Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1682 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. II, 19/01/2022, (ud. 20/12/2021, dep. 19/01/2022), n.1682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14814-2017 proposto da:

CONFEDERAZIONE UNIONE SINDACALE DI BASE USB, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio

dell’avvocato LAURA MATTINA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FROSINONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato Marco

Cianfrocca;

– controricorrente –

nonché contro

ICA IMPOSTE COMUNALI AFFINI SRL, SOC UNIPERSONALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1382/2016 del TRIBUNALE di FROSINONE,

depositata il 09/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale che ha concluso

per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Frosinone proponeva appello avverso la sentenza del locale giudice di pace che aveva accolto l’opposizione proposta dall’unione Sindacati di base avverso l’ordinanza ingiunzione emessa per l’esposizione su una porta metallica, senza autorizzazione, di una locandina con la scritta 11 marzo sciopero generale in violazione del regolamento comunale di pubblicità in applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 24, comma 2. Violazione accertata dalla concessionaria del servizio di repressione dell’abusivismo pubblicitario.

2. Il Tribunale di Frosinone in funzione di giudice di appello accoglieva impugnazione proposta dal Comune e, in riforma della sentenza del locale giudice di pace, dichiarava legittima l’ordinanza ingiunzione opposta.

In particolare, il Tribunale evidenziava che l’unico motivo di censura atteneva alla ritenuta insussistenza della responsabilità dell’organizzazione sindacale sul presupposto della mancata identificazione dell’autore materiale dell’affissione. A parere del Tribunale la censura doveva essere accolta in quanto la mancata identificazione degli autori materiali della violazione doveva ritenersi irrilevante al fine di estendere l’obbligo solidale di corrispondere le sanzioni pecuniarie in esame.

Infatti, le persone giuridiche e gli enti dotati di soggettività sono responsabili delle violazioni e devono essere sanzionati amministrativamente con i responsabili della violazione indipendentemente dall’identificazione della persona fisica che ha commesso materialmente la violazione, qualora vi sia un rapporto oggettivo e funzionale della condotta tenuta con l’interesse ovvero con gli scopi della persona giuridica o dell’ente di fatto. Peraltro, la responsabilità doveva ritenersi di tipo omissivo per non aver impedito l’abusiva affissione.

Nella specie, risultava non contestato che le locandine affisse senza autorizzazione riportassero le indicazioni relative all’unione sindacati di base e non poteva dubitarsi che l’invito allo sciopero generale fosse funzionale agli interessi della stessa associazione sindacale. Peraltro l’organizzazione sindacale non aveva fornito alcuna prova di essersi attivata per impedire l’abusiva affissione. L’unione sindacale aveva introdotto nuove argomentazioni difensive circa la presunta esclusione delle organizzazioni sindacali dal novero dei soggetti passivi dell’imposta di pubblicità che, oltre ad essere infondate, erano del tutto inammissibili perché tardive.

3. La confederazione unione sindacale di base ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.

4. Il Comune di Frosinone ha resistito con controricorso.

5. La società ICA non ha svolto attività difensiva in questa sede.

6. Il ricorso è stato in un primo tempo avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.

7. In prossimità della camera di consiglio, fissata per l’11 marzo 2021, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

8. In esito alla camera di consiglio la Corte ha rinviato il ricorso alla pubblica udienza.

9. Fissato all’udienza pubblica del 20 dicembre 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020, e dal D.L. n. 105 del 2021, art. 7, convertito nella L. n. 126 del 2021, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

10. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso venga accolto per quanto di ragione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 6 violazione dei principi e delle norme in tema di responsabilità solidale ed oggettiva, violazione delle norme in tema di legittimazione passiva.

La censura attiene all’interpretazione della L. n. 689 del 1981, art. 6 che a parere del ricorrente presuppone un accertamento della proprietà e non solo quello all’interesse ovvero dello scopo del soggetto interessato all’affissione, essendovi una congiunzione tra l’una e l’altro dei presupposti. Il giudice d’appello non si sarebbe avveduto che risultavano inesistenti i presupposti su cui avrebbe potuto trovare giustificazione l’applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale assertivo di un’ipotesi di responsabilità oggettiva. Si imporrebbe pertanto un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame. In ogni caso il giudice d’appello avrebbe applicato l’art. 6 citato in assenza dei presupposti previsti dalla norma affermando la responsabilità solidale a carico del sindacato ricorrente.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dei principi in tema di onere probatorio e di prova presuntiva (art. 2697,2727 e 2729 c.c.).

