Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16820 del 19/07/2010
Cassazione civile sez. I, 19/07/2010, (ud. 05/05/2010, dep. 19/07/2010), n.16820
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19437/2006 proposto da:
S.A. (c.f. (OMISSIS)), C.P. (C.F.
(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARNO 3,
presso l’avvocato MARI Angelo, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MATERA SALVATORE, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrenti –
contro
BANCA CARIME S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1314/2005 del GIUDICE DI PACE di PAOLA,
depositata il 17/10/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
05/05/2010 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE Ignazio, che ha concluso per inammissibilità, in subordine
rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione ritualmente notificata S.A. e C. P., suo fideiussore, convenivano in giudizio Banca CARIME S.p.A. opponendosi al decreto ingiuntivo,emesso dal Giudice di Pace di Paola,per l’importo di Euro 685,90 a favore della Banca e a carico degli opponenti, fondato su un atto ricognitivo di debito. Deducevano che al S., che aveva stipulato un contratto di finanziamento artigiano, veniva sottoposta l’approvazione di una dichiarazione di debito, a seguito di compensazione di un credito di Euro 4.305,51, in relazione a preesistente rapporto di conto corrente tra le parti, l’assunto debito, secondo la controparte, di Euro 4,987,41, quale residuo di contratto di finanziamento artigiano. Dichiaravano che il S. aveva apposto la propria firma per accettazione, senza che si potesse desumere contabilmente come giungere a quel debito residuo.
Costituitosi regolarmente il contraddittorio, la banca chiedeva rigettarsi l’opposizione. Essa precisava di essere creditrice del S., in relazione ad un contratto di mutuo artigiano inter partes, e che questi aveva sottoscritto un atto ricognitivo di debito per la somma di Euro 685,90, accordo di natura compensativa e ricognitiva, con decadenza dalla facoltà di opporre eccezioni relative al titolo.
Il Giudice di Pace di Paola, con sentenza 27 maggio – 17 ottobre 2005, rigettava l’opposizione, precisando che tra le parti era intercorso non già un mero negozio di accertamento, ma una “vera e propria transazione novativa”.
Ricontino per cassazione gli opponenti, sulla base di tre motivi.
Non ha svolto attività difensiva la banca CARIME.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 1965 c.c., in quanto il Giudice a quo avrebbe erroneamente qualificato la dichiarazione posta a base del decreto ingiuntivo opposto.
Con il secondo motivo, essi lamentano vizio di motivazione, non avendo il Giudice accolto la richiesta di c.t.u.; con il terzo, essi censurano la mancata valutazione delle prove, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., posto che il Giudice aveva ordinato alla banca l’esibizione di un piano di ammortamento, cui essa non aveva ottemperato.
I ricorso va dichiarato inammissibile.
Il Giudice a quo, con motivazione succinta ma adeguata, ha considerato e valutato il documento in questione, definendolo “non già mero negozio di accertamento per imprimere certezza giuridica al precedente rapporto, ma una vera e propria transazione novativa, ponendo in essere una autonomo rapporto obbligatorio”. Si tratta di interpretazione dell’accordo, da considerarsi, secondo giurisprudenza ampiamente consolidata (per tutte, Cass. n. 13777/07), valutazione di fatto, insuscettibile di controllo in questa sede.
Quanto alla consulenza tecnica e all’ordine di esibizione, i relativi motivi appaiono del tutto generici e non chiariscono la rilevanza di tali mezzi.
Nulla sulle spese, non essendosi costituita l’intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2010