez. un., nn. 16628 del 2009, 5698 del 201, 4324 del
2014; nonché, tra le altre, Cass. nn. 10244, 26277 del 2013, 784 dél 2014).
Nel caso di specie vi è una mera riproduzione fotostatica in sequenza di
vari atti processuali, manca qualsiasi sintesi funzionale di cui s’è detto e
l’illustrazione dei motivi non consente di cogliere i fatti rilevanti in funzione
della piena comprensione dei motivi di ricorso.
2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle
spese, che liquida in €. 3000,00 per compensi, oltre alle eventuali spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 10 aprile 2014.

i.

ESEN? DA REGISTRAZIONE
AI SE SI DEL D.P.R. 26/4/1986
N. 131 TAB. ALI.. 8.- N.5
MgERIA TRIBUTARIA

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