Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16812 del 07/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 07/08/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 07/08/2020), n.16812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20756-2016 proposto

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

F.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 631/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 17/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

 

Fatto

RILEVATO

che la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sezione distaccata di Catania con sentenza n. 631/34/2016 pubblicata il 17 febbraio 2016 ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa n. 701/2011 che aveva accolto il ricorso proposto da F.G. avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso, nella misura del 90% delle imposte IRPEF ed ILOR versate per i periodi di imposta 1990, 1991 e 1992 per complessive Lire 5.926.000, rimborso dovuto quale destinatario dei benefici di cui all’O.M. 29 gennaio 1993, n. 2316, in quanto residente alla data del 13 dicembre 1990 nel comune di (OMISSIS) e quindi in uno dei comuni individuati da detta Ordinanza Ministeriale quali colpiti dall’evento calamitoso avvenuto nella Sicilia sud orientale il 13 e 16 dicembre 1990, e per i quali la successiva L. 27 dicembre 2002, n. 289, all’art. 17, riservava il beneficio di poter definire la propria posizione nei confronti del fisco con il versamento del solo 10% delle imposte per gli anni in questione. La Commissione Tributaria Regionale ha considerato che il medesimo trattamento previsto per coloro che non avevano versato le imposte dovute e per i quali era prevista la definizione con il versamento del solo 10%, dovesse essere previsto anche per coloro che avevano già provveduto al pagamento, mediante il rimborso del 90% di quanto versato;

che l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo;

che F.G. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nonchè della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, oltre che della decisione della Commissione UE C 5549 del 14 agosto 2015, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare si rileva, da un lato, che la norma applicata dalla Commissione Tributaria Regionale si riferisce ai soli pagamenti da effettuare e non al pagamento effettuati, e inoltre, con riferimento alla decisione della Commissione UE, che il beneficio in questione non potrebbe mai essere applicato a chi svolge attività di impresa in quanto, altrimenti, tale beneficio fiscale configurerebbe un illegittimo aiuto di stato;

Che il ricorso è fondato. Va premesso che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, ha esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e già destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, di cui al D.L. n. 646 del 1994, art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, (conv. con L. n. 22 del 1995), le disposizioni sulla regolarizzazione automatica delle imposte previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore delle imprese colpite dal sisma del 1990 in Sicilia orientale, prevedendo che tali soggetti potessero regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997 versando il 10% dell’importo dovuto entro il 31.7.2004 (termine successivamente differito al 31.7.2007 dal D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, comma 1, conv. con L. n. 17 del 2007);

che la definizione automatica della posizione fiscale può avvenire, per chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10% del dovuto e, per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che, all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.); che nessun rilievo presentando, ai fini qui in discorso, la successiva norma di interpretazione autentica della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 12, trattandosi di disposizione soppressa dalla legge di conversione, mette conto invece dare atto della decisione n. 195/2016 che, in subiecta materia, ha adottato la Commissione Europea in data 14.8.2015 (notificata con il n. C (2015) 5549 e pubblicata in G.U.U.E. del 18.2.2016); con tale decisione, infatti, la Commissione ha ritenuto che le misure legislative che istituiscono i benefici in questione nel presente giudizio fossero state adottate in violazione del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, art. 108, paragrafo 3, (TFUE), e, di conseguenza, ha concluso che esse “costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno” (punto 133), aggiungendo, in punto di conseguenze (punti 134-136): a) che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese, oppure perchè il beneficio è in linea col regolamento c.d. de minimis applicabile, oppure perchè è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato od ad un regolamento di esenzione); b) che l’Italia è tenuta ad annullare tutti i pagamenti di aiuti in essere, con effetto alla data di adozione della decisione, e a partire dalla data della decisione nessuna delle norme in esame nel presente giudizio può essere usata come base di riferimento per la futura concessione o il futuro pagamento di aiuti; c) che, per quanto attiene agli aiuti individuali già versati prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno, ai sensi del TFUE, art. 107, paragrafo 2, lett. b), a condizione che possa essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, evitando i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa; inoltre, ogni compensazione relativa a tali danni, ottenuta da una qualsiasi fonte, deve essere dedotta ed è necessario escludere ogni tipo di cumulo tra gli aiuti previsti dal regime qui in esame ed eventuali aiuti previsti da altre misure per i medesimi costi;