A parere del ricorrente, nella specie non si potrebbe neanche fare ricorso al criterio della prova presuntiva e non sarebbe ammissibile ipotizzare un dovere di intervento da parte del sindacato ricorrente volto ad impedire l’affissione non autorizzata di un manifesto che afferma un fatto di interesse generale ed indistinto. Una manifestazione in occasione di uno sciopero generale indetto da più sigle sindacali interessa tutti i lavoratori del settore e qualsiasi cittadino interessato alle problematiche dei rapporti di lavoro. Pertanto, l’accertamento presuntivo oltre ad essere inammissibile sotto il profilo costituzionale si porrebbe in contrasto con le norme sull’onere della prova che incombono sull’accusa e con le norme che disciplinano i casi di applicabilità delle presunzioni nei limiti della gravità precisione e concordanza.

3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono fondati.

3.1 Occorre premettere la descrizione del quadro normativo di riferimento.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 24 prevede che alle violazioni delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l’effettuazione della pubblicità conseguono sanzioni amministrative per la cui applicazione si osservano le norme contenute nelle sezioni I e II del capo I della L. n. 689 del 1981.

Per effetto dell’abrogazione – disposta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 176, – del comma 5-ter (che era stato aggiunto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 480), il citato art. 24 non contiene più la norma che, in materia di sanzioni amministrative, prevedeva che qualora il manifesto riguardasse l’attività, tra gli altri, di una organizzazione sindacale, soggetto responsabile fosse esclusivamente colui che materialmente era colto in flagranza nell’atto di affissione, con espressa esclusione della responsabilità solidale.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993 contiene un’altra norma di interesse: l’art. 20.1, introdotto dalla L. n. 296 del 2006, il quale prevede che gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti siano a carico, non dei bilanci comunali ma, dei soggetti per conto dei quali sono affissi, salvo propria contraria.

La responsabilità solidale è disciplinata dalla L. n. 689 del 1981, art. 6. Dopo aver previsto, al comma 1, la responsabilità, in solido con l’autore della violazione, del proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione, a meno che questi provi che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà, l’art. 6, comma 3 stabilisce che se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

4. Sulle questioni sollevate dal ricorso la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi con esiti non perfettamente sovrapponibili.

4.1 Nella sentenza della I Sezione 24 febbraio 2004, n. 3630, si è affermato che il sindacato, a favore del quale si sia realizzata, ad opera di suoi aderenti rimasti ignoti, l’affissione di manifesti pubblicitari abusivi, è tenuto in solido, pur in mancanza di un proprio specifico intento trasgressivo, a pagare le sanzioni amministrative di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 24 a meno che non provi che la condotta illegittima degli autori materiali della violazione si sia avuta in contrasto con particolari sue azioni positive, idonee a ostacolarla o impedirla.

Nella successiva sentenza, della II Sezione, 12 giugno 2009, n. 13770, si è affermato che in tema di sanzioni amministrative emesse, ai sensi dell’art. 24 citato D.Lgs., per l’affissione di manifesti contenenti messaggi pubblicitari senza la prescritta autorizzazione, la responsabilità solidale della persona giuridica o dell’ente privo di personalità giuridica – nel caso di violazione commessa dal rappresentante o dal dipendente degli enti medesimi, nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze – consente di includere nell’ambito applicativo della norma non soltanto i soggetti legati alla persona giuridica o all’ente da un formale rapporto organico, ovvero da un rapporto di lavoro subordinato, ma anche tutti i casi in cui i rapporti siano caratterizzati in termini di affidamento (inteso come materiale consegna all’autore della violazione del materiale pubblicitario) o di avvalimento (inteso come attività di cui il committente profitta); ciò tuttavia, a condizione che l’attività pubblicitaria sia comprovatamente riconducibile all’iniziativa del beneficiario quale committente o autore del messaggio pubblicitario o che sia documentato il rapporto tra autore della trasgressione ed ente o persona giuridica opponente, restando comunque escluso che il beneficiario del messaggio pubblicitario sia solidalmente responsabile della violazione per il solo fatto di averne potuto trarre giovamento.

I principi espressi in Cass., Sez. I, n. 3630 del 2004 sono stati ripresi da Cass., Sez. I, 28 giugno 2006, n. 15000, e da Cass., Sez. II, 25 gennaio 2012, n. 1040, le quali concernono violazioni amministrative non in materia di imposta di pubblicità, bensì in materia di disciplina della cartellonistica sulla sede stradale ex art. 23 C.d.S..

