Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16809 del 07/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 07/08/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 07/08/2020), n.16809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3460/14 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

EUROMAC COSTRUZIONI MECCANICHE S.R.L., in persona del legale

rappresentante, rappresentata e difesa, in forza di delega in calce

alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, dagli avv.ti

Simonetta Rossi, Francesco Caroleo e Maria Assunta Laviensi, con

domicilio eletto presso lo studio degli avv.ti Francesco Caroleo e

Maria Assunta Laviensi in Roma, via Pompeo Magno, n. 10/b;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del

Piemonte n. 83/12/13 depositata in data 20 giugno 2013.

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La società Euromac Costruzioni Meccaniche s.r.l. presentava per l’anno d’imposta 2000 dichiarazione dei redditi considerando non deducibili dalla base imponibile IRAP i costi sostenuti per il ripristino dei danni subiti in conseguenza dell’alluvione verificatasi nel medesimo anno;

successivamente, ritenendo detti costi deducibili dalla base imponibile IRAP, presentava in data 29 luglio 2005 dichiarazione integrativa modello Unico 2001, nella quale indicava il credito risultante dai versamenti eseguiti in eccesso, chiedendone il rimborso.

L’Agenzia delle Entrate non dava riscontro alla istanza e, in risposta alla richiesta del garante, al quale la contribuente si era rivolta, affermava che la società non aveva diritto al rimborso poichè nel frattempo aveva compensato il credito Irap.

In data 14 settembre 2009 la Euromac Costruzioni Meccaniche s.r.l. presentava formale richiesta di rimborso e, a seguito di diniego espresso dall’Agenzia delle Entrate, lo impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, la quale accoglieva il ricorso, ordinando all’Amministrazione finanziaria di procedere al rimborso di Euro 43.791,00, oltre interessi.

Interposto appello dall’Ufficio, che lamentava che i giudici di primo grado avessero ritenuto validamente presentata la dichiarazione integrativa favorevole alla contribuente nel termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, e quindi oltre il termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, la Commissione regionale del Piemonte confermava la sentenza impugnata.

In particolare, rilevava che la formulazione vigente del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, era entrata in vigore il 1 gennaio 2002 con riguardo alle dichiarazioni il cui termine di presentazione sarebbe caduto in data successiva, per cui in relazione al Modello Unico 2001, il cui termine era spirato prima del 1 gennaio 2002, restava applicabile il maggior termine previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, ossia il termine di 48 mesi, per la presentazione della dichiarazione integrativa contenente la richiesta di rimborso di imposte versate in eccesso.

Quanto, inoltre, alla contestazione sollevata dall’Ufficio secondo cui il credito richiesto a rimborso era inesistente perchè già compensato, affermava che la società aveva dimostrato, mediante documentazione prodotta nel giudizio di primo grado, che il credito relativo all’anno 2000 chiesto a rimborso non era mai stato utilizzato in compensazione e che le compensazioni cui si riferiva l’Agenzia delle Entrate riguardavano crediti diversi maturati in anni successivi.

Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l’Agenzia delle Entrate con un unico motivo.

La contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo l’Agenzia delle Entrate deduce che la sentenza gravata appare viziata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Sostiene che ai sensi del novellato art. 2, comma 8, la correzione degli errori e l’integrazione delle omissioni nelle dichiarazioni dei redditi possono effettuarsi mediante la presentazione di una successiva dichiarazione e che, con la disposizione recata dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, è previsto che il contribuente possa integrare a suo favore le dichiarazioni dei redditi per correggere errori che abbiano determinato un maggior reddito o comunque un maggior debito o un minor credito; l’integrazione deve essere effettuata mediante una successiva dichiarazione da produrre entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d’imposta successivo.

Nel precisare che la circolare 25 gennaio 2002, n. 6, evidenzia che le nuove disposizioni riguardanti la dichiarazione integrativa, per effetto di quanto stabilito dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 19, sono applicabili alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2002, ovvero a quelle presentate prima, per le quali, alla data del 1 gennaio 2002, non sia decorso il termine di novanta giorni di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, pone in rilievo che, nel caso di specie, la contribuente avrebbe dovuto presentare la dichiarazione per l’anno d’imposta 2000 entro il 29 gennaio 2002, ossia non oltre i 90 gg. dalla scadenza del termine di presentazione del 31 ottobre 2002, e pertanto la dichiarazione avrebbe potuto essere integrata solo a norma del novellato art. 2, comma 8-bis, entro i termini di presentazione del Modello Unico 2002 (31 ottobre 2002).

