Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1682 del 27/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1682 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza
in forma semplificata

sul ricorso proposto da:
BONASERA Paolo, CASTAGNA Luigi Massimo Augusto, ASSENNATO Angelo Antonino, MANULI Giovanni, SAVOCA Salvatore, LOCASCIO
Vincenzo, ROMANO Antonio, MENZO Antonino Maria, BUONO Antonino
Sebastiano, CUCE’ Francesco, rappresentati e difesi, in forza
di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Isabella
Casales Mangano, con domicilio per legge presso la cancelleria
civile della Corte di cassazione, piazza Cavour;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

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pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

Data pubblicazione: 27/01/2014

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Ritenuto che la Corte d’appello di Caltanissetta, con decreto in data 12 settembre 2012 a scioglimento della riserva
formulata all’udienza del 16 luglio 2012, ha condannato il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore
di Paolo Bonasera e degli altri istanti indicate in epigrafe,
della somma, ciascuno, di euro 4.914, oltre accessori, a titolo di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n.
89, per la irragionevole durata di un processo svoltosi dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia;
che la Corte territoriale ha posto a carico del soccombente
Ministero 1/3 delle spese processuali (liquidate, per
l’intero, in euro 1.086,63, di cui euro 100 per esborsi, euro
577 per diritti ed euro 300 per onorari, oltre a euro 109,63

679/12 depositato il 12 settembre 2012.

per spese generali e ad accessori di legge), con distrazione
in favore del difensore antistatario;
che la compensazione dei restanti 2/3 delle spese è motivata dalla Corte d’appello in considerazione dell’accoglimento

corrente era di un importo superiore a titolo di equa riparazione;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello Paolo Bonasera e gli altri istanti indicati in epigrafe hanno
proposto ricorso, con atto notificato il 6 marzo 2013, sulla
base di due motivi, illustrati con memoria;
che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione ai fini
dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge e omesso esame di un fatto decisivo, censurando
che gli importi liquidati a titolo di spese non corrispondano
al valore della causa ed alla tariffa applicabile;
che il motivo è infondato;
che, infatti, per un verso è corretta la determinazione del
valore della controversia, al fine del rimborso delle spese di
lite, con riferimento allo scaglione fino ad euro 5.200, giacché nella specie l’avvocato ha difeso nel processo più persone

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solo parziale della domanda, giacché la richiesta di parte ri-

aventi la stessa posizione processuale, sicché, ai sensi
dell’art. 5 della tariffa, non si dà luogo al cumulo delle domande proposte;
che, d’altra parte, l’importo liquidato non viola alcun mi-

merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. le controversie
di cui alla legge n. 89 del 2001, è solita liquidare, con riferimento a controversie il cui valore sia compreso, in relazione al

decísum,

come nella specie, tra euro 2.600 ed euro

5.200, un Importo di euro 873, di cui euro 50 per esborsi, euro 445 per diritti ed euro 378 per onorari, complessivamente
inferiore, quindi, a quello determinato dal giudice a quo;
che con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360,
primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) ci si duole che la
Corte d’appello abbia compensato per i 2/3 le spese processuali, e ciò nonostante la modestia dello scarto tra l’importo
liquidato dal giudice e quello richiesto (avendo i ricorrenti
domandato alla Corte d’appello un indennizzo pari ad euro
5.700, calcolato in ragione di euro 1.000 per ciascun anno di
ritardo, ed avendo la Corte territoriale liquidato l’importo
di euro 4.914 per essersi limitata ad adottare un parametro
indennitario leggermente più basso, pari ad euro 750 per ciascuno dei primi tre anni di ritardo);

nimo tariffario, giacché questa Corte, allorquando decide nel

che la censura è fondata;
che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza reciproca,
che consente la compensazione parziale o totale tra le parti
delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.

manda proposta, quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un
unico capo (Cass., Sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381);
che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta compensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa priva di
logica ragionevolezza, posto che nella specie non vi è stato
alcun rilevante scarto (Cass., Sez. VI-1, 17 giugno 2012, n.
617) tra l’importo richiesto dalla parte istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale;
che, inoltre, l’ampiezza della dichiarata compensazione tra l’altro di gran lunga eccedente il divario percentuale
sussistente tra l’indennizzo domandato (pari ad euro 1.000 per
anno di ritardo, quindi entro i limiti dei parametri CEDU applicati dalla giurisprudenza di questa Corte) e quello liquidato – finisce con il risolversi nella sostanziale vanificazione della soccombenza dell’Amministrazione convenuta, che,
invece, deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il
profilo della suddivisione del carico delle spese per non rendere vuota la tutela accordata;

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civ.), comprende anche l’accoglimento parziale dell’unica do-

che il decreto impugnato è quindi cassato limitatamente al
capo delle spese, nei limiti della censura accolta;
che la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la condanna del

l’intero, delle spese processuali sostenute dai ricorrenti nel
giudizio di merito, nell’importo già liquidato dalla Corte
territoriale;
che le spese del giudizio di cassazione, stante
raccoglimento solo parziale del ricorso, seguono la soccombenza per metà, mentre vanno compensate per la restante parte;
che anche le spese del giudizio di cassazione, liquidate
come da dispositivo, devono essere distratte in favore del difensore delle parti ricorrenti, dichiaratosi antistatario.
PER QUESTI

moTrvI

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato
il primo,

cassa il decreto impugnato, in relazione alla censu-

ra accolta, limitatamente al capo delle spese e,
merito,

decidendo nel

condanna il Ministero dell’economia e delle finanze al

pagamento, in favore dei ricorrenti, delle

spese processuali

per l’intero, nell’importo già liquidato dalla Corte d’appello
e con distrazione in favore dell’Avv. Isabella Casales Mangacondanna il Ministero alla ri-

no, dichiaratasi antistataria;

fusione delle spese, altresì, di metà delle spese del giudizio
di cassazione, compensata la restante parte, spese liquidate,

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Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, per

nell’intero, in euro 556,25, di cui euro 50 per esborsi ed euro 506,25 per compensi, oltre agli accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del difensore antistatario,
Avv. Isabella Casales Mangano.

Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2

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