Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16813 del 15/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/06/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 15/06/2021), n.16813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. est. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19798/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

A.V., B.S., B.M.F.,

I.E., In.Em., I.P., L.A.M.,

L.C., S.A., Sa.An., elettivamente

domiciliati presso la seguente casella di posta elettronica:

enricoduranti.avvocatinapoli.legalmail.it, in uso al loro difensore

Avv. Enrico Duranti, dal quale sono rappresentati e difesi in virtù

di procura speciale unita al controricorso, domiciliati in Roma,

P.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 662/45/2017 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, depositata in data 26/1/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

marzo 2021 dal Dott. Angelo Napolitano, tenutasi mediante

collegamento da remoto.

 

Fatto

Gli odierni controricorrenti proposero giudizio dinanzi alla CTP di Napoli avverso la revisione di classamento operata ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, con riferimento all’immobile sito in (OMISSIS) alla via (OMISSIS), foglio (OMISSIS) part. (OMISSIS) sub. (OMISSIS), z.c. (OMISSIS), ricadente nella comunione ereditaria costituitasi in seguito al decesso di S.M.F., avvenuto in data (OMISSIS), della quale sono eredi.

La CTP dichiarò il ricorso inammissibile, in quanto diretto avverso un atto di variazione del classamento catastale mai notificato ai controricorrenti, come tale non rientrante nel novero degli atti impugnabili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

Su appello dei contribuenti la CTR della Campania riformò la sentenza di primo grado, osservando che essi avevano interesse a proporre l’azione per l’annullamento della variazione del classamento, benchè conosciuta attraverso una semplice visura catastale e non tramite una formale notificazione di un atto emesso dall’amministrazione finanziaria.

Il giudice di appello, inoltre, rilevò che ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, l’atto di riclassamento doveva essere notificato, con la conseguenza che in mancanza di notificazione la variazione del classamento deve essere annullata.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.

I contribuenti resistono con controricorso.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost.; degli artt. 75 e 81 c.p.c.; del D.P.R. n. 650 del 1972, artt. 3 e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Agenzia delle Entrate ha dedotto che i contribuenti non avrebbero la legittimazione ad impugnare l’atto di variazione del classamento catastale in quanto esso non era stato notificato a loro, nè avrebbe potuto esserlo, visto che essi non risultavano in catasto quali proprietari dell’immobile. Gli odierni contribuenti, sostiene l’Agenzia, sono stati inadempienti rispetto all’obbligo di richiedere le volture catastali in conseguenza della morte della de cuius, stabilito del D.P.R. n. 650 del 1972, art. 3.

In sostanza, secondo l’Agenzia, l’inadempimento dell’obbligo di eseguire le volture catastali conseguenti alla modifica della intestazione della proprietà degli immobili fa sì che i soggetti inadempienti non avrebbero la legittimazione ad causam ai fini dell’impugnazione dell’atto di modifica del classamento catastale.

2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Agenzia delle Entrate ha dedotto che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, i contribuenti non hanno impugnato, in prime cure, “la visura catastale”, bensì “la revisione del classamento”, senza che avessero individuato alcun atto formale quale oggetto dell’impugnazione.

Ne conseguirebbe che la CTR avrebbe considerato, quale oggetto dell’impugnazione, un atto non effettivamente impugnato.

In ogni caso, argomenta l’Agenzia ricorrente, la “visura catastale” non sarebbe un atto impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sicchè l’impugnazione proposta in primo grado dai contribuenti sarebbe inammissibile.

3. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1; della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58; del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21; degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, l’Agenzia delle Entrate ha dedotto che la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, è chiara nel prevedere che la notifica degli atti di classamento catastale deve essere effettuata dall’ufficio nei confronti degli intestatari della partita catastale sicchè, non coincidendo gli odierni contribuenti con gli intestatari, all’epoca della variazione del classamento, della partita catastale, legittimamente l’atto di riclassamento in questione non sarebbe stato notificato agli odierni controricorrenti.