La sentenza n. 13770 del 2009 è stata ripresa da due recenti arresti della Sezione Sesta-2 che hanno, entrambi, confermato la sentenza di merito in controversie, analoghe alla presente, tra l’associazione sindacale USB ed il Comune di Frosinone (ordinanza 4 gennaio 2019, n. 100, che ha rigettato il ricorso dell’associazione sindacale, e ordinanza 20 novembre 2018, n. 29891, che ha rigettato il ricorso del Comune).

5. Il Collegio osserva che un punto fermo, e pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, è rappresentato dalla possibilità di predicare la responsabilità solidale della persona giuridica, o dell’ente privo di personalità giuridica, non solo quando l’autore è legato al soggetto collettivo da un formale rapporto organico ovvero da un rapporto di lavoro subordinato, ma anche in tutti i casi in cui i rapporti siano caratterizzati in termini di affidamento (inteso come materiale consegna all’autore della violazione del materiale pubblicitario) o di avvalimento (inteso come attività di cui il committente si giova), a condizione, però, che l’attività pubblicitaria sia comprovatamente riconducibile all’iniziativa del beneficiario.

Si tratta di un indirizzo nomofilattico costante che, nella sentenza n. 1040 del 2012, si trova compendiato nell’affermazione secondo cui l’art. 6, comma 3 individua “nel rapporto oggettivo e funzionale della condotta tenuta con l’interesse ovvero gli scopi di una persona giuridica o di un ente di fatto” il titolo stesso della solidarietà di detti enti con l’autore della violazione, indipendentemente dalla identificazione della persona fisica che ha commesso materialmente la violazione. La sentenza n. 13770 del 2009 lo declina e lo scolpisce nella necessità di una comprovata riconducibilità dell’attività pubblicitaria al beneficiario.

6. Un secondo punto fermo è rappresentato dal principio, espresso a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 22 settembre 2017, n. 22082), secondo cui la solidarietà prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 6 non si limita ad assolvere una funzione di sola garanzia, ma persegue anche uno scopo pubblicistico di deterrenza generale nei confronti di quanti, persone fisiche o enti, abbiano interagito con il trasgressore rendendo possibile la violazione.

7. Il terzo aspetto condiviso è costituito dal rilievo che a giustificare l’imputazione solidale non basta la circostanza di fatto del mero giovamento. La sentenza n. 1370 del 2009 richiede che l’attività pubblicitaria sia comprovatamente riconducibile all’iniziativa del beneficiario quale committente o autore del messaggio pubblicitario o che sia documentato il rapporto tra autore della trasgressione ed ente o persona giuridica opponente ed esclude che il beneficiario del messaggio pubblicitario possa essere ritenuto solidalmente responsabile della violazione per il solo fatto di averne potuto trarre giovamento. Tale sottolineatura è ribadita anche nella giurisprudenza successiva: ordinanza n. 29891 del 2018 e ordinanza n. 100 del 2019.

8. In questo contesto, ritiene il Collegio che, in tema di sanzioni amministrative emesse, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 24 per l’affissione di manifesti contenenti messaggi pubblicitari senza la prescritta autorizzazione, ai fini della configurabilità della responsabilità solidale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3, non è sufficiente il solo fatto di averne potuto trarre, il soggetto collettivo, giovamento, ma si richiede che i manifesti siano stati affissi per conto del detto soggetto, che cioè l’attività pubblicitaria sia riconducibile all’iniziativa del beneficiario quale committente o autore del messaggio pubblicitario o che sia documentato il rapporto tra autore della trasgressione ed ente opponente.

9. Il titolo di responsabilità solidale può essere rinvenuto, in base all’art. 6, comma 1 anche nella proprietà della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione. Proprio in vicenda di affissione abusiva di manifesti, Cass., Sez. I, 24 marzo 2004, n. 5891, ha affermato il principio secondo il quale la L. n. 689 del 1981, art. 6 considera obbligato in solido, con l’autore materiale dell’illecito, il proprietario della cosa che servì a commettere la violazione, salvo che quest’ultimo dimostri che la cosa sia stata utilizzata (ossia, nel caso, che l’affissione sia avvenuta al di fuori degli spazi consentiti) contro la sua volontà, e senza peraltro che l’identificazione dell’autore materiale possa ritenersi requisito di legittimità per l’operatività della presunzione a carico del proprietario.

