Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16814 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 15/06/2021), n.16814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. est. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6489/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

“Società Agricola Valle Frassina – Società Semplice”, in persona

del legale rapp.te p.t. P.C., rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale a margine del controricorso, dagli

Avvocati Loris Tosi e Giuseppe Marini, elettivamente domiciliata

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla Via di Villa

Sacchetti n. 9;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 804/9/2017 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, depositata in data 19/7/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

marzo 2021 dal Dott. Angelo Napolitano, tenutasi mediante

collegamento da remoto.

 

Fatto

Il Sig. P.C., in qualità di socio rappresentante della Società Agricola Valle Frassina (d’ora in poi, anche “la società agricola” o “la società”), propose la variazione del classamento di una unità abitativa sita nel Comune di (OMISSIS) (VE) attribuendole la categoria A/3, classe 1A, contestualmente richiedendo il riconoscimento della ruralità dell’immobile.

L’Ufficio rettificò il classamento e non riconobbe la ruralità dell’abitazione, non ritenendo soddisfatte le condizioni per l’assunzione della qualifica di imprenditore agricolo professionale, stante anche la mancanza di iscrizione presso il registro delle imprese.

Il diniego fu impugnato dalla società che dedusse che risultava provato che il socio Sig. P. era un imprenditore agricolo professionale, circostanza sufficiente per il riconoscimento della ruralità dell’abitazione, non risultando di contro necessaria la sua iscrizione presso il registro delle imprese.

La CTP di Venezia rigettò il ricorso.

La CTR del Veneto riformò la sentenza di primo grado, su appello della società, riconoscendo sia a quest’ultima che al P. la qualifica di imprenditore agricolo.

Contro la sentenza della CTR del Veneto, indicata in epigrafe, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un solo complesso motivo.

Resiste la società con controricorso.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato una memoria difensiva ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

1. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione di legge per erronea e falsa applicazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3, lett. a), punti 5 e a-bis), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, l’Avvocatura erariale contesta la motivazione della sentenza di appello e ribadisce che il riconoscimento della ruralità dell’abitazione è stato negato in quanto in capo al P. difetterebbe la qualifica di imprenditore agricolo professionale ed egli non sarebbe iscritto nel registro delle imprese. Le attestazioni della qualifica di imprenditore agricolo in capo al P., provenienti dall’agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura, riguarderebbero un periodo successivo ai fatti contestati. Il P., inoltre, non avrebbe dimostrato la sussistenza dei requisiti di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3. Sarebbe, infine, irrilevante l’iscrizione all’INPS, a fini previdenziali, del P..

1.1. Il motivo è infondato.

Dalla motivazione della sentenza di appello emerge una non implausibile lettura sostanzialistica, da parte della CTR, della normativa evocata dall’Agenzia ricorrente, tesa a valorizzare la non smentita esistenza dei requisiti oggettivi, quali la destinazione dell’immobile, di cui la società aveva chiesto il riconoscimento del carattere rurale, quale abitazione del P., e la collocazione di tale abitazione sul terreno sul quale viene svolta l’attività agricola.

In realtà, il motivo del contendere riguarda l’esistenza dei requisiti soggettivi in capo al P.: quest’ultimo, secondo l’Agenzia ricorrente, non potrebbe pretendere il riconoscimento della ruralità dell’immobile adibito a propria abitazione, in quanto non avrebbe dato prova di essere un imprenditore agricolo professionale e non sarebbe iscritto come tale nel registro delle imprese.

Senonchè, la circostanza che al tempo del diniego del riconoscimento della ruralità dell’immobile non vi fossero pagamenti disposti dall’Avepa (Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura) in favore del P. non è dirimente, sia perchè la CTR ha accertato che i pagamenti erano eseguiti in favore della società agricola di cui il P. è socio e legale rappresentante e tramite la quale esercita l’attività agricola; sia perchè l’accertamento dei requisiti soggettivi per l’attribuzione della qualifica di imprenditore agricolo professionale, che il D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 2, demanda alla Regione, non ha valore costitutivo, ma semplicemente ricognitivo a fini amministrativi, come testimonia la norma da ultimo richiamata che, anche con un accertamento positivo da parte della Regione, fa salvo il potere di verifica dell’INPS.

Nè potrebbe sostenersi che in sede giurisdizionale l’accertamento del possesso in capo al contribuente della qualifica di imprenditore agricolo professionale, ai fini del riconoscimento del carattere rurale dell’abitazione, sia vincolato al positivo accertamento che ne abbia fatto la Regione, pena la compressione del diritto di difesa in giudizio del contribuente, lesiva dell’art. 24 Cost..

Premesso, dunque, che spetta al giudice del merito l’accertamento della qualità di imprenditore agricolo professionale in capo al contribuente (società), la CTR l’ha accertata in capo al P., socio persona fisica (accertamento che poi riverbera in favore della società, ai sensi del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 3 lett. a), evidenziando la sua iscrizione alla gestione previdenziale e assistenziale dell’INPS quale imprenditore agricolo: una circostanza che deve essere giudicata sufficiente allo scopo, nella totale assenza di elementi, che l’Agenzia ricorrente non risulta aver nè dedotto nè provato, da cui risulti la mancanza dei requisiti sostanziali di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 1.

Con riferimento, poi, alla mancata iscrizione del P. al registro delle imprese, dedotta dall’Agenzia ricorrente quale causa ostativa al riconoscimento della ruralità della sua abitazione, D.L. n. 557 del 1993, ex art. 9, comma 3, lett. a-bis), deve rilevarsi che è condivisibile l’affermazione della CTR secondo la quale, agli effetti del riconoscimento della ruralità dell’abitazione, è sufficiente l’iscrizione della società agricola, con l’indicazione dei soci.

Deve, infatti, notarsi che nel registro delle imprese sono iscritti i soggetti che svolgono attività imprenditoriale, sicchè se una persona fisica svolge la sua attività imprenditoriale agricola in forma collettiva a mezzo di una società di cui è socia, non può essere onerata di una doppia iscrizione, essendo sufficiente l’iscrizione dell’imprenditore in forma collettiva (societaria), dalla quale risulti la qualità di socio della persona fisica.

Che poi la società ed (almeno) un suo socio debbano rivestire la qualifica di imprenditore agricolo professionale, risulta dalla disposizione di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9 comma 3, lett. a), n. 5; e la sussistenza di tale qualifica è stata accertata dal giudice di appello con motivazione succinta, ma sufficiente.

1.2. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.

2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro tremila per onorari, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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