Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16829 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2021, (ud. 13/04/2021, dep. 15/06/2021), n.16829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15904/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

ASPERIENCE SRL, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. DANIELE

CASTALDI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

MAURIZIO NUCCI, in Roma, Via Lutezia, 8;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 7665/VI/14, depositata in data 16 dicembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 aprile

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. CELESTE ALBERTO che ha chiesto

l’accoglimento del primo e del secondo motivo, l’assorbimento del

terzo e il rigetto dei motivi quarto e quinto.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La società contribuente ASPERIENCE SRL, già Asperience SPA, già Data Management SRL, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta dell’esercizio 2008 per imposte dirette e IVA, con il quale – a seguito di verifica fiscale – venivano contestati diversi rilievi, attinenti (per quanto qui di interesse) all’indeducibilità di perdite su crediti in quanto non risultanti da elementi certi, all’indeducibilità di costi non di competenza, all’indeducibilità di ulteriori costi per i quali non risultavano pervenute le relative fatture, nonchè alla indebita detrazione IVA per le fatture relative ai crediti stornati, accertati come indeducibili.

La CTP di Roma ha parzialmente accolto l’appello del contribuente e la CTR del Lazio, con sentenza in data 16 dicembre 2014, ha rigettato l’appello dell’Ufficio e ha accolto l’appello della società contribuente. Ha ritenuto la CTR, per quanto rilevante in questa sede, che fosse consentita la detrazione IVA sugli importi a credito stornati, evidenziando che la contribuente avesse correttamente emesso delle note di variazione, il cui termine sarebbe decorso dal momento in cui si era verificato l’evento che aveva dato luogo al sorgere della variazione della base imponibile, ossia dalla stipulazione di una transazione con il debitore nel corso dell’esercizio 2008. La CTR ha, conseguentemente, ritenuto deducibili le perdite su crediti e ha rigettato le doglianze relative alla deducibilità dei costi non di competenza e dei costi in relazione ai quali l’Agenzia contestava il mancato rinvenimento delle fatture di acquisto.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a cinque motivi; resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 101 (TUIR), nella formulazione pro tempore, nella parte in cui la sentenza impugnata ha annullato la ripresa in tema di perdite su crediti. Osserva il ricorrente che le perdite su crediti sarebbero indeducibili in quanto gli stessi non sarebbero stati oggetto di recupero per effetto di una mera valutazione di opportunità del contribuente, conseguente a un accordo con la controparte, non anche a oggettiva irrecuperabilità degli stessi. Deduce, pertanto, l’assenza di dati certi e precisi per l’indeducibilità della perdita, nonchè censura la motivazione della sentenza nella parte in cui la CTR ha ritenuto di far discendere l’annullamento della ripresa ai fini delle imposte dirette dal mero annullamento della ripresa IVA in relazione alle medesime fatture.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, nella parte in cui la CTR ha annullato la ripresa in tema di indeducibilità IVA. Osserva il ricorrente che la contribuente, dopo avere emesso le fatture in data 20 giugno 2005 e dopo avere emesso l’anno successivo alcune note di variazione, non registrate nè inviate alla controparte, ha proceduto a sottoscrivere un accordo transattivo con la controparte nel successivo esercizio 2008, procedendo conseguentemente ad emettere le note di variazione per cui è causa. Deduce il ricorrente che le note sono state emesse a seguito di un accordo con il debitore successivo all’operazione imponibile, per effetto del quale si rende applicabile il D.P.R. n. 633 del 1973, art. 26, comma 3, che consente l’emissione delle note di variazione non oltre l’anno dall’emissione delle fatture.

1.3 – Con il terzo motivo si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti in relazione alla medesima questione della detrazione IVA. Osserva il ricorrente che la CTR non ha considerato la circostanza in fatto che le note di credito emesse nel corso dell’esercizio 2008 sarebbero state emesse tre anni dopo l’emissione delle fatture.