Ad avviso della ricorrente, pertanto, la dichiarazione integrativa per l’anno d’imposta 2000 presentata dalla contribuente in data 29 luglio 2005 è priva di ogni validità, perchè intervenuta dopo la scadenza del termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, ed è parimenti tardiva l’istanza di rimborso presentata dalla società in data 14 settembre 2009, ossia dopo il decorso del termine di 48 mesi dal versamento, essendo stato il saldo del 2000 versato in cinque rate nel corso dell’anno 2001.

2. Il motivo è fondato.

Secondo il consolidato e condivisibile orientamento di questa Corte, enunciato dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 30 giugno 2016, n. 13378) e ribadito anche di recente (Cass. 16 luglio 2019, n. 19002; Cass. 15 marzo 2019, n. 7389; Cass. 11 maggio 2018, n. 11507; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27583), “La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8-bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”.

Le Sezioni Unite hanno chiarito che “… Il diverso campo applicativo delle norme in materia di accertamento (D.P.R. n. 600 del 1973, D.P.R. n. 322 del 1998), rispetto a quelle relative alla riscossione (D.P.R. n. 602 del 1973), comporta la necessaria distinzione tra la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8-bis, ed il diritto al rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38”, considerato che l’introduzione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, non è stata accompagnata da alcuna modifica dello specifico regime dei rimborsi e che la stessa lettera della norma non è per nulla incompatibile con l’autonomia del suddetto regime; hanno, quindi, precisato che “Il comma 8-bis, ultimo periodo, nell’affermare che “l’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11″, evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l’esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto (….). Ne consegue che ove il contribuente opti per la presentazione dell’istanza di rimborso di cui all’art. 38 cit., verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo (in cui l’istanza di parte costituisce l’atto di impulso della fase iniziale) del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato – formale e in rettifica – originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale”.

3. Dall’applicazione dei suddetti principi deriva che l’emenda contenuta nella dichiarazione integrativa che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso ex art. 38 cit., da proporre nel termine di 48 mesi dal versamento, nel caso di inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, dall’altra, attengono a piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti, e non alternative, che l’ordinamento offre al contribuente, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso).

Ciò comporta che qualora la dichiarazione integrativa non sia stata validamente presentata entro il termine previsto dal cit., art. 2, comma 8-bis, eventuali errori in danno del contribuente devono essere emendati mediante la presentazione di una autonoma richiesta di rimborso entro il termine previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, decorrente dalla data del versamento.

4. Nel caso concreto, è pacifico che la contribuente, al fine di correggere gli errori contenuti nella dichiarazione presentata per l’anno d’imposta 2000 (modello Unico 2001), ha presentato in data 29 luglio 2005 dichiarazione integrativa, con la quale ha esposto la diversa liquidazione d’imposta indicando un importo a credito, pari ad Euro 43.791,00, risultante per effetto dei versamenti effettuati in eccesso; successivamente, in data 14 settembre 2009, a fronte del silenzio dell’Amministrazione finanziaria, ha avanzato formale istanza di rimborso in relazione al medesimo credito IRAP relativo all’anno d’imposta 2000 emergente dal Modello Unico 2001.

5. La Commissione regionale, discostandosi dai principi sopra richiamati, è incorsa nei denunciati vizi laddove non ha rilevato che la dichiarazione integrativa a favore della contribuente è stata presentata oltre il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, come novellato dal D.P.R. n. 435 del 2001, applicabile alla fattispecie in esame in forza del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 435 del 2001, art. 19, e del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, e che è parimenti intempestiva l’istanza di rimborso ex art. 38 cit., considerato che il termine di 48 mesi, decorrente dal versamento del saldo IRAP avvenuto nel corso dell’anno 2001, alla data del 14 settembre 2009 era ampiamente decorso.

6. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le spese dei gradi del giudizio di merito, avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere integralmente compensate, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono i criteri della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese relative ai gradi del giudizio di merito e condanna la controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020

 

 

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