4. I tre motivi di ricorso, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Gli odierni contribuenti, infatti, hanno senz’altro la legittimazione ad impugnare, essendo proprietari in comunione ereditaria dell’immobile oggetto del riclassamento catastale, ed essendo, dunque, i soggetti patrimonialmente incisi dal detto riclassamento. Nè rileva che oggetto dell’impugnazione non sia stato un atto formale rientrante nel novero degli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in quanto ormai è consolidato l’orientamento di questa Corte Suprema nel senso di ritenere sussistente in capo al contribuente l’interesse a ricorrere, e dunque la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice tributario, nel caso in cui egli venga a conoscenza, seppure non nelle forme tipiche previste dalla legge, di un atto incidente sul patrimonio, relativo ad un rapporto tra lui e l’amministrazione finanziaria rientrante nella cognizione delle Commissioni tributarie (ex coeteris, Cass., sez. 5, n. 1230/2020).

Nel caso che ci occupa, in cui l’Agenzia delle Entrate ha sostanzialmente ammesso di non aver potuto notificare l’atto di revisione del classamento in quanto l’intestataria della partita catastale era già deceduta al tempo dell’esecuzione della notificazione, i contribuenti erano venuti a conoscenza del nuovo classamento catastale attraverso una visura eseguita presso il competente ufficio.

Il nuovo classamento, dunque, era divenuto di fatto efficace, al punto da essere riportato negli atti dell’ufficio del catasto, nonostante che nè gli odierni contribuenti, nè la loro de cuius, avessero ricevuto la notifica dell’atto relativo ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1; nonostante che, cioè, fosse mancata la condizione legale di efficacia della variazione del classamento posta dalla testè richiamata disposizione legislativa. Sicchè non può essere revocata in dubbio non solo la legittimazione ad causam degli odierni controricorrenti quali comproprietari dell’immobile “riclassato”, ma anche l’interesse a ricorrere dinanzi alla Commissione tributaria per fare, sostanzialmente, accertare l’illegittimità di una procedura che ha portato al riclassamento catastale del loro immobile in assenza di una condizione legale di efficacia.

Contrariamente a quanto asserito dall’Agenzia delle Entrate nel suo ricorso, l’inadempimento dell’obbligo di richiedere la voltura catastale dell’intestazione dell’immobile non può comportare l’esonero, per l’amministrazione finanziaria, dalla rituale esecuzione della notifica degli atti modificativi del classamento, ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1.

In altri termini, tale obbligo di voltura non può essere trasformato in un onere con riferimento alla possibilità di conoscere tempestivamente, ai fini dell’impugnazione, gli atti di modifica del classamento catastale, non foss’altro che per il motivo che la legge non lo prevede.

In realtà, deve rilevarsi una lacuna normativa nel sistema della modifica del classamento degli immobili: la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, non prevede a chi debba essere notificato l’atto di modifica del classamento catastale nel caso in cui l’intestatario della partita sia deceduto.

In mancanza di una norma “facilitativi” per la P.A. (come quella contenuta, ad esempio, nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 16, comma 8, secondo la quale, nel caso in cui sia deceduto il proprietario iscritto nei registri catastali e non risulti il proprietario attuale, l’avviso di avvio del procedimento per la dichiarazione di pubblica utilità di un’opera e del deposito dei documenti relativi è notificato mediante affissione all’albo pretorio dei comuni interessati e in uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale), deve ritenersi che in tal caso l’ufficio debba individuare con ogni mezzo utile gli attuali proprietari dell’immobile per notificare a loro l’atto di modifica del classamento catastale.

Nel caso di specie, tale accertamento non è stato eseguito, sicchè l’atto di modifica del classamento non è stato notificato agli odierni contribuenti e, dunque, non risulta realizzata la condizione legale di efficacia della modificazione del classamento.

5. Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.

Chiaramente, non è preclusa alla P.A. la riedizione, in maniera procedimentalmente corretta, del potere di modificare il classamento dell’immobile in questione, ricorrendone i presupposti di legge.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore dell’Avvocato Enrico Duranti, dichiaratosi antistatario, delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro tremila, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2021

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