Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16810 del 07/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2017, (ud. 15/06/2017, dep.07/07/2017),  n. 16810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21944-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.F., L.L., L.I., L.P.,

elettivamente domiciliate in ROMA LARGO SOMALIA 67, presso lo studio

dell’avvocato RITA GRADARA, che le rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARIO DE BELLIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 141/2009 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 15/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2017 dal Consigliere Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. M.F., in qualità di erede testamentaria di L.R., L.P., L.L. e L.I., nella qualità di figlie legittimarie pretermesse del predetto L.R. impugnavano, per quanto qui interessa, gli avvisi di accertamento per Irpef ed Ilor relativamente agli anni 1995 e 1996 con cui era stato rideterminato il reddito dichiarato da L.R. nella qualità di socio amministratore e legale rappresentate della società S.I.P.A. S.r.l.. La commissione tributaria provinciale di Mantova accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, sul rilievo che la società S.I.P.A. S.r.l. era pervenuta all’accertamento con adesione relativamente agli anni di imposta di cui si tratta per il che gli utili attribuibili al contribuente andavano determinati sulla base di quanto risultava dall’accertamento con adesione. Ciò considerando che la Guardia di Finanza non aveva dimostrato che quanto risultato dagli accertamenti bancari a carico di L.R. fosse strettamente connesso e dipendente all’attività alberghiera della S.I.P.A. S.r.l.. Inoltre il fatto che il ricorrente non avesse prodotto nei termini concessi dalla Guardia di Finanza la documentazione necessaria per dimostrare la regolare contabilità della società non costituiva presunzione semplice per ritenere ingiustificati i versamenti accreditati sui conti correnti bancari.

2. Avverso la sentenza del CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a quattro motivi in relazione a ciascuno dei quali è stato formulato idoneo quesito di diritto. Resistono con controricorso i contribuenti.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene che la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di appello afferente la circostanza che le disposizioni relative agli accertamenti fondati sulle indagini bancarie accordano all’amministrazione finanziaria una presunzione legale relativa circa la determinazione dell’imponibile ricostruito sulla base dei dati ed elementi desunti dai conti correnti anche se intestati a soci della società a ristretta base sociale.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1963, art. 32, comma 1, n. 2. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che i movimenti bancari rilevati sui conti correnti intestati al contribuente avrebbero potuto essere imputati quali ricavi non dichiarati dell’attività di impresa e, dunque, essere posti a base dell’accertamento solo qualora l’amministrazione avesse fornito la prova specifica della correlazione di tali ricavi con l’attività alberghiera svolta dalla società. Invero si sarebbe dovuto affermare l’opposto principio secondo cui l’art. 32 citato pone una presunzione legale relativa circa la determinazione dell’imponibile ricostruito sulla base dei dati ed elementi desunti dai conti correnti, con la conseguenza che è legittimo per l’amministrazione finanziaria presumere, salva la prova contraria, l’imputazione dei movimenti operanti sui conti correnti bancari a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività d’impresa.

5. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 61 e 36, comma 2, n. 4. Sostiene che i giudici d’appello si sono limitati ad affermare di condividere la decisione di primo grado, secondo cui occorreva fare riferimento ai redditi determinati in sede di accertamento con adesione tra fisco e società, senza illustrare le ragioni di tale condivisione.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 2 e seguenti, ed al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2. Sostiene che hanno errato i giudici di appello nel ridurre quantitativamente la ripresa riferita al contribuente facendo riferimento alle risultanze dell’accertamento con adesione conclusosi tra il fisco e la società di cui il contribuente era socio ed amministratore unico. Invero l’accertamento con adesione è strumento che non ha finalità accertativa della effettiva consistenza del debito tributario bensì tipicamente transattiva e deflattiva del contenzioso sicchè la pretesa tributaria fondata sulle indagini bancarie effettuate sui conti correnti del contribuente non poteva essere quantitativamente ridotta sulla base delle diverse risultanze dell’atto di adesione sottoscritto con la società.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che i motivi di ricorso, in quanto involgenti la medesima questione giuridica, debbono essere trattati congiuntamente. Essi sono fondati. Mette conto considerare che la procedura dell’accertamento con adesione è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 218 del 1997, in attuazione dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 120, poi ulteriormente illustrato con le circolari ministeriali 8 agosto 1997, n. 235/E e 14 gennaio 1998, n. 8/E, e consiste nella definizione di un nuovo atto pattuito tra ufficio e contribuente a seguito di un contraddittorio tra le parti nell’ambito del quale vi è una componente discrezionale dispositiva, cosiddetta discrezionalità tecnico – giuridica, che non attiene però agli interessi economico sostanziali coinvolti nel prelievo ma all’efficiente gestione della controversia. Con specifico riferimento alle società di capitali a ristretta base azionaria, pur non sussistendo, a differenza delle società di persone, una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, l’appartenenza della società ad una stretta cerchia familiare può fornire, sul piano meramente indiziario, la prova dell’avvenuta distribuzione. Ma è escluso, in considerazione della finalità propria dell’accertamento con adesione, che è quella di pervenire alla definizione della lite nella logica deflattiva a mezzo dell’abbuono di parte delle sanzioni dovute dal contribuente, che l’istanza di adesione formulata dalla società estenda la propria efficacia ai soci che non abbiano proposto, a loro volta, analoga istanza. Ciò in quanto l’accertamento definito con adesione, che non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio, riguarda la sola società ed il maggior reddito accertato in capo ad essa non si presume distribuito ai soci, incombendo sull’ufficio l’onere della prova in ordine alla distribuzione di esso.

Ne consegue che l’avviso di accertamento notificato al socio di società di capitali mantiene la propria autonomia e gli elementi addotti dalla società in sede di accertamento con adesione possono essere considerati, nella fase contenziosa instauratasi tra l’amministrazione ed il socio, solo quali elementi di prova da valutare unitamente alle prove offerte dal contribuente, dovendosi considerare che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (cfr. Cass. n. 15857 del 29/07/2016).

2. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2017

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