Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16820 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 15/06/2021), n.16820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11183-2019 proposto da:

ANDRE’ MEDIA ITALIA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO SPINELLA, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CINZIA CAPRIOTTI;

– ricorrente –

contro

ICA IMPOSTE COMUNALI AFFINI SRL SOCIETA’ UNIPERSONALE, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE TIZIANO 110, presso lo studio

dell’avvocato SIMONE TABLO’, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALESSANDRO CARDOSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1358/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 18/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Andrè Media Italia s.r.l. ha proposto ricorso per revocazione della sentenza numero 1358 pronunciata da questa Corte il 3 dicembre 2018 e pubblicata il 19 gennaio 2019. Sostiene che la Corte è incorsa in errore materiale o di fatto in quanto ha erroneamente indicato il Comune di (OMISSIS) quale ente impositore anzichè il Comune di (OMISSIS) e, per esso, PICA, società concessionaria del servizio di riscossione. Deduce, poi, che la Corte è incorsa in errore di diritto in quanto ha erroneamente escluso la rilevanza del giudicato esterno costituito da altre sentenze pronunciate dalle CTP di Ascoli Piceno e di Perugia e concernenti la medesima fattispecie, ovvero l’imposta sulla pubblicità inerente a cartelli pubblicitari.

2. Si è costituita la società unipersonale Ica – Imposte Comunali Affini s.r.l. chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

3. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente rileva la Corte che, con il ricorso e con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la ricorrente ha evidenziato che nella causa vi è un difetto di rappresentanza processuale rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio in quanto nel giudizio di primo grado svoltosi innanzi alla CTP di (OMISSIS), conclusosi con pronuncia di rigetto e condanna al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro 750,00, (OMISSIS) si è costituita in giudizio a mezzo non di un difensore abilitato ma tramite l’amministratore unico rag. G.O.. Nel giudizio di appello, conclusosi con sentenza di rigetto e declaratoria di compensazione delle spese, (OMISSIS) si è costituita a mezzo del rag. G. medesimo. Assume la ricorrente che il difetto di rappresentanza processuale della parte nel giudizio di primo grado, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, implica che la parte stessa era da ritenersi contumace e da ciò discende l’illegittimità della condanna al pagamento delle spese processuali disposta dalla CTP di (OMISSIS).

1.1. Osserva la Corte la questione della nullità del giudizio per difetto di rappresentanza della parte nei gradi di merito non è proponibile nel giudizio per revocazione ove l’autorità di giudicato della sentenza revocanda può essere posta in discussione solo per i motivi di cui agli artt. 391 e 395 c.p.c..

In ogni caso mette conto considerare che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 1, nel testo in vigore fino al 31 dicembre 2015, prevedeva: ” Le parti, diverse dall’ufficio del Ministero delle finanze o dall’ente locale nei cui confronti è stato proposto il ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato.” Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, ha modificato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 1, prevedendo: “Le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato.”. La norma è entrata in vigore il 1/01/2016.

Nel caso che occupa, essendo state entrambe le cause di primo e secondo grado instaurate prima del 1/01/2016, (OMISSIS) avrebbe dovuto costituirsi in giudizio a mezzo di un difensore abilitato, considerato che la causa, come si evince dalla sentenza n. 26/04/2014 pronunciata dalla CTR dell’Umbria, aveva il valore di Euro 10.932,00, superiore a quello indicato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 5, vigente ratione temporis (Euro 2.582,28), di talchè non era ammesso alla parte stare in causa personalmente.

Ciò premesso, il rilievo della parte ricorrente non darebbe luogo ad alcuna nullità rilevabile d’ufficio. Ciò in quanto questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui, nel processo tributario, l’omissione, da parte del giudice adito, dell’ordine, alla parte privata che ne sia priva, di munirsi di un difensore, dà luogo ad una nullità relativa, che può essere eccepita in appello solo dalla parte di cui sia stato leso il diritto ad un’adeguata difesa tecnica, poichè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 5, deve essere interpretato, in una prospettiva costituzionalmente orientata, in linea con l’esigenza di assicurare l’effettività del diritto di difesa in vista di un’adeguata tutela contro gli atti della P.A., evitando, allo stesso tempo, irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno del soggetto che si intende tutelare, tenendo altresì conto che nel processo tributario il difetto di assistenza tecnica non incide sulla rappresentanza processuale, atteso che l’incarico al difensore, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà luogo, pertanto, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio (Cass. n. 11435 del 11/05/2018; Cass. n. 1245 del 18/01/2017; Cass. n. 3266 del 02/03/2012).

Ne consegue che l’essersi (OMISSIS) costituita nel giudizio di primo grado senza l’assistenza di un difensore abilitato non costituisce un difetto di rappresentanza processuale rilevabile d’ufficio (come stabilito da questa Corte a Sezioni Unite con sentenza n. 4248/2016) e la parte solo proponendo appello avrebbe potuto dolersi della condanna alla rifusione delle spese a favore di (OMISSIS) che si era costituita in giudizio senza il ministero del difensore.

2. Il primo motivo di ricorso per revocazione, con cui la ricorrente deduce che la Corte è incorsa in errore materiale o di fatto in quanto ha erroneamente indicato il Comune di (OMISSIS) quale ente impositore anzichè il Comune di (OMISSIS) e, per esso, l'(OMISSIS), società concessionaria del servizio di riscossione, è inammissibile per la ragione che, trattandosi di errore materiale, come la stessa ricorrente esplicitamente deduce, esso avrebbe potuto formare oggetto di ricorso per correzione, così come previsto dall’art. 391-bis c.p.c..

3. Il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce che la Corte è incorsa in errore di diritto in quanto ha erroneamente escluso la rilevanza del giudicato esterno costituito da altre sentenze pronunciate dalle CTP di Ascoli Piceno e di Perugia e concernenti la medesima fattispecie, ovvero l’imposta sulla pubblicità inerente a cartelli pubblicitari, è parimenti inammissibile. Ciò in quanto il combinato disposto dell’art. 391-bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di Cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione. Nel caso che occupa questa Corte, con la sentenza n. 1358 del 19 gennaio 2019 ha compiuto una valutazione giuridica, avendo affermato che le sentenze pronunciate dalle CTP di Perugia ed Ascoli Piceno indicate dalla parte non costituivano giudicato esterno sia perchè le parti erano diverse sia perchè si trattava di diversi periodi di imposta ed il giudicato è invocabile solo con riguardo alle imposte periodiche in cui vengono in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale.

4. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, oltre ad Euro 200,00 per anticipazioni, al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

 

 

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