che la Commissione, infine, ha esentato l’Italia dall’obbligo di recuperare gli aiuti relativi a regimi illegali concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre dieci anni prima della sua decisione, con l’unica eccezione degli aiuti fruiti da beneficiari non aventi, al momento della calamità, una sede operativa nell’area colpita;

che le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità Europee, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, ancorchè prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso (v. da ult. Cass. n. 15354 del 2014);

che nel caso di specie, recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens, che essendo posteriore alla proposizione del ricorso può e deve essere valutato, dal momento che la questione della spettanza o meno dei benefici (non importa in quale forma) è stata devoluta all’esame di legittimità;

che costituendo principio consolidato quello secondo cui, allorchè lo ius superveniens comporti la necessità di accertamenti in fatto incompatibili con il giudizio di legittimità, la decisione di merito deve essere cassata con rinvio (cfr. da ult. Cass. n. 5888 del 2005, sulla scorta di Cass. n. 5224 del 1998), s’impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata;

che deve per contro negarsi che la vicenda per cui è causa configuri un’ipotesi di “aiuti individuali già versati nel quadro delle misure in esame prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione” del 17.12.2002, di cui al punto 136 della decisione della Commissione;

che dovendo, pertanto, ritenersi che nella vicenda per cui è causa, controvertendosi di “pagamenti di aiuti in essere”, debba trovare piena applicazione lo ius superveniens di cui alla decisione della Commissione dianzi cit., restando viceversa irrilevanti le statuizioni della medesima decisione in punto di recupero di aiuti già concessi, mette conto piuttosto ribadire che la decisione della Commissione, pur ritenendo incompatibile sul piano generale il regime delle agevolazioni, ha lasciato ferma la legittimità dell’intervento legislativo allorquando l’aiuto individuale rientri nei limiti del regolamento c.d. de minimis applicabile (punto 115 della decisione), ovvero possa beneficiare della deroga prevista dal TFUE, art. 107, paragrafo 2, lett. b), (punto 132 della decisione);

che il giudice del rinvio dovrà, quindi, verificare la sussistenza del diritto di F.G. a fruire dei benefici di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni, accertando a tal fine, anzitutto, l’eventuale ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (la cui prova è a carico del soggetto che invoca il beneficio: arg. ex Cass. n. 6756 del 2012), tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale il TFUE, art. 92, n. 1, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (arg. ex Cass. n. 11228 del 2011);

che qualora la prova dei presupposti per l’applicabilità del regolamento de minimis non venga fornita, il giudice del rinvio dovrà verificare la compatibilità con il mercato interno del beneficio costituente aiuto di Stato, TFUE, ex art. 107, paragrafo 2, lett. b), e dunque, da un lato, se il contribuente abbia esercitato attivityà di impresa in senso comunitario, ivi compresa, quindi, attività di lavoro autonomo, dall’altro quale sia stato l’importo del danno diretto subito dal contribuente per effetto dell’alluvione, e inoltre, nell’ambito del danno così individuato, quale importo sia stato già compensato da altre fonti (assicurazioni o altre misure di aiuto: cfr. punto 148 della decisione della Commissione), dovendo, in particolare, tenersi conto anche dei benefici previsti dalla stessa normativa in materia di tributi e premi, giacchè l’aiuto oggetto dell’attuale controversia potrà essere riconosciuto nei limiti della compensazione del danno residuo;

che nell’accertare tali circostanze, inoltre, il giudice del rinvio dovrà attenersi all’ulteriore principio secondo cui, posto che l’invocazione dello ius superveniens e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.);

che la sentenza impugnata va conclusivamente cassata e la causa rinviata alla stessa Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso;

cassa sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020

 

 

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