Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16811 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 09/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 09/08/2016), n.16811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18131-2011 proposto da:

M.M. E PER ESSO L’EREDE M.F. rappresentato

e difeso da se medesimo ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA G CHIABRERA 115, presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

F.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FILIPPO MARCHETTI 25, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO VISCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO LIBERTINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 167/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato M.F. difensore di se medesimo che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LIBERTINI Pietro difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. M.M. propone ricorso per cassazione contro F.F., che resiste con controricorso, illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 18.1.2011 che ha rigettato l’appello con condanna alle spese in relazione alla sentenza del Tribunale di Latina che aveva revocato il d.i. per l’importo di Lire 8.634.000 con condanna alla restituzione di somma ingiustificatamente incamerata.

Dalla sentenza si ricava l’esistenza di un accordo transattivo del 2.1.1996 con quietanza a saldo di Lire 6.000.000 e che a seguito di un esposto del F. del 23.12.1998 era stato richiesto dal M. un parere all’Ordine degli avvocati seguito da d.i..

In mancanza di esplicita domanda giudiziale di annullamento della transazione l’esposto non era idoneo a provocarne la caducazione ed anche le somme ulteriori erano coperte dall’accordo transattivo.

Le frasi di cui si chiedeva la cancellazione, pur dotate di esasperata ed incongrua aggettivazione, inerivano all’oggetto della causa.

All’udienza dell’11.12.2015 la causa è stata rinviata a nuovo molo a seguito di istanza di rinvio per consentire la nomina di nuovo difensore stante il decesso dell’avvocato ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denunzia: 1) violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto che l’esposto riprodotto non comportasse impugnazione degli accordi. 2) violazione dell’art. 2961 c.c.; 3) violazione dell’art. 2909 c.c. perchè il F. ha prestato acquiescenza alla liquidazione del Consiglio dell’ordine; 4) violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. perchè la somma di Lire 3.000.000 versata con assegno circolare è relativa alle spese addebitate a F.M. e la compensazione della metà non è compatibile con il diritto alle prestazioni in favore di F.F. mentre la sentenza è illogica nel ritenere la inidoneità dell’esposto a mettere nel nulla l’accordo e nell’accogliere la riconvenzionale di restituzione di somme pagate da F.M.; 5) violazione degli artt. 2956 e 2957 c.c. per esser stato escluso l’intento diffamatorio dell’esposto; 6) violazione dell’art. 89 c.p.c. per essere stato eluso il divieto di usare espressioni sconvenienti ed offensive.

Premesso che l’avv. M.F. si è dichiarato erede del ricorrente ed è stato ammesso alla discussione, osserva la Corte:

Come dedotto, dalla sentenza si ricava l’esistenza di un accordo transattivo del 2.1.1996 con quietanza a saldo di Lire 6.000.000 e che a seguito di un esposto del F. del 23.12.1998 era stato richiesto dal M. un parere all’Ordine degli avvocati seguito da d.i..

In mancanza di esplicita domanda giudiziale di annullamento della transazione l’esposto non era idoneo a provocarne la caducazione ed anche le somme ulteriori erano coperte dall’accordo transattivo.

Le frasi di cui si chiedeva la cancellazione, pur dotate di esasperata ed incongrua aggettivazione, inerivano all’oggetto della causa.

Ciò premesso i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.

Va disattesa la denunzia di non corrispondenza tra chiesto e pronunziato posto che l’atto di opposizione era basato sulla avvenuta transazione, quale fatto estintivo della pretesa azionata col ricorso per decreto ingiuntivo.

La sentenza ha verificato l’esistenza dell’accordo transitivo sulla misura degli onorari ed ha correttamente ritenuto che sarebbe stata necessaria una domanda di annullamento della transazione non caducata dall’esposto al Consiglio dell’Ordine.

Il precedente di legittimità richiamato non si attaglia alla fattispecie.

Il terzo motivo è infondato in quanto il F. ha proposto opposizione al d.i. Quanto dedotto sulla ritenuta esistenza della transazione era preclusivo di ogni altro accertamento.

Deve escludersi che il parere dell’Ordine abbia efficacia vincolante.

La L. n. 794 del 1942, art. 26 prevede la possibilità di un accordo tra avvocato e cliente per una sorta di arbitraggio ma, in mancanza della comunicazione di tale accordo all’organo forense, il parere non ha efficacia vincolante (Cass. 6657/2005). Il quarto motivo non merita accoglimento in quanto si risolve nella inammissibile richiesta di rivalutazione del merito circa l’accertamento in fatto compiuto dai Giudici sulla restituzione dell’assegno di Lire 3.000.000, insindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, da cui la sentenza è immune.

Gli ultimi due motivi sono inammissibili.

In particolare, sul quinto motivo la questione della natura diffamatoria dell’esposto integra una questione nuova non trattata dalla sentenza che ha affrontato il problema del carattere offensivo ex art. 89 c.p.c. delle frasi menzionate nell’atto di opposizione nè il ricorrente indica che tale doglianza sia stata formulata con i motivi di appello. Sul sesto motivo va osservato che il rigetto dell’istanza di cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive contenute nella sentenza ha carattere ordinatorio e non incide sul merito della causa per cui non è suscettibile di ricorso per cassazione (Cass. 1018/2009).

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200 di cui Euro 3000 per compensi, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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