Sempre in tema di manifesti pubblicitari abusivamente affissi, è significativa Cass., Sez. II, 25 gennaio 2012, n. 1042, la quale ha convalidato il ragionamento seguito dal giudice di merito che aveva escluso che la presunzione di proprietà dei manifesti in capo all’associazione musicale opponente potesse fondarsi sul fatto che l’affissione era concretamente avvenuta in favore di detta associazione. Si legge nella citata sentenza: “il giudice di pace ha congruamente evidenziato che i manifesti abusivi erano costituiti da comuni fogli per stampa tipo A4 sui quali erano stati stampati il nome del gruppo musicale, il titolo dello spettacolo e il luogo e la data dello svolgimento di quest’ultimo presso il Circolo…, giungendo, perciò, alla logica conseguente conclusione che, sulla scorta di questi elementi, era del tutto illegittimo presumere la proprietà dei manifesti in capo al suddetto Circolo (ancorché risultasse essere il soggetto avvantaggiato dalla pubblicità) e la sicura riconducibilità dell’attività di averne commissionato l’affissione illegittima (trattandosi, in altre parole, di beni mobili al portatore, privi, cioè, di idonee caratteristiche attraverso le quali era lecito risalire al proprietario degli stessi)”.

Spetta all’Amministrazione che ha applicato la sanzione amministrativa provare tutti gli elementi necessari per l’affermazione della responsabilità amministrativa. Tale regola vale anche per la responsabilità solidale del proprietario prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 1, salvo che per l’ambito in cui opera la presunzione posta dalla stessa disposizione. Consegue che spetta all’Amministrazione che invoca la presunzione prevista dal citato art. 6 provare la titolarità del diritto di proprietà (in capo al soggetto ritenuto obbligato solidale) nel momento in cui la cosa servì o fu destinata a commettere la violazione; solo una volta raggiunta la prova di tale titolarità, spetterà al proprietario provare che l’utilizzazione della cosa in sua proprietà avvenne contro la sua volontà (Cass., Sez. I, 20 giugno 1994, n. 5919).

Nella specie, il Tribunale di Frosinone ha individuato il titolo di responsabilità solidale della Confederazione sindacale nella proprietà del mezzo usato per la commissione dell’infrazione, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 1 presumendo detta proprietà in capo all’Unione sindacale in forza di due elementi: l’inerenza del messaggio, affisso senza autorizzazione, agli scopi dell’ente; la presenza, in calce alla locandina, delle indicazioni relative alla USB.

Il giudice del gravame ha, infatti, accertato che la locandina recava la scritta “11 marzo sciopero generale generalizzato” con “le indicazioni relative alla USB-Unione Sindacati di Base” e, su questa base, ha considerato l’invito allo sciopero generale funzionale agli interessi dell’associazione sindacale, stante l’inerenza del messaggio, affisso senza autorizzazione, agli scopi dell’ente, tenuto conto che l’organizzazione sindacale non aveva fornito alcuna prova di essersi attivata per impedire l’abusiva affissione o che la stessa fosse avvenuta contro la sua volontà.

10. La Confederazione ricorrente contesta questa conclusione; sostiene che l’art. 6 sarebbe stato applicato in manifesta assenza del presupposto previsto dalla norma stessa (la proprietà del mezzo); deduce che, poiché nella specie la locandina pubblicizzava uno sciopero generale indetto da più sigle sindacali e la manifestazione nazionale a Roma, non poteva ipotizzarsi in capo alla organizzazione sindacale ricorrente la proprietà della locandina, difettando i requisiti della presunzione (gravità, precisione e concordanza).

11. La complessiva doglianza coglie nel segno.

Occorre premettere che in tema di presunzioni, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri della presunzione (gravità, precisione, concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360 c.p.c., n. 3 (e non già alla stregua dello stesso art. 360, n. 5), competendo alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di declamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione concreta (Cass., Sez. lav., 16 novembre 2018, n. 29635; Cass., Sez. Lav., 30 giugno 2021, n. 18611).

Infatti – come hanno osservato le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) – è possibile il sindacato per violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non solo nell’ipotesi (davvero rara) in cui il giudice abbia direttamente violato la norma dell’art. 2729 c.c. deliberando che il ragionamento presuntivo possa basarsi su indizi che non siano gravi, precisi e concordanti, ma anche quando egli abbia fondato la presunzione su indizi privi di gravità, precisione e concordanza, sussumendo, cioè, sotto la previsione di tale disposizione, fatti privi dei caratteri legali, e incorrendo, quindi, in una falsa applicazione della norma, esattamente assunta nella enunciazione della fattispecie astratta, ma erroneamente applicata alla fattispecie concreta.

