Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16826 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. III, 29/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 29/07/2011), n.16826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

T.F. (OMISSIS), LA PROVINCIA EDITORIALE SPA

(OMISSIS) in persona dell’amministratore delegato, G.

G. (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA GIUSEPPE AVEZZANA 51, presso lo studio dell’avvocato ZOPPIS

EUGENIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARTINELLI PIER UGO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato CORTI PIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CAMPIOTTI MARGHERITA, giusta

procura alle liti a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 406/2009 del TRIBUNALE di COMO, depositata il

17/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Eugenio Zoppis che si riporta ai

motivi del ricorso e chiede la trattazione dello stesso in pubblica

udienza;

udito per il controricorrente l’Avvocato Raffaella Baccaro (per

delega avv. Margherita Campiotti) che si riporta agli scritti e

deposita nota spese;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

E’ stata depositata in cancelleria relazione che, emendata da errori materiali, di seguito si riproduce:

“Con sentenza del 17/3/2 009 il Tribunale di Como accoglieva la domanda proposta dal sig. M.S. nei confronti dei sigg.ri T.F. e G.G., rispettivamente giornalista e direttore responsabile del quotidiano La Provincia di Varese, nonchè della società LA PROVINCIA EDITORIALE s.p.a., di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di articolo apparso sul suindicato quotidiano violativo delle norme sulla tutela dei dati personali.

Avverso la suindicata pronunzia il T. ed il G., nonchè la società LA PROVINCIA EDITORIALE s.p.a. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso il M..

Con il 1 ed il 2 MOTIVO i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 1376 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 MOTIVO denunziano omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366 bis c.p.c., e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, il quesito recato dal ricorso risulta formulato in modo invero difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotato da genericità e mancanza di decisività, privo di riferimento al caso concreto in esame, e pertanto sfornito di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), non consentendo di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione dei quesiti di diritto implicita nella formulazione dei motivi di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca invero la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle “ragioni” delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che i ricorrenti hanno presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni dalla ricorrente esposte nella memoria;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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