Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16819 del 07/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 07/08/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 07/08/2020), n.16819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29044-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LA SANTA SEDE e, per essa, L’AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO DELLA

SEDE APOSTOLICA, in persona del presidente e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA V. CICERONE 28,

presso lo studio dell’avvocato CARMINE STINGONE, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2476/2017 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 08/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Regionale del Lazio n. 2476/3/17, emessa il 09.02.2017, che ha accolto l’appello de la Santa Sede – amministrazione del patrimonio della sede apostolica avverso la sentenza n. 7854/38/16 della CTP di Roma; tale sentenza aveva respinto il ricorso de la Santa Sede avverso l’avviso di accertamento di revisione catastale, concernente tre unità immobiliari ad essa appartenenti, site in (OMISSIS) e la rettifica in variazione intervenuta a seguito di dichiarazione di variazione proposta da la Santa Sede, con procedura DOCFA, che ha modificato la categoria catastale da A/3 ad A/2, la classe da 4 a 3 e la rendita.

La CTR ha ritenuto carente, avuto riguardo ai principi e parametri in merito fissati dalla giurisprudenza di legittimità, la motivazione con la quale l’Agenzia ha fissato i dati catastali nuovi, discostandosi da quelli indicati nella DOCFA.

L’intimata ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

La ricorrente Agenzia articola due motivi di ricorso, ribaditi con memoria:

a) La violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. per falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75 e del D.M. 19 aprile 1994, n. 701. In particolare la ricorrente afferma che il provvedimento è correttamente motivato anche con riferimento a fatti notori, quali sono i parametri catastali del bene.

b) La violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c. non avendo la CTR provveduto essa stessa a valutare la rendita spettante per la variazione catastale come le competeva, trattandosi di giudizio impugnazione-merito.

Il ricorso è infondato.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro intrinseca connessione logica.

In punto di motivazione la sentenza impugnata non merita alcuna censura perchè, adeguandosi ai principi dettati da questa Corte, che sono stati anche specificamente e correttamente richiamati con l’indicazione della giurisprudenza, ha posto in evidenza che il provvedimento della P.A. ha disatteso le indicazioni fornite dal contribuente senza fornire alcun elemento concreto e specifico sull’immobile idoneo a spiegare le cause del mancato accoglimento della proposta Docfa.

In altri termini l’atto impugnato non risponde alla sua funzione propria mancando ogni e qualsiasi riferimento alla consistenza degli immobili ed alle reali caratteristiche degli stessi.

Il primo motivo è infondato perchè, limitandosi la ricorrente ad affermare assertivamente la fondatezza della motivazione ed omettendo di produrre il verbale di accertamento, ovvero di riprodurlo, trascrivendolo e contestualizzandone le pretese mancanze, in modo da renderne edotta questa Corte che non ha autonomo accesso agli atti, violando il principio di autosufficienza del ricorso, ha precluso a quest’ultima ogni esame sulle censure avanzate. E’ poi infondata la seconda doglianza perchè la inadeguatezza della motivazione del provvedimento non consentiva, in fatto, alcuna autonoma valutazione alla Commissione di appello.

In realtà occorre tener presente che nella giurisprudenza della Corte si è consolidato il principio secondo cui due sono i profili che deve rispettare la motivazione dell’avviso di rettifica dei dati catastali proposti a seguito di procedura DOCFA, avuto riguardo al carattere fortemente partecipativo della predetta procedura. La motivazione del provvedimento potrà arrestarsi alla indicazione dei soli dati catastali se, invariati gli elementi di fatto indicati dal contribuente, la diversità della rendita attribuita deriva da una valutazione tecnica sul valore economico del bene. Sarà invece necessario indicare le specifiche differenze fattuali riscontrate rispetto a quanto indicato dal contribuente e tanto al fine di contenere e circoscrivere l’oggetto di un eventuale contenzioso, nel rispetto del diritto di difesa del contribuente. E’ stato, pertanto, affermato che “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso “(Cass. n. 23237/2014). Pertanto la divergenza di valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente comporta la necessità di una motivazione più specifica sul punto; è necessario individuare ed esplicitare proprio le differenze in fatto riscontrate dall’Ufficio sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (da ultimo, Cass. 12497/16; Cass. 12777/18).

Nel caso in esame, a tenore di quanto rilevato dal giudice di merito, la motivazione del provvedimento è sicuramente deficitaria sul punto ma in questo giudizio non è possibile alcuna verifica, proprio per il mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore della controricorrente, in Euro 6.000,00 oltre spese forfettarie in misura del 15% ed accessori se dovuti.

Così deciso in Roma, adunanza camerale, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020

 

 

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