Secondo la giurisprudenza della Corte, il giudizio sulla gravità e precisione del ragionamento presuntivo, imposto dall’art. 2929 c.c., ha per oggetto la ricorrenza della inferenza probabilistica impostata dal giudice del merito per desumere dal fatto noto il fatto ignoto e si concretizza in un controllo di stretta legittimità, secondo parametri di elevata probabilità logica insiti nei caratteri stessi di gravità e precisione.

11.1 Il Collegio ritiene non sussistenti i requisiti della presunzione nel ragionamento condotto dal giudice, mancando sia quello della gravità, sia quello della precisione.

Infatti, per un verso il Tribunale di Frosinone ha desunto la proprietà del manifesto in capo alla Confederazione sindacale dall’inerenza del messaggio pubblicizzato agli scopi dell’ente, ma non ha considerato che lo “sciopero generale generalizzato” dell’11 marzo 2011 era stato proclamato da più sigle sindacali, non solo dall’USB, sicché, mancando un collegamento diretto ed esclusivo dello sciopero con quel sindacato, viene meno la logica inferenziale che consente di attribuire la proprietà dello stampato alla Confederazione stessa. Il criterio dell’interesse è privo, nella specie, del carattere della selettività: uno sciopero generale, indetto da più sigle sindacali, riguarda tutte le organizzazioni sindacali che lo hanno proclamato e i lavoratori ad esse iscritti, fino a coinvolgere qualsiasi cittadino attento alle problematiche dei rapporti di lavoro e alle rivendicazioni dei lavoratori.

Per altro verso, difetta del connotato della precisione e della gravità la presunzione della proprietà del manifesto desunta dal fatto che, tra l’altro, la locandina “riporta le indicazioni”, peraltro non meglio dettagliate, “relative alla USB-Unione Sindacati di Base”: la presunzione della proprietà di quel manifesto avrebbe richiesto un indizio più stringente, come la presenza del logo della specifica organizzazione sindacale e l’individuazione nella Confederazione del soggetto che ha proceduto a commissionare al tipografo la stampa del manifesto e ad assumere l’iniziativa di comunicazione.

In altri termini, trarre dalle “indicazioni relative alla USB”, senza ulteriori elementi fattuali da cui si possa desumere l’iniziativa nella stampa del manifesto, la proprietà del manifesto stesso facente riferimento ad uno sciopero generale proclamato da più sindacati, non risponde ai criteri di elevata probabilità logica su cui riposa la presunzione.

Ne resta quindi inficiato l’elemento logico del ragionamento inferenziale; pertanto, la presunzione di proprietà del manifesto costruita dal giudice del merito non rispetta il disposto dell’art. 2729 c.c.

Il ragionamento decisionale impostato dal Tribunale risulta intrinsecamente viziato in iure.

Il giudice del gravame non solo ha utilizzato presunzioni non aventi i requisiti richiesti dall’art. 2729 c.c., ma ha finito per dedurre la stessa responsabilità solidale, di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 6 dalla mancanza della prova liberatoria in ordine alla responsabilità per omissione e dalla circostanza di fatto del mero giovamento.

11.2 In questo senso ha concluso il Pubblico Ministero.

L’Ufficio del Procuratore Generale ha, infatti, escluso che il beneficiario del messaggio pubblicitario possa essere ritenuto solidalmente responsabile della violazione per il solo fatto di averne potuto trarre giovamento e ha evidenziato che, nella specie, “il giudice del gravame territoriale avrebbe dovuto specificamente argomentare indicando gli estremi di fatto idonei a dimostrare e quindi a comprovare la riconducibilità dell’attività pubblicitaria all’iniziativa del beneficiario, requisito questo imprescindibile e necessario per l’applicazione del principio della responsabilità solidale in capo all’ente, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6 e non dedurla implicitamente dalla mancanza della prova liberatoria in ordine alla responsabilità per omissione, da tanto conseguendo la fondatezza del denunziato vizio di violazione di legge”.

12. L’accoglimento dei motivi di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originaria opposizione e l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione.

13. Sussistono giustificati motivi, legati alla complessità delle questioni trattate, per la compensazione delle spese dell’intero giudizio, attesa la complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’ordinanza ingiunzione opposta. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 20 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA