Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16810 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 16/07/2010), n.16810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Gelfipharma International s.r.l., con sede in (OMISSIS), in persona

del

presidente del consiglio si amministrazione Ign. P.G.,

rappresentata e difesa per procura in calce al ricorso dall’Avvocato

TEDESCO Gennaro, elettivamente domiciliato presso l’Avvocato Giorgio

Ricciardi in Roma, Viale Tiziano n. 80;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 111/42/07 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 12 novembre 2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11 maggio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del dott. Raffaele

Ceniccola.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio:

letto il ricorso proposto dalla Gelfipharma International s.r.l. per la cassazione della sentenza n. 111/42/07 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 12 novembre 2007, che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento emessa a fini Irpeg ed Irap per l’anno 2000 ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis;

letto il controricorso dell’Agenzia delle Entrate;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., dal Consigliere delegato Dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso osservando che:

– “il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, censura la sentenza impugnata per avere posto a base della propria statuizione eccezioni nuove, in quanto formulate dall’Ufficio finanziano solo con l’atto di appello”;

– “il motivo è inammissibile, tenuto conto che si conclude con il seguente quesito: Se il Giudice di Appello deve dichiarare inammissibile le eccezioni nuove formulare in violazione del divieto previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, comma 2, pur in difetto di una istanza in tal senso della parte interessata”;

– “in particolare, il motivo è inammissibile perchè il quesito è manifestamente generico, atteso che in esso manca qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta dedotta in giudizio ed alle specifiche affermazioni della sentenza impugnata”;

– “in merito al tema dei requisiti di contenuto del quesito che il ricorrente ha l’onere di formulare ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – applicabile nella fattispecie essendo stata la sentenza impugnata depositata dopo il 2 marzo 2006 (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) – questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il quesito di diritto consiste non già in un’affermazione di diritto astratta ed avulsa dal caso concreto, ma deve consistere in un interrogativo che deve necessariamente contenere, sia pure sintetizzandola, l’indicazione della questione di diritto controversa e la formulazione del diverso principio di diritto – rispetto a quello che è alla base del provvedimento impugnato – di cui il ricorrente, in relazione al caso concreto, chiede l’applicazione al fine di ottenere la pronuncia di cassazione, in modo da circoscrivere l’oggetto di quest’ultima nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito stesso (Cass. S.U. n. 23732 del 2007; Cass. S.U. n. 20360 e n. 36 del 2007; Cass. n. 14682 del 2007)”;

– il secondo motivo di ricorso denunzia “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia” – “anche questo motivo è inammissibile in quanto formulato in modo non conforme alla prescrizione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 2, la quale, secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 20603 dell’1.10.2007 (poi ulteriormente confermato da numerose pronunce delle Sezioni semplici, tra le quali si segnalano le ordinanze n. 8897 del 2008 e n. 4309 del 2008), impone al ricorrente che denunzi il difetto di motivazione della decisione impugnata l’onere non solo di dedurre in modo specifico la relativa censura, ma anche di formulare, al termine di essa, un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua inammissibilità”;

rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata a Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti costituite e che la ricorrente ha depositato memoria;

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte in ordine agli adempimenti richiesti, a pena di inammissibilità, dalla disposizione di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. (ex multis: Cass. n. 8463 del 2009;

Cass. n. 7197 del 2009; Cass. S.U. n. 16528 del 2008);

che, in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, come liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

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