Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16829 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 09/08/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 09/08/2016), n.16829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3064-2012 proposto da:

I. S.P.A., – c.f. (OMISSIS), (che ha incorporato CASTELLO

GESTIONE CREDITI S.R.L.), nella qualità di mandataria di INTESA

SANPAOLO S.P.A. e di CASTELLO FINANCE S.R.L. (per incorporazione del

SANPAOLO IMI S.P.A. in BANCA INTESA S.P.A.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DI VILLA GRAZIOLI 15, presso l’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GARGANI GUIDO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

J.L., J.E., nella qualità di fideiussori della

AUTOERRE S.R.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BAIAMONTI 4,

presso l’avvocato ROSARIA INTERNULLO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE GIACONIA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

contro

FALLIMENTO DELLA AUTOERRE S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 608/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato BENEDETTO GARGANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 25 ottobre 1995, la Autoerre s.r.l. (poi dichiarata fallita) ed i signori L. ed J.E. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 212/1995, emesso dal Presidente del Tribunale di Caltagirone in data 9 agosto 1995, con il quale era stato intimato loro, alla prima in qualità di debitrice principale, ai secondi in qualità di fideiussori, il pagamento della somma di Lire 317.556.371, oltre interessi convenzionali di mora, in favore della Banca Commerciale Italiana s.p.a., a titolo di saldo passivo di alcuni conti correnti bancari accesi presso l’istituto di credito. Con sentenza n. 95/2005, il Tribunale di Caltagirone accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo opposto.

2. Avverso la decisione proponeva appello Intesa Gestione Crediti s.p.a., in proprio e quale mandataria di Banca Intesa s.p.a., succeduta nei rapporti attivi e passivi di Banca Commerciale Italiana s.p.a., che veniva rigettato – unitamente al gravame incidentale proposto da L. ed J.E., relativamente al risarcimento dei danni sofferti per l’illegittima iscrizione ipotecaria su beni di loro proprietà – dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 608/2011, depositata il 2 maggio 2011. Con tale pronuncia, il giudice del gravame – affermata la nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici – riteneva che la pretesa creditoria dell’istituto di credito non fosse comprovata, per avere il medesimo fondato la pretesa di pagamento solo sul saldaconto e su parte degli estratti conto rimessi alla società correntista, omettendo di produrre tempestivamente, in prime cure, anche gli estratti conto relativi all’apertura ed alla fase iniziale del rapporto.

3. Per la cassazione di tale decisione ha proposto, quindi, ricorso la I. s.p.a., nella qualità di mandataria di Castello Finance s.r.l. e di Intesa Sanpaolo s.p.a., divenute – per effetto di diverse cessioni e fusioni societarie – titolari del credito litigioso, nei confronti del Fallimento della Autoerre s.r.l. e di L. ed J.E., affidato ad un solo motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. I resistenti J. hanno replicato con controricorso. Il fallimento intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di ricorso, I. s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1823, 1857 e 2697 c.c., nonchè l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia disatteso la domanda, avanzata dalla banca in sede monitoria, di pagamento delle somme dovute dalla debitrice principale Autoerre s.r.l. e dai fideiussori L. ed J.E., a titolo di saldo debitore di taluni conti correnti bancari accesi presso la Banca Commerciale Italiana, per avere l’istituto di credito intimante fondato la pretesa di pagamento solo sul saldaconto e su parte degli estratti conto rimessi alla società correntista. Sostiene, invero, l’istante che la Corte territoriale, una volta ritenuta la nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici, ed una volta constatata la mancata, tempestiva, produzione degli estratti conto fin dall’apertura dei rapporti in questione, avrebbe dovuto ricondurre il saldo debitore iniziale “a zero”, giacchè in tal modo ne sarebbe derivata – a favore della correntista – la rinuncia dell’istituto di credito a richiedere la sorte capitale e gli interessi (non anatocistici) dall’apertura dei conti correnti, avvenuta nel 1989, fino all’1 gennaio 1990, data cui si riferiva il primo degli estratti conto prodotti nel giudizio di prime cure.

1.2. La Corte di merito – a parere dell’esponente – avrebbe, quindi, dovuto rinnovare la c.t.u., già disposta in primo grado, al fine di far depurare il rapporto, nella parte comprovata dagli estratti conto tempestivamente prodotti (dall’1 gennaio 1990 al 22 novembre 1994), dal rilevato anatocismo, e di consentire una determinazione del credito residuo della banca al pagamento della parte del debito – per sorte capitale ed interessi non capitalizzati – formatasi dopo l’azzeramento del saldo debitore iniziale.

1.3. La censura è infondata.

1.3.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi non dovuti (ultralegali o anatocistici) a carico del correntista, la banca non può dimostrare l’entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell’art. 2710 c.c., di estratto notarile delle sue scritture contabili o di estratto di saldaconto, dai quali risulti il mero saldo del conto. Ed invero, soltanto la produzione degli estratti a partire dall’apertura del conto stesso consente, attraverso l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere con applicazione del tasso legale, di determinare il credito della banca, semprechè la stessa non risulti addirittura debitrice, una volta depurato il conto dagli interessi non dovuti. Nè la banca può sottrarsi all’onere di provare il proprio credito invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119, comma 4, in quanto tale obbligo volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all’attività imprenditoriale non può sollevarla dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore (cfr. Cass. 10692/2007; 23794/2010; 21597/2013; 10696/2014; 7972/2016).

1.3.2. E neppure può ritenersi che siffatte affermazioni di principio pienamente condivisibili ed alle quali si intende dare continuità possano essere scalfite dalla pronuncia di cui a Cass. 1842/2011, citata dalla ricorrente, riferendosi detta decisione – che, peraltro, conferma, in via generale, i principi suesposti – al caso particolare in cui la parziale produzione degli estratti conto, e la conseguente impossibilità di ricostruire il dovuto per effetto dell’errato computo degli interessi, aveva indotto il giudice di merito addirittura a negare la chiesta C.T.U., senza demandare, dunque, all’esame dell’esperto la possibilità – sia pure ipotetica – di ricostruzione del dare ed avere delle parti sulla scorta dei documenti prodotti in atti. Nel caso concreto, per contro, dapprima il Tribunale, dipoi la Corte di Appello (pp. 3 e 13 dell’impugnata sentenza), hanno concordemente e correttamente concluso nel senso che la produzione solo del saldaconto e di parte degli estratti conto non consentiva l’integrale ricostruzione delle movimentazioni dei conti bancari e, quindi, la corretta determinazione del dovuto dalla correntista e dai fideiussori, come era stato, peraltro, confermato dalla disposta c.t.u., le cui risultanze si erano rivelate inutilizzabili proprio per la mancata produzione integrale degli estratti dei conti in questione.

1.4. Il motivo va, pertanto, disatteso.

2. Per tutte le ragioni che precedono, il ricorso proposto da Italfondiario s.p.a. deve essere, di conseguenza, integralmente rigettato.

3. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge, nei confronti della parte costituita, J.L. ed E..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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