1.4 – Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto deducibili alcuni costi non di competenza, deducendo inesistenza della motivazione ovvero motivazione meramente apparente.

1.5 – Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto deducibili costi non documentati, ritenendo anche in questo caso esservi motivazione inesistente o apparente.

2 – Quanto al primo motivo, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del controricorrente, avendo il ricorrente affrontato un tema proprio della violazione di legge e non della valutazione del fatto, che spetta invece al giudice del merito.

3 – Il primo motivo è fondato.

3.1 – La sentenza impugnata dà atto che la contribuente ha iscritto nel conto economico dell’esercizio 2008 la sopravvenuta insussistenza dei crediti già iscritti a bilancio come “ricavi del conto economico dell’esercizio 2005”, risultanti dall’emissione di nove fatture. Il ricorrente aveva dedotto la deducibilità delle perdite su crediti quale effetto della transazione (“onere transattivo”) con il debitore Accenture SPA, ritenuto elemento certo e preciso idoneo a far emergere la componente negativa di reddito consistente nelle suddette perdite. La sentenza ripercorre, inoltre, l’antefatto in base al quale la perdita sarebbe stata contabilizzata nell’esercizio 2008, avendo la contribuente, nell’esercizio 2005, ritenuto di propria spettanza alcuni compensi in relazione alle prestazioni rese in favore del cliente finale INPS in cooperazione con la controparte Accenture SPA, con conseguente proposizione di procedimento monitorio; successivamente, la contribuente avrebbe valutato negativamente l’esito della controversia con il debitore e avrebbe, pertanto, proceduto in data (OMISSIS) a definire transattivamente la controversia con la controparte contrattuale.

3.2 – Si osserva al riguardo come l’art. 101 TUIR, comma 5, prevede che “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso (…) se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali”. La norma – nella formulazione antecedente la novella di cui alla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, secondo il quale “gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili” – valorizza una accezione dell’abbattimento della base imponibile conseguente alla contabilizzazione di perdite su crediti non sovrapponibile alla relativa nozione civilistica, in quanto non consente la deduzione di crediti secondo il postulato della prudenza (art. 2425-bis c.c., n. 1), bensì secondo il criterio della irrecuperabilità del credito in termini di certezza, ossia in caso di definitiva inesigibilità o irrecuperabilità dello stesso (Cass., Sez. V, 4 maggio 2018, n. 10686).

3.3 – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove la deducibilità della perdita su crediti non sia correlata all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, gli elementi certi e precisi che danno luogo a dette perdite su crediti possono ritenersi esistenti solo quando il debitore non paghi volontariamente e i crediti non possano essere soddisfatti coattivamente (Cass., Sez. V, 3 ottobre 2018, n. 24012; Cass., Sez. V, 23 dicembre 2014, n. 27296). In particolare, ove la perdita derivi da rinuncia al credito, occorre che l’atto unilaterale di rinuncia (come anche la transazione) sia giustificato da una effettiva irrecuperabilità del credito, poichè, diversamente, rientrerebbe negli atti di liberalità indeducibili ai fini fiscali (Cass., Sez. V, 20 aprile 2016, n. 7860; Cass., Sez. V, 27 aprile 2018, n. 10211; Cass., Sez. V, 22 novembre 2018, n. 30224). In altri termini, la scelta del legislatore pro tempore è quella di agganciare la contabilizzazione della componente negativa di reddito alla circostanza oggettiva della irrealizzabilità del credito, anche in sede esecutiva e non a valutazioni di opportunità o di strategia imprenditoriale che, pur risultando antieconomiche, sono destinate a creare valore su altri fronti (Cass., Sez. V, 24 luglio 2002, n. 10802; Cass., Sez. VI, 2 maggio 2013, n. 10256; Cass., Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 743).

La sentenza impugnata, nella parte in cui non ha assolto all’onere di verificare la oggettiva irrecuperabilità del credito, non si è attenuta a tali principi e va cassata.

