Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16804 del 09/08/2016

Cassazione civile sez. II, 09/08/2016, (ud. 27/05/2016, dep. 09/08/2016), n.16804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.C., rappresentato e difeso da se stesso, ed

elettivamente domiciliato in Roma alla via Boezio n. 92 presso lo

studio dell’avv. Maria Gualtieri.

– ricorrente –

contro

Prefettura La Spezia – Ufficio Territoriale del Governo, in persona

del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

ope legis dall’Avvocatura dello Stato presso la quale domicilia in

Roma alla via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di La Spezia n. 335/2011,

depositata il 24 marzo 2011;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 27

maggio dal Consigliere relatore Dott. MAURO CRISCUOLO;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO ROSARIO GIOVANNI, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza con

condanna per responsabilità processuale aggravata.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di La Spezia con la sentenza impugnata, dopo avere disatteso l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’Avvocatura dello Stato sul presupposto che per il giudizio di appello dovesse operare la regola del foro erariale, nel decidere l’impugnazione proposta dall’odierno ricorrente nei confronti della sentenza del Giudice di Pace di La Spezia n. 606/2010, con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dal D. avverso il verbale, con il quale gli era stata contestata la violazione di cui all’art. 172 C.d.S. è pervenuta al rigetto del gravame.

In particolare, atteso che la contestazione concerneva il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, osservava che il verbale di accertamento faceva piena prova fino a querela di falso della circostanza fattuale, riferita dai verbalizzanti, circa il mancato uso delle cinture da parte del trasgressore, sicchè non essendo stata proposta la detta querela, non era possibile provare a mezzo testi che quanto riportato in verbale non corrispondeva a verità.

Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione il D., articolato su un motivo.

Resiste la Prefettura di La Spezia con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed unico motivo proposto il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 172 C.d.S., commi 1 e 10 in relazione al mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del ricorrente.

Deduce che l’efficacia probatoria privilegiata del verbale di contestazione concerne solo quei fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti alla sua presenza o da lui compiuti.

Poichè nel caso in esame il verbale era stato redatto in condizioni di dubbia certezza circa la presunta infrazione del mancato uso delle cinture, era erronea la pretesa di invocare la previsione di cui all’art. 2700 c.c..

Infatti l’episodio era avvenuto su di un tratto di strada molto stretto e curvilineo, nel quale risultava difficoltoso percepire quanto avveniva nell’abitacolo del veicolo, occorrendo invece sottolineare che il ricorrente aveva in realtà provveduto a sganciare le cinture solo a seguito dell’arresto dell’autovettura, senza che quindi gli accertatori avessero effettivamente riscontrato ciò che era avvenuto in precedenza.

Il ricorso, in disparte evidenti profili di difetto del requisito dell’autosufficienza, non avendo parte ricorrente riportato il contenuto del verbale contestato, e soprattutto della parte concernente l’accertamento del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, è evidentemente privo di fondamento.

Valga a tal fine il richiamo a quanto autorevolmente statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte, che nel fornire risposta al quesito circa la valenza probatoria fidefaciente del verbale di accertamento delle infrazioni al codice della strada con specifico riferimento al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, hanno ritenuto che il verbale sul punto sia contestabile solo mediante la proposizione della querela di falso.

Infatti Cass S.U. n. 17355/2009 ha precisato che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti.

(Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto assistita da fede privilegiata l’indicazione nel verbale del mancato uso della cintura di sicurezza da parte del trasgressore, in quanto oggetto diretto della constatazione visiva del pubblico ufficiale accertatore).

Ritiene il Collegio di dover dare continuità a tale principio, che ha peraltro ricevuto seguito anche in ulteriori arresti di questa Corte, con i quali, e proprio con specifico riferimento al mancato uso delle cinture di sicurezza, si è ribadita la necessità di dover contestare quanto oggetto di accertamento esclusivamente con la proposizione della querela di falso (Cass. n. 13624/2014; Cass. n. 14556/2010, ed ancor prima dell’intervento delle S.U., Cass. n. 25842/2008. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue altresì la condanna del ricorrente al rimborso delle spese di lite, come da dispositivo che segue.

Non sussistono tuttavia i presupposti per l’esercizio del potere ufficioso – sollecitato al Collegio dal Procuratore Generale in sede di discussione orale – di condanna del ricorrente al pagamento di una somma per responsabilità aggravata.

Si rammenta, al riguardo, che, ai fini della responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., il ricorso per cassazione può considerarsi temerario solo allorquando, oltre ad essere erroneo in diritto, appalesi consapevolezza della non spettanza della prestazione richiesta o evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali (tra le tante v. Cass 26-6-2007 n. 14789; Cass. 14-102005 n. 19976; Cass. Cass. 10-8-2002 n. 12149).

Nella specie, il proposto ricorso, ancorchè infondato, non è tale da evidenziare la consapevolezza della sua infondatezza da parte del ricorrente, ovvero un elevato grado di colpevolezza in capo al medesimo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controparte delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 800,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Seconda Civile, il 27 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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