Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16809 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 09/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 09/08/2016), n.16809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5630-2012 proposto da:

M.E., MNZMNL78E47L113P, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

GATTAMELATA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CARLO LEONE GIACOMO MERANI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO NOVARA NORD, in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’ACQUINO 116,

presso lo studio dell’avvocato ZANELLO ANDREA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUIGI RODINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 623/2011 del TRIBUNALE di NOVARA, depositata

il 25/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato FLORIDI Alberto Maria, con delega depositata

GATTAMELATA Stefano, difensore della ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso; udito l’Avvocato ZANELLO Andrea,

difensore del resistente che ha chiesto l’accoglimento degli scritti

depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.E. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 437/2008 per un importo di E. 1.703,57 emesso dal Giudice di Pace di Novara su richiesta del Condominio Novara Nord in relazione ad oneri condominiali. A sostegno dell’opposizione dedusse che il debito, relativo alla gestione 1.9.2000-31.8.2001, era già stato estinto dal precedente proprietario dell’appartamento sig. Ma. come da accordo transattivo del 19.12.2001.

2. Il Giudice di Pace accolse la tesi dell’opponente e con sentenza 1019/2009 revocò il decreto opposto, ma il Tribunale di Novara ritenne fondato l’appello del Condominio e, ribaltando l’esito del giudizio di primo grado, con sentenza depositata il 25.7.2011, rigettò l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo opposto osservando:

– che la quietanza liberatoria del 19.12.2001 era qualificabile come transazione o rinunzia per le gestioni pregresse nei confronti del precedente proprietario Ma.;

– che la missiva del 24.1.2002 conteneva un onere anche per il periodo in cui l’immobile era stato trasferito alla signora M., sebbene contenesse anche un debito del Ma.;

– che il riparto condominiale a cui si riferiva la pretesa era stato regolarmente approvato con delibere assembleari mai impugnate dall’appellata.

3. La M. ricorre per cassazione con tre motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c. a cui resiste il Condominio Novara Nord con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo (se l’importo ingiunto si riferisca o meno alla gestione 1.9.2000-31-8-2001); ad avviso della ricorrente, il giudice di appello ha omesso di evidenziare che il precedente debito del sig. Ma. si riferiva, in base all’inequivoca e testuale precisazione della comunicazione 24.1.2002, alla gestione 2000/2001; inoltre, ha tralasciato di considerare che l’importo di detto debito, espressamente quantificato in Euro 1.678,21 (Lire 2.365.475, pari ad Euro 1.221.67 + Lire 920.000, pari a Euro 475,14) è quello che è sempre stato indicato nel rendiconto condominiale e per il pagamento del quale il Condominio ha chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo. Ancora, sempre ad avviso della ricorrente, il Tribunale sarebbe pervenuto ad una conclusione illogica e contraddittoria laddove ha affermato dapprima che la comunicazione si riferisse al precedente debito del Ma. per la precedente gestione e dall’altro ha affermato che detta comunicazione non contenga elementi tali da far ritenere che l’importo ingiunto si riferisca a tale debito pregresso (e quindi estinto perchè coperto dalla transazione). Secondo la ricorrente, non si vede come si possa affermare che un documento espressamente si riferisca alla gestione precedente e cioè a quella 2000-2001 e, al contempo, mettere in dubbio che lo stesso riguardi la gestione medesima.

Il motivo è infondato.

Le norme in tema di interpretazione dei contratti di cui all’art. 1362 c.c. e segg., in ragione del rinvio ad esse operato dall’art. 1324 c.c., si applicano anche ai negozi unilaterali, nei limiti della compatibilità con la particolare natura e struttura di tali negozi, sicchè, mentre non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti ma solo all’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, resta fermo il criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto (tra le varie, v. Sez. 1, Sentenza n. 9127 del 06/05/2015 Rv. 635358; Sez. L, Sentenza n. 25608 del 14/11/2013 Rv. 628788).

Nel caso in esame, il ricorso omette di denunziare la violazione dell’art. 1362 c.c. e ss e quindi non muove nessuna specifica censura all’attività di interpretazione della comunicazione del 24.1.2002 svolta dal giudice di merito secondo cui, detta comunicazione conteneva anche un riferimento alla gestione annuale 1.9.2002-31.8.2002 e quindi riguardava anche un onere per l’unità immobiliare dell’appellata pari a Lire 2.810.544 (pari a Euro 1.452,52) “riferibili al periodo in cui l’immobile era stato trasferito alla signora M.” (v. pagg. 4 e 5 sentenza impugnata).

La critica si appunta invece solo sulla motivazione, ma neppure coglie nel segno perchè, lungi dal segnalare gravi fratture sotto il profilo logico argomentativo della sentenza, propone in sostanza una alternativa lettura delle risultanze processuali (e precisamente della comunicazione 24.1.2002, che neppure trascrive integralmente, limitandosi a riportare singoli brani). Una tale attività è però rigorosamente preclusa nel giudizio di legittimità: ed infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, anche a sezioni unite – ed oggi ribadito – la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 17477 del 09/08/2007 Rv. 598953; Sez. U, Sentenza n. 13045 del 27/12/1997 Rv. 511208; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014 Rv. 629382).

2-3. Con un secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. ed in particolare dei criteri di ripartizione fissati da detta norma essendo state poste a carico della M. spese riguardanti la gestione 2000-2001, epoca in cui essa non aveva ancora acquistato l’immobile dal precedente proprietario Ma..

Con un terzo ed ultimo motivo si deduce infine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1135 e 1137 c.c..

Riferendosi alle delibere assembleari aventi ad oggetto l’approvazione del riparto delle spese di cui si discute (spese relative al periodo in cui l’appartamento apparteneva ad altro soggetto), ritiene la ricorrente che doveva dichiararsi anche di ufficio, incidenter tantum, la nullità delle stesse per avere approvato dei rendiconti in deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese.

Queste due censure – che ben possono esaminarsi congiuntamente – sono infondate perchè partono da una premessa errata, l’erroneo riparto delle spese di gestione, frutto a sua volta di una personale interpretazione sia dell’atto unilaterale del 24.1.2002 sia della precedente dichiarazione rilasciata dall’amministratore il 19.12.2001 che, sempre secondo l’apprezzamento del giudice di merito, è stata ritenuta “una transazione” o “negozio di rinunzia” con effetto limitato però alla sola posizione del precedente condomino Ma., come confermato dal contenuto delle successive missive inoltrate dall’amministratrice, e delle successive delibere assembleari.

Le esposte considerazioni comportano inevitabilmente il rigetto del ricorso con addebito di spese alla ricorrente in base al principio della soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.600,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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