4 – Il secondo motivo è fondato. La sentenza impugnata ha ritenuto che il termine di un anno di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 3, ai fini dell’emissione della nota di variazione, non decorrerebbe dall’effettuazione dell’operazione imponibile (come prevede la norma), bensì dall’atto negoziale (transazione) che avrebbe giuridicamente ed economicamente dato luogo al venir meno degli effetti della originaria operazione imponibile, in quanto al momento dell’effettuazione dell’operazione non sarebbe stata ipotizzabile alcuna situazione idonea ad incidere sulla riduzione della medesima base imponibile. Tale interpretazione confligge con la lettera e la ratio del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 3.

4.1 – La disciplina del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, recepisce la disciplina Eurounitaria, la quale prevede, quanto all’emittente, la riduzione della base imponibile in forza di eventi successivi al momento dell’effettuazione dell’operazione (Dir. n. 2006/112/CE, art. 90, par. 1: “in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri”; conforme è, al riguardo, la Dir. n. 77/388/CEE, art. 11, lett. C), par. 1). Alla riduzione della base imponibile per l’emittente si accompagna, in ossequio al principio di neutralità, la rettifica della detrazione per il committente (citata Dir., art. 185, par. 1, “la rettifica ha luogo (…) quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo”), quale seconda faccia della stessa operazione economica (Corte di Giustizia UE, 15 ottobre 2020, C335/19, E. sp. z o.o. sp. k., punto 37; Corte di Giustizia UE, 22 febbraio 2018, T-2, C-396/16, punto 35). A fronte, pertanto, di un’operazione già assoggettata a tributo (essendo irrilevanti gli eventi non retroattivi: Cass., Sez. V, 3 marzo 2017, n. 5403), il contribuente può ridurre la base imponibile, imponendo nel tal caso al committente la corrispondente riduzione dell’esercizio del diritto di detrazione (salva, in ogni caso, la ripetizione dell’eventuale obbligazione di rivalsa precedentemente assolta), al fine di assicurare la neutralità dell’imposta.

4.2 – Il citato D.P.R., art. 26, disciplina diversamente la modalità operativa con cui gli eventi retroattivi possono generare la riduzione della base imponibile e il conseguente esercizio della detrazione. Ove si tratti di eventi che colpiscono l’operazione per fatti indipendenti dalla volontà dei contraenti (risoluzione, annullamento, revoca, rescissione, oltre che per mancato pagamento totale o parziale), ovvero laddove si tratti di eventi che conseguano all’applicazione di una previsione contrattuale, come in caso di sconto ab origine pattuito tra le parti (Cass., Sez. VI, 13 gennaio 2017, n. 815), la riduzione della base imponibile è sempre ammessa (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2), benchè nel rispetto del disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19.

4.3 – L’art. 26, comma 3, prevede, invece, con norma speciale rispetto al comma precedente, che “la disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti (….)”. Ove, pertanto, la rettifica non avvenga in base a una originaria previsione contrattuale, nè in forza di un evento esterno alla volontà delle parti, tali da porre retroattivamente nel nulla l’originaria operazione imponibile, bensì in forza di un accordo sopravvenuto tra le parti, la nota di variazione non può essere emessa oltre l’anno dall’effettuazione dall’operazione imponibile. Nel qual caso, non può farsi luogo alla riduzione della base imponibile per sopravvenuto accordo tra le parti ove la nota di variazione sia emessa tardivamente, ovvero oltre il suddetto termine (Cass., Sez. V, 14 gennaio 2021, n. 536; Cass., Sez. V, 13 maggio 2016, n. 9843; Cass., Sez. V, 10 dicembre 2014, n. 25987).

