Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16824 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. III, 29/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 29/07/2011), n.16824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO

3, presso lo studio dell’avvocato GIANNI SAVERIO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato BERTI FRANCO, giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato LOLLINI SUSANNA,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 743/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

14.4.09, depositata il 28/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il controricorrente l’Avvocato Susanna Lollini che si

riporta agli scritti, con condanna alle spese;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 28/5/2009 la Corte d’Appello di Firenze respingeva il gravame interposto dal sig. M.G. nei confronti della pronunzia Trib. Pisa 6/572004 di rigetto della domanda proposta nei confronti del sig. B.M. di risarcimento dei danni lamentati in ragione della prescrizione di un suo credito verso terzi asseritamente da ascriversi a colpa di quest’ultimo, cui si era affidato quale legale ai fini del relativo recupero.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso il B..

Con il 1 MOTIVO il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1176, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 1 MOTIVO denunzia violazione degli artt. 2952, 2935 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366-bis c.p.c. e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso, i motivi non recano invero il prescritto quesito di diritto.

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano invero la “chiara indicazione” -nei termini più sopra indicati- delle “ragioni” delle doglianze, tale non potendosi invero considerare quanto indicato a pag. 28 del ricorso, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che le parti non hanno presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 2.400,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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