4.4- La norma, chiara nella sua formulazione, non contrasta con la giurisprudenza Eurounitaria, laddove si osserva che uno Stato membro può – in applicazione sia della Dir. n. 112 del 2006, art. 90, paragrafo 1, sia della medesima Dir., art. 273 (secondo cui gli Stati membri possono stabilire altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, Dir. n. 77/388/CEE, già art. 22, par. 8) assoggettare a specifiche condizioni la riduzione della base imponibile per eventi successivi alla conclusione di un’operazione, purchè sia assicurata la rettifica della detrazione (Corte di Giustizia UE, 15 ottobre 2020, cit., punto 38). Pertanto, in assenza di specifiche delimitazioni (e salvo il principio di neutralità e di parità di trattamento nelle operazioni interne), gli Stati membri possono stabilire, secondo la discrezionalità loro concessa, le formalità che i soggetti passivi debbano soddisfare di fronte alle autorità tributarie al fine di procedere ad una riduzione della base imponibile al fine di evitare frodi e di non favorire l’erosione della base imponibile (Corte di Giustizia, 11 giugno 2020, C-146/19, SCT, punto 35; Corte di Giustizia UE, 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, punti 32, 32; Corte di Giustizia UE, 26 gennaio 2012, C-588/10, Kraft Foods, 23 e ss., 32 -33).

4.5 – La previsione del termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile per l’emissione della nota di variazione emessa a seguito di un accordo sopravvenuto tra le parti, volto a porre nel nulla gli effetti giuridici dell’operazione imponibile, rientra, pertanto, nella discrezionalità del legislatore di stabilizzare la base imponibile in caso di eventi che non dipendano da circostanze estranee alla volontà delle parti, nè che siano frutto di una originaria previsione contrattuale, nonchè necessaria ad assicurare la certezza dei rapporti commerciali tra le parti e nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

4.6 – Nella specie, la CTR ha accertato che la nota di variazione è stata emessa a seguito di una transazione, posta in essere diversi anni dopo (esercizio 2008) il momento della effettuazione dell’operazione imponibile (esercizio 2005, anno di emissione delle fatture). La transazione rientra tra gli accordi sopravvenuti tra le parti e, pertanto, la nota di variazione si sarebbe dovuta emettere entro l’anno dalla conclusione del contratto (operazione imponibile) a termini del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 3. Nel ritenere, invece, che la nota di rettifica potesse essere emessa entro l’anno dalla transazione stessa, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi e va cassata. E’, pertanto, assorbito l’esame del terzo motivo.

5 – Il quarto e il quinto motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

5.1 – Si osserva preliminarmente (come evidenziato dal controricorrente) che la CTR ha esaminato congiuntamente i rilievi dei costi di competenza e delle fatture da ricevere (indicati come rilievo 2) e rilievo 3) e ha svolto in relazione ad entrambi i rilievi una motivazione unitaria, accedendo a una nozione “economica” e non “giuridica” del requisito della competenza. In particolare, la CTR ha ritenuto che in caso di mancata certezza degli elementi sulla base dei quali contabilizzare un costo in un determinato esercizio, detto costo potesse essere contabilizzato nell’esercizio successivo, di tal chè la CTR ha ritenuto tali elementi correttamente contabilizzati nel 2008, posto che in tale esercizio si sarebbero manifestati i requisiti di certezza dei suddetti costi (“un ricavo o un costo (…) può essere acquisito, per mancanza del requisito della certezza, nel bilancio del successivo esercizio in cui si viene a realizzare la competenza economica dello stesso”). Si osserva come la motivazione apparente può essere censurata in sede di legittimità solo laddove la pronuncia sia priva di indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento (ex multis Cass., Sez. Lav., 14 febbraio 2020, n. 3819). Nella specie, la sentenza impugnata ha dato una indicazione logica delle ragioni per le quali è stato disposto l’annullamento dei suddetti rilievi.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai primi due motivi, dovendo la CTR valutare se la transazione con il cliente celi una definitiva irrecuperabilità del credito, ovvero costituisca un atto di liberalità. Alla CTR a quo è demandato anche liquidare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo, rigetta il quarto e il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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